Sete di avventure

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 27/11/04. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Sono un dirigente di 40 anni, sposato, con una figlia di 4 anni, che amo. Non fumo, non bevo, sono sportivo, una vita sana e piacevole. Con mia moglie il  rapporto é ancora passionale e  sereno. Il problema sono le altre. In passato qualche flirt, per lo più  platonico. Da un paio d'anni a questa parte, però, la mia audacia, ma soprattutto quella delle signore, che frequento, è aumentata. Così, in poco tempo  ho collezionato una serie di avventure imbarazzanti, con coniugate, o ragazze  fidanzate. So che rischio di rovinare una vita serena e  felice. E mi chiedo cosa succeda a  mia moglie, professionista e con numerose occasioni di  incontri. Cosa spinge una bella trentenne in procinto di sposarsi a corteggiarmi,  ad avere un'avventura duratura e  molto coinvolgente  con me? E cosa spinge me a accettare?"

Luca, Padova

Caro amico, dietro al quadro che lei descrive stanno molteplici fatti. Da una parte va ricordato che la mancanza di fedeltà nei legami affettivi è  elevata, ormai da decenni. Un bimbo su 8, secondo i dati ufficiali, non è figlio del proprio padre naturale, e le diverse statistiche sulle "infedeltà", coniugali, o nel fidanzamento, hanno tutte numeri piuttosto alti. Ciò confermerebbe la domanda che lei si pone nel resto della  sua lettera: "sono io che mi sono svegliato tutto d'un colpo"? D'altra parte però, anche dai dati dell'osservazione analitica, il fenomeno è probabilmente in crescita. Soprattutto tra i suoi coetanei, sposati o no (come hanno narrato diversi film, del filone spesso identificato con Muccino). E' in quella fascia d'età  infatti, attorno ai quarant'anni, che (anche se tutto sembra ancora molto giovanile, e ci si autodefinisce - a volte-ragazzi), si entra nella seconda metà della vita. Una fase che, soprattutto secondo la psicologia junghiana, porta significativi mutamenti psicologici. Il principale è quello di porre alla coscienza, con forza, il problema del "senso" dell'esistenza come scopo della stessa vita. A spingere in avanti il soggetto nella prima metà della vita sono infatti una  serie di acquisizioni affettive, oppure materiali: successo professionale, costruzione della famiglia, acquisto della casa.  Nella seconda metà della vita invece, dai livelli più profondi, si pone alla psiche il problema del significato di ciò che si fa, del  senso profondo dell'esistenza. Anche perché comincia ad essere oscuramente percepito il  punto d'arrivo finale del percorso, la morte, che invece rimane lontano e nascosto durante la giovinezza, nella quale la vita continua la sua fase ascendente. Di fronte all' interrogativo del senso, del significato, la psiche si comporta in due modi. A volte lo accetta, e allora mette questa  questione   al centro del resto della vita, sia che ad esso venga data una risposta laica (es.: impegno a favore degli altri, affermazione di valori umanamente significativi), sia che venga espressa con una fede religiosa. Spesso però la coscienza  non accetta di impegnarsi sulla questione del senso della vita, e allora la psiche complessiva (conscia e inconscia, col corpo come "attore" di entrambe) può dare diverse risposte. La depressione è una delle più note. Ma un'altra è una condotta sessuale a sfondo blandamente maniacale, nella quale la molteplicità di relazioni e di conferme sul piano narcisistico cercano di riempire il vuoto, che nasce dall'aver evitato di porre alla coscienza la domanda di senso. Che è poi sempre quella che il giovane Parsifal  deve porre al re malato, Amfortas: "Dimmi, cosa ti strugge"?  

         Claudio Risé

   

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