Quelli sì che erano anni   

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 17/06/06. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Ho 55 anni e sono padre di tre figli: due maschi, di 18 e 11 anni, e una femmina di 15. Sono stato un adolescente ribelle, uno dei primi capelloni a metà degli anni Sessanta, nonostante la fiera opposizione di mio padre, un uomo di legge, che tentava in tutti i modi di farmeli tagliare. Ripenso frequentemente,  con tenerezza e un po’ di nostalgia  a quel periodo, di cui ora noto le ingenuità, ma anche l'entusiasmo e la voglia di cambiare. Che mi sembra mancare nei miei figli, forse anche per colpa mia".

Lettera firmata

Caro amico, credo che lei sia nel giusto nel riconoscersi delle responsabilità nella scarsa “voglia di cambiare“ dei figli. La passione dei figli per il cambiamento, infatti, è fortemente condizionata dalla presenza della stessa passione nei genitori. In particolare nel padre, legato anche simbolicamente alla nuova iniziativa, alla modifica, all’assunzione di  rischio, tanto quanto la madre è garante, almeno nei primi anni, della sicurezza, della stabilità. Il padre che insegna a giocarsi nel cambiamento però, è un padre capace di cambiare. Una persona che, coerentemente con la natura dell’essere umano, che si modifica, anche fisicamente, per tutta la vita, cambia (cresce) in continuazione. Il padre che aiuta ad inventare nuove situazioni è un padre impegnato ad immaginare un futuro, più che a contemplare sentimentalmente un passato. I “capelloni” inventarono nuove cose, e nuove intuizioni, anche perché i loro padri erano immersi nel rinnovamento. I padri facevano dell’igiene un settore di  comunicazione,  produzione e consumo, e loro si lavavano poco, i padri approfondivano uno stile fortemente giocato sulla responsabilità individuale, e loro re/inventavano le comuni, i padri  industrializzavano e costruivano, e loro andavano nella natura, i bagni diventavano  sale marmoree, e loro lo facevano, cautamente, nei fiumi. Un’opposizione, sollecitata dalle innovazioni dei padri. Oggi, i  padri che rimpiangono   la propria adolescenza, ed i  suoi trasgressivi contrassegni esteriori  non aiutano di certo i  figli ad opporsi, ed a  mettere a fuoco quali potrebbero essere le proprie  costruttive trasgressioni. Che diventano  vitali solo se padri, e figli, esprimono ognuno i propri progetti di cambiamento, che partono dallo stare nell’oggi, nel presente. E nell’amarlo, pur con le sue contraddizioni, e pur volendolo cambiare, perché l’oggi è ciò che abbiamo, è la nostra vita. Il resto è  nostalgia, rimpianto, e non aiuta certo i figli ad incidere sulla realtà completamente diversa che c’è ora, trent’anni dopo.  Il padre che consente  ai figli di cambiare è quello che sta saldamente coi piedi nel presente, e che guarda al futuro, presentando così ai figli un programma d’azione e di sviluppo col quale essi possono confrontarsi (magari opponendosi, trasgredendo appunto), e quindi crescere. Il padre backward,  che guarda indietro, rischia invece di fermare il tempo per i figli, come in certe fiabe dove tutto si ferma, e nulla si muove più perché i genitori (il Re e la Regina) appunto si sono addormentati.

 Claudio Risé

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