Simpatie guerriere          

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 15/12/07. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Ho 4 figli, tre femmine e l'ultimo è un maschio di 7 anni, sveglio. Finora ha sempre fatto più giochi femminili, con le sorelle. Ora mi sono accorto con preoccupazione che si eccita guardando, in televisione o sui libri, immagini maschili. Per esempio ne "Il signore degli anelli" in DVD, è attirato dalle figure dei guerrieri. Richiesto del perché guardasse le figure maschili mi ha risposto che gli piaceva la loro forza. Come aiutarlo?"

Papà in ansia

Caro amico, è importante, e necessario, che a sette anni un ragazzino cresciuto con tre sorelle scopra con interesse la figura maschile. La maschilità, infatti, non è abbinata automaticamente al sesso maschile. Perché si sviluppi, il bambino deve realizzare un “processo di identificazione” col maschile, che per solito inizia, appunto, con una grande curiosità per gli uomini, accompagnata, se va bene, da interesse ed ammirazione. Se invece il bambino non trova nulla di bello nell’uomo (o peggio viene disgustato da alcune sue caratteristiche), non sarà motivato a sviluppare la propria maschilità, e dovrà affrontare un faticoso conflitto tra il suo corpo maschile, ed il suo rifiuto per  l’appartenenza al mondo degli uomini. Per diventare uomini insomma, occorre (come per ogni altra condizione della vita) desiderarlo. Ed il grande motore del desiderio è, anche in questo caso, riconoscere in ciò che si desidera una bellezza, una pienezza cui si  vuole partecipare. L’allontanamento dai giochi con le bambole delle sorelle, e la scoperta emozionata del corpo maschile (e l’emozione nei bambini e fin dopo l’adolescenza si manifesta con l’eccitazione), è dunque   indispensabile. La sua mancanza dovrebbe, invece, destare preoccupazione. Vien da chiedersi, allora, come mai lei sia così preoccupato dell’interesse di suo figlio per i suoi “fratelli” maschi. Anche perché, in quanto padre, lei è il primo rappresentante di quel mondo maschile cui suo figlio appartiene, e nel quale, anche con la sua ammirata scoperta della forza virile, sta cercando di entrare. A lei tocca dunque agevolare questa identificazione, non di renderla qualcosa di morboso, e di ostacolarla. Nella sua lettera lei mi scrive: “combatto una battaglia silenziosa, facendo sparire tutto il materiale che possa avere figure maschili (DVD, figurine, etc.), capisco però che questa mia battaglia ha le gambe corte perché prima o poi sarà libero di muoversi come crede”. Ma perché, caro amico, lei ha così paura che a suo figlio piacciano i forti guerrieri de “Il signore degli anelli”? Chiunque direbbe che si tratta di omofobia: lei teme che dietro quest’ammirazione si prepari un orientamento omosessuale. La sua lettera mostra però bene come dietro l’omofobia, ci sia sempre una più o meno inconscia androfobia, e cioè avversione per il mondo degli uomini, e le sue caratteristiche, tra cui la forza. Non è dal mondo della madre, delle sorelle e delle bambole che si entra nel mondo maschile. Ma da quello di un padre che ama gli uomini, e ti aiuta a diventarlo.

Claudio Risé

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