Un tipo introverso

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 26/04/03. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

 

Nella relazione con gli altri privilegia i contenuti. E non sa fingere un'intimità che non sente. Ma in compagnia passa per musone. Perché l'era della comunicazione non -stop privilegia gli estroversi.

«Da quasi due anni ho un legame che mi appaga e rende felice. Periodicamente, però, mi accade di litigare con la mia compagna. Il motivo è sempre lo stesso: secondo lei, quando usciamo con gli amici o abbiamo ospiti, risulto spesso poco socievole, non "di compagnia". In effetti se si parla di qualcosa che non mi interessa o, ancora peggio, ci si perde in pettegolezzi, mi limito ad ascoltare senza partecipare. Spesso anche per stanchezza. In realtà non sono affatto un tipo "musone", né particolarmente timido o taciturno: quando non ho niente da dire, non riesco a partecipare alla conversazione. La mia compagna, invece, è molto ospitale ed espansiva: si fa letteralmente in quattro per far trascorrere agli amici serate interessanti. E io l'apprezzo proprio per questo».

Francesco, Milano

 

Caro amico, il vostro problema trae probabilmente origine dalla diversa "tipologia" psicologica che vi caratterizza. Che d'altra parte è probabilmente anche una delle ragioni per cui state così bene insieme: vi amate e comprendete perché siete diversi, e dunque complementari. Insomma, lei, per come si descrive sembra quello che lo psicologo svizzero Carl Gustav Jung chiamava un classico "tipo introverso". Per chi appartiene a questa categoria la relazione con le persone passa attraverso i contenuti scambiati, che devono essere assimilati, "digeriti". Se non c'è un vero messaggio che passa da un all'altro, la relazione rimane solo formale e lei, che come molti introversi è anche sincero, non riesce a fingere un'intimità che non sente. La sua compagna invece sembra un perfetto "tipo estroverso": quello che le interessa è innanzitutto avere contatti con le persone. Questo la appaga e quindi vi si dedica con passione. Per l'estroverso l'incontro e il dialogo è infatti molto più importante di ciò che poi viene effettivamente comunicato. Mentre l'introverso non arde dall'ansia né di "incontrare" altre persone, né di dimostrare loro qualcosa: tutto per lui dipende dal contenuto "profondo" del rapporto, che ne è anche la vera giustificazione. Infatti, l'introverso vive di solito una socialità più ristretta, con solidi legami, mentre l'estroverso ha una molteplicità di rapporti nei quali investe spesso in modo più superficiale. A questa diversa tipologia si aggiunge, nel vostro caso, una connotazione "di genere". Il maschio verbalizza meno (una volta si diceva che era meno "chiaccherone") e, se non ha particolari nevrosi "performative", sta bene anche rimanendo tranquillamente in ascolto degli altri. Per la donna, invece, dedicarsi alla socialità rientra in quella capacità di "accoglienza" che è un tratto dell'archetipo del femminile. Oggi però, nella società delle comunicazioni non-stop, l'introverso non vive giorni felicissimi. Il suo silenzio attento è spesso scambiato per supponenza o musoneria. In realtà, sono i diversi strumenti che fanno l'orchestra. Fossimo tutti estroversi sarebbe un bel guaio, come del resto accade nelle serate o nelle occasioni in cui tutti, in omaggio all'estroversione coatta del nostro tempo, fingono appunto di esserlo. La migliore strategia di coppia è riconoscere la grande ricchezza delle rispettive diversità. Una coppia capace di giocare nei due campi - dell'introversione e dell'estroversione, della conversazione brillante e del silenzio attento - può assicurare a se stessa, ma anche agli amici, una piacevole ed equilibrata comunicazione col mondo.     

Claudio Risé

   

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