UNO SCRITTO LIBERO
Domani è mercoledì.
Adesso è tardi. Ma ho promesso a Letizia che avrebbe avuto uno scritto, uno scritto libero, senza argomenti precisi.
Allora provo a pensare. Non so se a Ortona, a questo giro di valzer di preti che cambiano, all’amore a modo mio, all’amore comunque, al tempo che passa…
Ortona mi ispira, certo. Ma in modo insolito.
Mi piace vuota. Quando piove e la puoi girare tutta senza incontrare nessuno.
O incontrare qualcuno come te, che la vuole così, la sogna così. Allora sembra più grande, o più piccola, secondo le pulsazioni del cuore in quel momento, ma non importa. Comunque diventa tua, come ti serve, come qualcosa che cerchi o che vuoi guardare con gli occhi fissi, senza smettere.
Ti fa stare con te stesso. Ti allontana dalla tua vita, quella difficile.
Mi piace d’estate, quando non ci capisci nulla tra tutta quella gente che saluti. E ti perdi, per le strade e nella piazza, il tuo presente e il tuo futuro. Li smarrisci nelle parole e negli abbracci. Ti senti leggera perché non ti appartieni più. Sei degli altri e gli altri sono te.
Mi piace quel suo pudore antico. Il suo unico suonatore di violino, non ama che la musica, ma se gli chiedi di suonare per te… arrossisce, torna a casa.
Amo quelle braccia di fatica, così forti, così segnate, che mi hanno lodata, accarezzata, amata, come un germoglio, un innesto di mele dolci. Già mi struggo a pensare che dovrà finire. Le vorrei strette, strette sempre a me.
Mi piacciono i suoi colori smaglianti, i verdi dappertutto confusi e stagliati.
E la sua aria in fiore, così pulita e sferzante. E’ una carezza.
Mi piace la sua gente – quasi tutta la gente –.Quella che si ubriaca, per stare più vicina, quella che ti biasima, ma con affetto, quella che non riconosci subito, perché il tempo le cose le cambia, quella che se n’è andata.
Mi piace la neve d’inverno, che addormenta le case. E la luce. Su tutto.
Se mi chiedi adesso – dimmi, cosa non ti piace? – io penso a tutte le volte che sono andata via, a tutti i posti che ho dovuto conoscere, a tutto il vuoto che ho dovuto riempire e al passato e al futuro e a quello che dovrà venire e a quello che già mi manca e… allora… tutti i dolori e gli ostacoli e le facce cupe e quello che non c’è e quello che non è stato e le mura cadenti e il prete che se n’è andato – mio indimenticato costruttore di certezze, di città metropolitane, di americhe ancora non scoperte e sempre sognate – e le battaglie che non ho vinto, e i pregiudizi che non ho superato… tutto questo si confonde e si scioglie dall’alto di questo volo che non voglio finire…
Renata Castrucci |