Padre negato

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 20//03/04. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

La maternità induce molte donne a privilegiare la fusione (o la competizione) con la madre. Trascurando il partner. Costretto a rivendicare il suo ruolo verso il figlio.

«Ho scoperto di diventare padre quando lei si già allontanava da me. Ha annunciato di aspettare un figlio ai suoi genitori prima che a me, ora rifiuta il mio corpo. Ha deciso che questo figlio nascerà nella casa dei suoi genitori (ha ventotto anni), lì è il suo nido. Non ha stima di me e mi ritiene superfluo alla sua vita e a quella di nostro figlio. Dice di non amarmi. Le chiedo di partecipare, fin d’ora, alla vita di chi è in arrivo, ma lei dice che un figlio/a è tale solo dopo il parto. Accettare la situazione, o non subire? Sono stufo di essere debole, ma non ho riferimenti perché mio padre, sempre sottomesso, mi ha trasmesso un’immagine della virilità assoggettata al mondo femminile, dominatore assoluto. Ma io vorrei, da padre, assistere con consapevolezza a ciò che sarà del nascituro/a»

Riccardo

Caro amico, nella sua storia si incrociano le difficoltà della sua storia personale ed il fatto che, come scrive la scrittrice, femminista, Elisabeth Badinter, la società occidentale ha escluso, con gravi conseguenze, l’uomo da ogni decisione significativa nel processo riproduttivo.  Ma andiamo per ordine. Lei convive con una donna, che rimane incinta, e torna nella casa genitoriale, escludendola completamente dal sogno di paternità, suscitato dalla gravidanza della compagna. E’ una vicenda purtroppo frequente, anche nel matrimonio. Spesso la donna é più interessata alla propria identità di madre, che a quella di compagna. Ciò non sempre é dovuto alle insufficienze dell’uomo, come sembra pensare lei, che nella sua lettera dice di volersi impegnare a “diventare degno“ della compagna. Spesso la scelta della donna, come ha visto molto bene Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi (soprattutto nei suoi lavori più tardi), deriva dalla straordinaria forza del suo legame con la madre, che le rende più attraente l’identificazione con quella figura, piuttosto che con quello di compagna dell’uomo. In genere si tratta di un rapporto fusionale con la madre mai veramente interrotto, a volte di una competizione con la figura materna (anche questo aspetto conflittuale di una simbiosi non superata). In questi casi comunque, l’uomo si trova ai margini dell’asse centrale lungo il quale si svolge la vita della sua donna: quello della linea materna. Nella quale il figlio viene subito incorporato, ancora prima della nascita (come nel suo caso). Questa marginalità é accentuata nelle unioni di fatto, che spesso l’uomo propone perché gli danno l’impressione di una maggiore libertà, ma nelle quali al padre non é garantito alcun prestigio, né la pur scarsa tutela della sua figura ancora riconosciuta nel matrimonio. Anche se, come sanno bene i padri separati, é ben difficile anche fare il padre di un bimbo affidato da subito ad una madre che non accetti di riconoscerti questa funzione. D’altra parte lei non può neppure (come ipotizza in altra parte della sua lettera), sfilarsi dalla vicenda non riconoscendo il bambino, salvo che questo non sia veramente figlio di un altro. Come si avvia e decidere il governo inglese a proposito della fecondazione eterologa, ogni bimbo ha comunque diritto di conoscere il nome del proprio padre, che non può essere sequestrato né da un governo, né dal padre stesso, in quanto patrimonio costitutivo della personalità dell’individuo. Rivendichi dunque la sua condizione di padre, se davvero lo é. Ciò le darà molte amarezze, ma anche la consolazione di non essersi lasciato cancellare dalla vita di una persona che del proprio padre ha necessariamente bisogno.

Claudio Risé

   

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