Paura della droga          

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 26/07/08. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Ho 40 anni, un figlio di quindici anni, e vivo nella paura.  Ho scoperto che fuma cannabis, e forse peggio. Il profitto scolastico è precipitato, la tosse è frequente, l’abbigliamento in cui finiscono le paghette è nero, con macchie rosso sangue e il bianco dei teschi. Ricordo la mia storia, dalla cannabis al resto, e la fatica di uscirne. Ora poi arrivano le vacanze, con amici messi anche peggio di lui"

Caro amico, far crescere un figlio, vuol dire anche abituarsi alla paura, conviverci, e trasformarla in un elemento positivo. Ricordi che non averla è ancora peggio, perché ti priva di quel fiuto  sottile, legato alla sopravvivenza tua e dei tuoi cari, che hanno anche gli animali, e che ti consente di individuare il pericolo prima che sia troppo tardi. Chi non ha paura vive più spensieratamente, ma sempre alla rincorsa dei guai nel frattempo accaduti, e molto più difficilmente rimediabili. La paura corrisponde alla consapevolezza   di non poter controllare  perfettamente la situazione, e di essere quindi in parte in balia di forze più potenti di noi, da cui possiamo solo cercare, con attenzione, intelligenza, e istinto, di non essere travolti. Eviti però di lasciare che la paura, il giusto timore delle conseguenze del comportamento disfunzionale del figlio, diventi ansia, stato d’animo invece del tutto negativo ed inutile, che ci indebolisce e ci fa far confusione. Ciò che mi racconta nella sua lettera ci mostra che la paura, e l’amore per il figlio, l’ha aiutata a fare i passi essenziali. Si è così accorto del suo assumere sostanze, gli ha  parlato, l’ha informato accuratamente delle conseguenze, grazie anche alla sua attuale competenza di medico aggiornato, e di ex drogato che già vent’anni fa, proprio attraverso la cannabis e la sua lenta e pervasiva azione di intossicazione di tutti gli organi vitali (a partire naturalmente dal cervello), aveva rischiato  la  vita. E’ molto importante, e certamente utile per il figlio, che lei abbia raccontato la verità sulla sua esperienza con la droga. Il rapporto tra droga e menzogna, o almeno nascondimento della realtà, è infatti molto forte.  Dietro l’assunzione di sostanze, che forniscono appunto una rappresentazione falsa alterata della realtà, c’è la sensazione, il più delle volte inconscia, di vivere in una realtà sulla quale non ti viene detto la verità. Per portare fuori i figli dalle sostanze è molto importante che i genitori “vuotino il sacco”. Non in modo infantile, sdrammatizzante o piagnucoloso, ma nel modo dell’adulto che da tempo (naturalmente) non è più innocente, ha conosciuto il male, e ha saputo anche sopravvivergli e non venirne distrutto. E’ proprio questa stessa  consapevolezza, d’altra parte, che ti aiuta a riconoscere le tue paure, e ad integrarle come elemento di conoscenza, che metti a disposizione degli altri, come ha fatto lei col figlio. Senza farti inghiottire da una fumosa e pervasiva ansia, che a volte finisce col spingerti a chiedere aiuto (come appunto un bambino), a chi invece dovresti aiutare. 

Claudio Risé

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