Il Sé e gli altri         

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 22/09/07. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Ho 55 anni, e ho fatto ciò che lei ha consigliato il 31 agosto rispondendo  al lettore di successo, ma che non vede una ragione per continuare la sua dorata corvée. Non ho mancato di introspezione, ho seguito i miei gusti, le mie inclinazioni, anche a me è andata bene. Tanto che, come per lui, ho molte cose, molte persone attorno. Amore però ne sento poco, da me per gli altri, e dagli altri per me. Tutto d’oro, ma tutto freddo. E anch’io sono stufo".

Un lettore

Caro amico, badare a sé stesso, alle proprie personali inclinazioni, non negare i propri bisogni, non vuol dire ignorare gli altri, come lei ammette di avere fatto. Ciò che non ha funzionato, anzi, nella sua storia come quella del lettore che l’ha colpito, è proprio questa unilateralità, questo concentrarsi o tutto su di sé, come lei, o tutto sugli altri e sul sociale, come  l’altro lettore. Certo che il dono che facciamo  di noi al mondo  a dare senso e pienezza alla nostra vita, che senza questa offerta si desertifica, qualsiasi successo riesca ad avere. Ma per dare noi stessi  dobbiamo esserci, conoscerci, rispettarci. Non possiamo solo offrire le nostre capacità tecniche professionali come lei, e neppure il nostro affetto indiscriminato e, per certi versi, impersonale, come l’altro. Ognuno di noi è portatore di un Sé (così lo chiama Carl Gustav Jung, James Hillmann, per differenziarsene, lo chiama, “la ghianda”), qualcosa di misterioso e potentissimo che ha a che fare con la sua storia e con il suo destino, e che lo costituisce come persona, unica e irripetibile, preziosissima. Il sé, pur essendo assolutamente personale, si gioca, si rafforza, e realizza nel rapporto, affettivo oltre che cognitivo,  con gli altri. Ed è quanto lei non ha fatto, rimanendo fedele a un sé per così dire disidratato dai liquidi vitali degli affetti e delle passioni umane, limitandosi a coltivare le sue passioni intellettuali. Certo, è difficile, tenere vive entrambe queste direzioni di ricerca e di espressione, quella verso il dentro, introspettiva, e quella verso il fuori, per gli altri. Eppure nella nostra tradizione, questo è illustrato con precisione dalla vicenda di Gesù, che spende sé stesso per gli altri, ma poi sul più bello manda via tutti e sale sul monte, da solo. Anche allora la cosa sconcertava, non solo la folla, ma anche i discepoli più stretti. Ognuno di noi vorrebbe che tutto fosse più semplice, e ci consentisse la nostra inclinazione preferita: o perderci negli altri, o farci rigorosamente gli affari propri. Invece, si tratta di due movimenti psicologici, e affettivi, di cui abbiamo assolutamente bisogno, anche se sembrano andare in senso opposto. La relazione con gli altri ci assicura la linfa vitale per far crescere i nostri talenti e le nostre inclinazioni nell’umano, e non solo in una dimensione intellettuale o tecnica,. Ma noi siamo il nostro Sé, e non possiamo scavalcarlo, non ascoltarlo. Tutto ciò, tuttavia, si scopre davvero proprio nella seconda metà della vita. Quindi dove lei, e l’altro lettore, siete ora. In tempo per tutto. 

Claudio Risé

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