Nel numero di luglio/agosto del mensile "Orologi - Le Misure del Tempo" è apparso un lungo articolo a firma di Nicola de' Toma e Alberto Uglietti sulla controversia del cosiddetto "restauro", dal titolo "Il restauro dei veleni". La dichiarata imparzialità del pezzo è in realtà smentita da molte affermazioni, battute e insinuazioni ivi contenute. La risposta che segue è stata inviata alla Redazione di "Orologi", nella speranza che almeno ci si usi la correttezza di pubblicarla.
Spett.le Redazione
"Orologi", Egr. Sigg. Nicola de' Toma e Alberto
Uglietti Venezia, 25 luglio 2001
In merito all'articolo pubblicato nel numero di luglio/agosto del
Vostro mensile riguardante la controversia del "restauro"
dell'Orologio della Torre di Venezia, si desidera comunicare
alcune importanti precisazioni su certe dichiarazioni
attribuitemi che gradirei mi fosse concesso di veder pubblicate.
Se, infatti, noto con piacere che nel complesso quanto da me
dichiarato è stato riportato fedelmente, su alcuni punti dev'essersi
generato un qualche equivoco, forse a motivo di quell'"eloquio"
che gli autori dell'articolo si sono permessi disinvoltamente di
giudicare sulla scorta di un colloquio informale al tavolino di
un bar.
1) Il reale motivo per cui avviai la polemica contro il "restauro"
(mi ripugna ancora usare questo termine) soltanto nell'agosto del
2000, è che attesi la pubblicazione del mio libro sull'Orologio,
per fondare sulla base di un prodotto scientifico e di una
documentazione precisa quanto avrei affermato. Del resto, i
documenti emersi nel corso delle ricerche archivistiche
confermarono e rafforzarono le mie posizioni. E questo è un
fatto di STILE, Signori: non sono infatti abituato a pronunciarmi
su una data questione senza averla esaminata a fondo, per sentito
dire o sulla base di impressioni soggettive del momento,
contrariamente a chi invece esprime giudizi personali gratuiti
anche di dubbio gusto. Sono certo di aver dichiarato tale motivo
nel corso dell'intervista e ritengo necessario farlo presente.
Quanto al fatto che la mia presa di posizione sarebbe derivata
dal venir meno di alcune mie aspettative, tale piega degli eventi
mi fu chiara ben prima, e in modo inequivocabile dai primi mesi
del 1999, a riprova che non fu questa se non una remota (nel
tempo) concausa del pronunciamento contro il restauro. Così, a
dispetto di quanto la corrotta temperie contemporanea spinge a
pensare e, talora, a dire, la polemica non è sorta da
motivazioni personali, ma in ordine alla conservazione e al
rispetto di un bene unico al mondo. Lo stesso vale per gli
Zamberlan. È molto triste constatare, anche dalle vostre pagine,
la mentalità per cui oggi si ritiene comunemente che nessuno
faccia o muova più nulla senza un qualche interesse e non è più
creduto lo spendersi, anche appassionatamente, su un qualsiasi
oggetto, causa o ideale di sorta, senza secondi fini o moventi.
2) Quelle di Romanelli non furono "velate promesse", ma
chiare e ripetute rassicurazioni. Esse non riguardarono la casa,
sulla quale il medesimo si espresse negativamente e senza
resistenze da parte nostra sin dalla primavera del '97 (si
era pronunciato positivamente l'assessore alla cultura, non
Romanelli). Esse non riguardarono neppure il fatto di "procurarmi
UN impiego": mi chiedo come si possa incorrere in
banalizzazioni di questo genere! Si trattava del mantenimento
dell'incarico di manutenzione dell'Orologio, per il quale ho
sempre manifestato tutta la flessibilità anche in ordine all'evidente
mutare delle condizioni, come il venir meno della locazione, e
alla prospettata riduzione di carico di lavoro. Non intendevo,
poi, dire che Romanelli avrebbe "sottovalutato il mio
attaccamento allOrologio", anzi è il contrario:
ritengo assai probabile che lo abbia sopravvalutato, forse
abbagliato da certo giornalismo "romanzato" di quel
periodo, per cui dovette credere che saremmo stati disposti a
scendere a qualsiasi compromesso e tacere - anche quello di
lasciar devastare lOrologio, anche di lasciarci calpestare
sin nella dignità - pur di non tagliare il presunto "cordone
ombelicale" con la Torre; se sottovalutò qualcosa, fu
piuttosto la mia libertà dallOrologio e la capacità di
reazione. E per dignità alludo a questo: provate, voi, a sapere per
caso da una giornalista, comunicato stampa alla mano, di
dover abbandonare lalloggio abitato per ottantadue anni, e
solo mesi dopo dal Direttore dei Musei; provate, ancora, a
occuparvi di un oggetto professionalmente per anni e venire di
colpo ignorati senza una parola chiarificatrice. L'affermazione
di Romanelli sul fatto che mi sarei "defilato autonomamente"
suscita la mia indignazione, ma non trova certo qui il luogo per
rispondere.
3) Alle insinuazioni di de' Toma che ipotizza una carenza di
competenza tecnica e di pratica rispondo che da anni esercito
professionalmente su pendoleria antica e di qualità ed ho
condotto restauri su meccaniche di pregio di note istituzioni
nazionali.
La dichiarata neutralità dell'articolo è in palese
contraddizione con il suo contenuto, che inclina chiaramente il
lettore alla parzialità. Non conta nulla, infatti, riportare
fedelmente quanto raccolto nelle interviste, se poi il tutto
viene condito con battutine, insinuazioni, impressioni, giudizi
personali, se, guarda caso, Peratoner e Zamberlan ne vengono
palesemente sviliti professionalmente e dipinti come persone
senza voce in capitolo, se, guarda caso, tutto quello che in loro
è mediocre, è "discreto", è un "abbastanza"
e un "piuttosto", diventa meraviglioso e mozzafiato in
Romanelli, al quale sono riservate parole ed espressioni persino
stomachevoli per il contesto ed il tenore generale dellarticolo,
ed è "esauriente" in Brusa. Penoso e patetico, poi, il
tentativo, contro ogni evidenza e realtà, di sminuire il
prestigio del British Horological Institute, evidentemente
mirato a ridurre la portata di quanto apparso sul Journal.
È un altro caso se manca qualsiasi allusione ai due fatti più
gravi, come alla trapanazione e troncamento di alcune parti
antiche dell'Orologio e l'assenza di un progetto tecnico che
meriti tale nome? L'ultima battuta, poi, sugli italiani "criticoni"
di tutto e di tutti, svela lorientamento effettivo dell'articolo;
se ne deduce peraltro che di regola bisognerebbe lasciar fare
qualsiasi cosa, anche a capriccio di uno solo, sul patrimonio
artistico nazionale, senza mai levare la voce.
Non conosco le ragioni di una tale piega impressa al vostro
"pezzo", né le azzardo: non faccio fantascienza come
Brusa, che alambicca le ragioni degli altri in modo anche
offensivo pur senza conoscerle. Beninteso, non che de' Toma non
potesse prendere posizione anche contro di noi, anche aspramente
e a profusione, volendo, ma far passare per equilibrato e
imparziale un articolo come questo, no. Gli "avversari"
dichiarati e che si muovono con franchezza meritano il più
grande rispetto, ma la lealtà, forse, non abita più il nostro
tempo.
Con cordialità
Alberto Peratoner