Sorelle e cerette

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 11/10/03. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

Conquistare un'identità maschile in una famiglia dominata da sole donne non è semplice. L'importante è che ci sia un padre. E che eserciti il suo ruolo.

«Ho 40anni. Sono cresciuto tra una madre assente, distratta, e uno stuolo di sorelle. Che mi hanno separato da mio padre, frequentatore di bar, e “perditempo”. La famiglia erano le donne. Nessuno che mi abbia mandato a comperare due chiodi; solo cerette per i peli, filo da cucire, ecc. In circa 15 anni ciò ha fatto di me una persona con una sensibilità femminile in un corpo e una mente maschile. Ho reagito, studiando fino all'eccellenza, e tenendo a bada l'omosessualità. Ho trovato così la compagna e amante che adoro, che ho sposato e che mi ha dato un figlio. Dopo 15 anni, però, siamo al dunque. Il figlio rifiuta quando io e di mia moglie 'dosiamo' (per salvaguardare la sua identità) la frequentazione delle mie sorelle, le sue zie. Dopo pochi, ipercontrollati soggiorni con loro, parla di schampi e abbronzanti, di costumi e di lenzuola, di pentole e detersivi; sa perfettamente che crema usare in caso di irritazioni e screpolature. Rifiuta invece gli sport agonistici e gruppi maschili a vario titolo. Mi rivedo in lui, temo che anch’egli debba affrontare la sofferenza dell’omosessualità, mi dispero, e mi sento un padre fallito»

ABC, Milano

Caro amico, lei si rivede nel figlio, immaginando che lo stuolo di sorelle-zie possa fare con lui lo stesso disastro che ha fatto con lei. E il fatto che il figlio non si lasci proteggere la fa sentire un "padre fallito". Ma queste suoi interpretazioni mi sembrano, almeno in parte, infondate. E la sua "disperazione " è forse più il risultato di sue pulsioni autodistruttive tenute a bada per molto tempo, ma non veramente trasformate, che un sentimento corrispondente allo stato dei fatti. Innanzitutto non è corretto, anche se comprensibile, che lei "proietti" sul figlio la sua stessa esperienza, immaginando per lui le stesse angosce, e fatiche, che la vita le ha riservato. La vostra storia è profondamente diversa, e questo proprio per merito suo, caro ABC. Mentre suo padre infatti si è lasciato in effetti emarginare da moglie e figlie, e non si é affatto occupato di lei, lei ha reagito all'attacco annientante di quel mondo femminile familiare con notevole forza ed energia. Ha studiato "con rabbia, fino all'eccellenza": tipica, vitale reazione di qualcuno che reagisce positivamente a un tentativo di annientamento della propria identità, in questo caso quella di genere. Poi ha trovato una donna che ama, e ha costruito una famiglia, occupandosi attivamente (anche se con un probabile eccesso di ansia) del figlio. Tutto ciò costituisce la prima, grande differenza tra voi: suo figlio ha avuto una presenza paterna , mentre lei no. Non è una differenza da poco. Angelo Scola, nel recentissimo: Uomo-donna. Il "caso serio" dell'amore (Ed. Marietti 1820, Genova, 2002), osserva che l'oscuramento della figura paterna significa per il figlio la perdita della consapevolezza della propria origine, l'intaccamento della percezione della realtà e lo spegnimento del desiderio che la realtà medesima suscita. La sua lunga lettera racconta come tutto questo le sia puntualmente accaduto, e le difficoltà che ne sono derivate. La storia di suo figlio, però, è un'altra. La sua presenza paterna, caro amico, le ha consentito di proporre, affettivamente, una visione della vita, all'interno della quale il figlio, man mano che diverrà capace di giudizio, potrà scegliere. Ha assicurato al figlio, insomma quella libertà, di cui lei non ha potuto disporre, perché non aveva un padre che, proponendogli la propria visione del mondo, gliela consentisse. Di questa libertà il figlio dispone, per ora, opponendosi alle sue richieste di "contenimento" delle sorelle-zie e non disdegnando l'interesse per la cosmetica. Che però, probabilmente, per lui è meno pericolosa di quanto fosse per lei, proprio perché lui il padre ce l'ha. E queste donne da cui lei ancora sente la sua vita minacciata non sono le sue  sorelle onnipotenti, ma , più o meno vecchie, zie.

Claudio Risé

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