Alberto Peratoner

Replica alle reazioni di Giuseppe Brusa alle nostre osservazioni critiche
sul cosiddetto ‘restauro’ dell’Orologio

 

La disinvoltura con la quale Giuseppe Brusa ha affrontato le nostre valutazioni critiche sul restauro dell’Orologio da lui diretto ci è motivo di grande perplessità. Stupisce innanzitutto che Brusa ritenga di poter definire "esauriente confutazione" il minestrone di arrabattate e disorganiche osservazioni raccolte in un "pezzo" da qualche mese pubblicato sul sito della Direzione Musei Civici Veneziani . Può darsi che Brusa, dopo la storia dell’orologeria, si stia dedicando alla sperimentazione linguistica cimentandosi in interessanti esperimenti di inversione dei significati delle parole, tuttavia noi preferiamo attenerci ai significati comuni e universalmente accettati, stando ai quali la sua risposta non può definirsi certo una "confutazione", né tantomeno "esauriente".

a) Brusa tenta di dirottare sin dall’inizio l’attenzione del lettore sul carattere personale di quello che chiama un "attacco", e lui, che tra cenni, mezze parole e allusioni e un continuo dire e non dire, insiste sul nostro investimento personale nella questione, ha poi il coraggio di attribuire a noi sentimenti di malanimo, anzi "un risentimento personale così particolarmente malevolo che non meriterebbe risposta, …".

E’ una "confutazione" questa? O piuttosto un tentativo (e neppure abile) di dirottare l’attenzione su altre cose, meglio, di inquinare a priori il giudizio dei lettori con affermazioni e insinuazioni sin troppo prevedibili quali "dobbiamo far presente che il Peratoner era ed è tuttora legato a fatti e vicende personali e pregiudizievoli alla valutazione obiettiva di un restauro …". Come se l’oggettività dei fatti e dei documenti fosse in qualche modo dipendente o deformabile da fattori soggettivi e personali. Prova ne è il fatto che personalità di rilievo internazionale e studiosi del tutto alieni da alcun coinvolgimento personale si siano espressi in modo per certi versi ancor più negativo e indignato del nostro. Abbia il coraggio di dichiararli apertamente questi motivi personali di presunto risentimento: nutriamo la convinzione che li conosca molto, ma molto meglio di noi stessi!

b) Brusa non affronta (e non potrebbe fare altrimenti) i numerosi punti in cui, testi e citazioni delle sue pubblicazioni alla mano, dimostriamo in modo netto e inequivocabile la superficialità e inadeguatezza delle sue cognizioni a riguardo dell’Orologio della Torre: anche nei suoi scritti più recenti egli è incorso in errori grossolani e indegni di uno storico di vaglia quale lui stesso è ritenuto e ritiene di essere.

c) Quanto all’oggetto vero e proprio della controversia, non c’è nessun punto delle pretese confutazioni di Brusa che non rappresenti un regresso rispetto alle osservazioni critiche da noi mosse. Forse Brusa non ha ancora capito i veri termini della questione, forse non sa come si gestiscono in sede storica le informazioni e i documenti archistivici, forse non riesce a coglierne la reale portata. Si attacca invece ad un particolare, di per sé muto, quale l’esistenza dei quattro fori da lui decantati come un argomento risolutivo. Ma questo è soltanto un elemento materiale, che solo una volta interpretato (da Brusa) diviene un "argomento". Peccato che in netto contrasto con tale "argomento", che ha tutta la debolezza e la fragilità di un’interpretazione, vi siano documenti, testimonianze e persino un disegno d’archivio, con tutta la relativa forza probante: una semplice interpretazione non può reggere contro una prova, e non occorre essere fini studiosi di logica formale per rendersene conto. Brusa si arrabatta come può per demolire il carattere di prova di quanto da noi apportato, ma è costretto a distorcere la natura dei documenti d’archivio, in contraddizione persino con quanto in essi è scritto, a immaginare un errore di stampa nel libro dell’Erizzo proprio sull’unico dato che lo infastidisce (ma guarda caso), a fantasticare da quale lato il disegno del famigerato braccio orizzontale sarebbe stato ritratto dal disegnatore, senza accorgersi che solo l’esistenza di quel braccio basta, da sola, a demolire la sua ricostruzione. A questo punto la difesa di Brusa diviene disordinata, raffazzonata, artificiosa e per di più gravata da una faticosa retorica che richiama l’atmosfera più di un polveroso negozio di rigattiere che quella di un razionale laboratorio di orologeria.

L’arretramento di cui parliamo consiste, in definitiva, nel fatto che Brusa si ritira al di là delle argomentazioni da noi sviluppate, per cui la migliore risposta alla sua "confutazione" resta ancora indiscutibilmente la nostra "Relazione sulle scorrettezze del restauro" che egli pretendeva di confutare a così buon mercato.

d) Brusa aggira completamente la questione del carattere assolutamente non conservativo del restauro, come nell’ultima replica non tocca neppure una delle puntuali osservazioni dei fratelli Zamberlan sull’esecuzione materiale dell’intervento pubblicato sull’Horlogical Journal. Naturalmente si guarda bene dall’affrontare il grave problema degli interventi lesivi (trapanazioni, troncamenti) di alcune antiche e pregiate componenti dell’Orologio.

Dunque, sono "esaurienti" le pretese confutazioni di Brusa? Sono esse "confutazioni"?

Nell’ultima replica, Brusa tenta di far credere che "i fratelli Zamberlan alleggeriscono l’attacco originale dell’ex-custode e non contestano i punti della confutazione mia e di Alberto Gorla apparsi su Internet più di quattro mesi fa. I nostri argomenti sfatano realisticamente la chimerica congettura elaborata dal nostro principale antagonista".

Mi dispiace disilludere il Sig. Brusa, che forse non ha letto attentamente gli articoli dell’Horological Journal, o forse spera che non lo leggano attentamente le persone che lo degnano di ascolto, ma gli Zamberlan non alleggeriscono nulla, semmai hanno rafforzato e confermato le nostre posizioni, e se non contestano i punti della "confutazione", è perché li ritengono del tutto irrilevanti, tant’è che nel loro articolo si legge che tutto ciò che Brusa sarebbe stato capace di produrre è "una fiacca replica (a weak reply) ad Alberto Peratoner". Così, i suoi "argomenti" non "sfatano" nulla, e "la chimerica congettura" è semmai quella di Brusa, in quanto è puramente congetturale ciò che si regge su semplici interpretazioni retrospettive, non è congetturale invece la proposta della CONSERVAZIONE di un bene storico di provata antichità come un movimento di 140 anni e che per 140 anni ha funzionato, e pure bene, a dispetto di tutte le insinuazioni di Brusa sulla sua efficienza e sulla professionalità dei responsabili che lo curarono in quest’arco di tempo.

Rimane il fatto, incontestabile, che a Brusa e Gorla si è concesso di compiere qualcosa che in Italia non sarebbe stato consentito a nessuno, e su oggetti di ben minore entità e valore storico-artistico.

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