Sogni a occhi aperti
Dalla
rubrica info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 8/3/2003.
E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS
Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it
«Ho 25 anni e la mia vita fino ad ora non è stata facile. Una malattia di cui porto ancora i segni mi ha colpito a 14 anni, e ho dovuto reggere, ancora ragazzo, gravi problemi famigliari. La domanda che le voglio porre è molto semplice: sognare fa male? Io sono sempre stato un gran sognatore ad occhi aperti: quando la realtà diventa troppo dura accendo lo stereo e mi tuffo in un mondo parallelo, dove tutto quanto assume i meravigliosi contorni di quello che vorrei o avrei voluto essere, realizzare o possedere. Sono perfettamente cosciente di sfuggire così la realtà, ma quando non trovo altre vie d'uscita questo è il mio unico sollievo. La mia preoccupazione è che tale comportamento sia o diventi patologico e mi provochi disturbi psicosomatici o stati depressivi. Senza contare che ora che ho terminato gli studi dovrò confrontarmi con un mondo del lavoro che mi riserverà ancora più problemi».
Roberto
Caro amico, sognare fa benissimo. Infelice chi,
ad esempio per troppo precoce consumo televisivo, non ha potuto sviluppare
questa facoltà, e quindi sostituisce i sogni personali con Grandi Fratelli preconfezionati in TV, o con video giochi disperatamente
ossessivi. Tuttavia bisogna vedere quando, e perché si sogna, in che occasione
si apre la porta che ci fa entrare nel mondo del sogni ad occhi aperti. A volte
l’addentrarsi nel sogno ha un carattere, quasi, di illuminazione: non siamo
noi ad aprire la porta, ma é lei che si spalanca improvvisamente, e ci fa
entrare in un mondo dove troviamo qualcosa che ci interessa profondamente. In
questo caso il sogno ad occhi aperti diventa lo strumento di un’intuizione
psicologica che già premeva dagli strati profondi del Sé, e che irrompe
improvvisamente. Molte importanti scoperte scientifiche sono nate in questo
modo. Lei però dice di sognare per fuggire la realtà: tutti a volte lo
facciamo, ma va limitato a piccole
dosi. Se contenuto, il sogno d’evasione consente un rilassamento psicologico,
che ci consente di ritornare alla durezza quotidiana
con un umore migliore. Se però, come ad una droga, vi si ricorre ogni volta a
che dovremmo affrontare la durezza della realtà, il sogno ad occhi aperti ci
impedisce di utilizzare sia l’autentica energia del sogno, che quella della
realtà. La forza psicologica del sogno é quella di
impratichirci con il mondo “altro”, con nuove visuali, con
pensieri e visioni che non
hanno diritto di cittadinanza nel mondo limitato della ragione utilitaria, che
quindi tende ad avvizzire su sé stesso. Tutte le grandi questioni della
coscienza umana, quelle più cariche di energia, da quella dell’amore, a
quella della vita e della morte, diventano visibili alla nostra psiche nelle
nostre traversate nel mondo dei sogni. Questo mondo “altro” é però
strettamente correlato con la nostra realtà quotidiana, potremmo dire, usando
il linguaggio dei computer, che ne é l’interfaccia metafisico. Non é insomma
un irreale fumetto divagatorio, fabbricato nel laboratorio delle nostre pigrizie
e delle nostre paure. E’ invece ciò che a livello profondo spiega e dà senso
alla nostra realtà, e che quindi ci consente di affrontarla con più forza,
intelligenza e determinazione. Gli stati di coscienza sperimentati nella
preghiera, nella meditazione, in molte pratiche e discipline tese a rafforzare
la concentrazione della mente, e la liberazione dalle emozioni superficiali,
sono per molto versi simili, negli scopi e negli effetti, al sogno ad occhi
aperti, non divagatorio. Da essi l’individuo esce, appunto rafforzato e più
adeguato ad affrontare la realtà. La quale, a quel punto, non viene più vista
come un’insopportabile seccatura, ma come una prova preziosa per il nostro
guerriero interiore, temprato anche dalla sua traversata nei sogni, in cui ha
trovato nuove forze e energie per
affrontare la realtà. Non si sogna insomma per fuggire dalla realtà, ma per
rientrarvi meglio attrezzati, e con più determinazione. Ci provi.
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