Tradimento e perdono 

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 5/11/05. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Ho 40 anni, una famiglia e un matrimonio perfetto. Almeno fino a tre anni fa, quando ho scoperto una tresca fra mio marito, e una cameriera albanese. Lui disse che era stato solo un episodio, e chiuse tutto subito, con sincera - credo - vergogna. Io però non  riesco a staccarmi da quel brutto episodio, e da quel dolore. A volte lo odio, sono fredda, scortese, ho crisi di rabbia. Non mi  fido più di  lui, che credevo perfetto. Tengo duro per i bambini,  non voglio distruggere la famiglia. Ma il mio cuore è spezzato". Lettere firmata

Cara amica, suo marito le ha chiesto scusa, lei non si fida ma in effetti non crede che abbia altre relazioni. Lui è, mi scrive, un padre irreprensibile e, con lei, un amante tenero ed affettuoso. Lei percepisce che la sua ostilità prolungata e incontrollabile crea disagio a tutti, e non sa  da dove venga. Vediamo allora di capire meglio di cosa è fatta questa rabbia. Il suo timore, spiega  nella lettera, è che l’amore per suo marito sia finito con quel tradimento. Certamente l’immagine di perfezione che suo marito rivestiva è finita, ora si tratta di vedere se lei lo ama nella sua realtà umana, fatta anche di questo episodio “debole”. Insomma lei è di fronte a quell’aspetto centrale della relazione che é quello del dono all’altro, nella forma del per/dono, quella difficile prova sulla quale si basa, in realtà, ogni relazione. Perché, in effetti, l’altro, passata l’idealizzazione dei primi tempi, non è mai come noi lo vorremmo, e questa diversità, tra la persona ideale che noi chiediamo, e quella reale, va, appunto “perdonata”. Su questo grande e difficile dono, che è il perdono della diversità dell’altro, si fonda la nostra capacità di stare in relazione. Un’altra operazione indispensabile per capire la situazione di cui lei si sente prigioniera, è però riconoscere in essa la presenza di quel formidabile antagonista dell’amore che è il gusto, inconscio, per il potere. L’errore dell’altro, nella relazione sentimentale, e nel matrimonio, ci mette in una posizione di grande potere nei suoi confronti. Possiamo giudicarlo, esigere scuse, rinnovate prove d’amore, privarlo del nostro sorriso e della nostra benevolenza, insultarlo in una improvvisa “crisi di rabbia”. Insomma la caduta dell’(ormai) ex dio ci consente di tirar fuori tutto quel repertorio sadico (al centro del sadismo c’è appunto il gusto del potere, che si sostituisce a quello dell’amore), che era rimasto compresso durante la fase di idealizzazione dell’altro. Ma che tuttavia era già, comunque, dentro di noi: dalla psiche non esce nulla che già non vi si trovi. Quella che viene percepita come la difficoltà a lasciarsi dietro le spalle il dolore del tradimento è dunque molto spesso, per uomini e donne, la  fatica ad uscire dalla posizione di potere pressoché incondizionato nella quale la mancanza compiuta dall’altro, e il suo persistente senso di colpa, ci ha messi. Una posizione che tende a logorare il rapporto d’amore, proprio perché il potere è per certi versi il suo contrario, fondato com’é su criteri giuridici (giusto-ingiusto) piuttosto che affettivi (cosa ci rende felici?).

Claudio Risé

   

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