Re dell'indecisione        

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera".

"Ho 42 anni, da tre convivo, piacevolmente, ma senza troppa convinzione, con una fidanzata, anche lei soddisfatta, ma non convintissima. Tutto funziona piuttosto bene, ma, d’altra parte, sicuramente, non c’è passione, né “segni particolari” (tranne forse il buonsenso), che consiglino di dare una forma più definita al nostro rapporto.  D’altra parte, ogni volta  che una vecchia amica si fa viva, m’invita, io subito mi faccio dei film su una possibile avventura, o storia. Sempre senza troppa convinzione. Infatti, poi, quando l’incontro avviene, non succede niente, perché non c’era niente. Insomma: non so da che parte andare. Ma sarebbe ora che lo sapessi". Gianni, Mestre

Caro amico, nella sua lettera lei mi racconta come abbia passato questi tre anni con la donna con  cui vive. Notevole armonia, condivisione di interessi, buona intesa sessuale. Persino quella cosa difficilissima, in una coppia, che è l’accordo sui  tempi del silenzio, e quelli della parola. Poi naturalmente ci sono anche le divergenze: i riti d’ordine, o disordine, personali, che non possono naturalmente essere identici; il desiderio, che non fulmina entrambi nello stesso istante; il sonno, che vi coglie in momenti spesso diversi. Insomma tutte le cose che discendono dal fatto che una coppia è costituita da due persone irriducibilmente definite e diverse, è non è un uovo bifronte. E’ curioso che tutti questi elementi d’armonia, e di benessere, non vi abbiano già convinto della preziosità del vostro rapporto, e dell’opportunità di onorarlo in modo più esplicito, con un rito d’unione. Curioso, ma tuttavia frequentissimo nella vostra generazione, quella dei quaranta/cinquantenni, dove il desiderio e la spinta alla famiglia, del tutto naturale in una persona adulta, è spesso contrastato da quell’altro, più adolescenziale, del “tenersi liberi”. Una libertà che appare più uno spazio per le proprie fantasie di seduzione e gratificazione narcisistica, che un reale “spazio di azione”, per altre iniziative relazionali e sentimentali. Come mi racconta nella sua lettera infatti, queste “amanti” per le quali si mantiene disponibile, non vengono poi, nella realtà, mai “colte”, e neppure seriamente “coltivate”. Il fatto, caro amico, è che lei  soffre di una sorta di “ sindrome di trattenimento”, purtroppo assi frequente nel nostro tempo, in cui la preoccupazione principale sembra sia quella di darsi troppo, di spendersi troppo generosamente. Nella realtà, come lei può vedere  osservando "dall'esterno" la sua situazione, è proprio questo non impegnarsi, per timore di investire e perdere troppe energie nella relazione, che blocca poi tutta la produzione libidica (intesa come energetica ) del soggetto. Per certi versi, è quella stessa avarizia che le fa mantenere in stand-by una relazione felice, seppur nei modi tipicamente non passionali delle relazioni adulte, ad impedirle poi di fare davvero respirare e crescere le relazioni amichevoli. Il fatto è che l’energia di cui noi possiamo disporre nei nostri rapporti si moltiplica più viene spesa, e si contrae e diminuisce, invece,  più viene risparmiata. Il cuore cresce più viene utilizzato, come del resto tutti gli organi del nostro corpo-psiche.   E’ quindi molto probabile che più lei si impegnerà nella coppia che sta  vivendo, senza lesinarle ossigeno e riconoscimento, e più anche la sua vita amicale potrà crescere e svilupparsi. Non nell’immaginario del narcisismo asfittico in cui cerca finora di chiuderla, ma nella realtà della vita quotidiana.

Claudio Risé

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