Non essere cattivo          

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 28/02/09. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Insegno lettere alle medie. Un ragazzino di prima sta leggendo un libro su un famoso personaggio di film horror, Hannibal Lecter  Le origini del male. Vi si racconta che, mentre Hannibal è ancora un bambino, sua sorella viene mangiata dai nazisti. Da grande, Hannibal uccide e mangia gli assassini della sorella. Sono impressionato dalla freddezza del personaggio. Il mio alunno, invece, è entusiasta del libro. A 11 anni una lettura del genere non è rischiosa? "

Caro amico, nella sua lettera lei racconta che il ragazzino le ha già  fornito una prima spiegazione per quella lettura, dicendole: "Io voglio essere come Hannibal, non nel senso di mangiar la gente, ma nel senso che voglio vendicarmi, se qualcuno mi fa del male". Lei commenta: “Gli ho detto che si trova, mentalmente, ai Longobardi e alla faida. Ma bisogna andare oltre. Cercherò di aiutarlo a passare almeno ai cavalieri della Tavola Rotonda!” Lodevole proposito. Prima però di sedersi alla Tavola Rotonda e difendere il Graal, i cavalieri venivano addestrati a difendersi, ed anche ad attaccare. Aspetti questi, come tutta l’educazione all’aggressività, ampiamente tralasciati dalla pedagogia applicata nelle scuole, dove questo sentimento è considerata “sbagliato”, e quindi liquidato con la formula: “non bisogna essere aggressivi”. Un diktat pericoloso, perché salta a piè pari la realtà quotidiana del preadolescente, e non fornisce nessuna risposta alla questione concreta che il suo alunno le ha posto chiaramente: che fare “se qualcuno mi fa del male"? Inutile cercare di rispondere, come la pedagogia caramellata, che nessuno deve fare del male a un bambino. Ogni bambino quotidianamente patisce del male, non tanto dagli “orchi”, ma da ognuno di noi: genitori spazientiti, educatori aggressivi, coetanei arrabbiati. Ferite numerose e profonde, che suscitano in chi le riceve (vale a dire ogni bambino) la domanda: cosa ne faccio di questa cosa, come me ne libero? Quando esiste un’educazione all’aggressività (senza la quale non c’è neppure un’educazione) il bambino riceve da insegnanti e genitori una risposta  al titolo del libro che appassiona il suo alunno: “le origini del male”, questione che interessa molto i bambini, persone naturalmente profonde. Apprendono così che il male-insensibilità-violenza non è appannaggio di pochi “cattivi”, ma che ha il suo spazio in ognuno di noi, e che bisogna quindi imparare a difendersene, sia non vedendolo come una mostruosa anomalia, ma come un’espressione umana, sia, se occorre, difendendosene. Quando questa elaborazione del “male” non viene fornita, l’adulto “cattivo” diventa “i nazisti”, immagine impersonale di una società malata, contro la quale non puoi reagire subito, ma solo “dopo”, quando sarai grande, con la vendetta. Una vendetta altrettanto malata quanto gli adulti oggi incapaci di riconoscere la propria violenza. E’ una lettura forte certo, e sicuramente rischiosa. Frutto però di una personale ricerca del ragazzino, e con possibilità educative maggiori di una generica esortazione alla bontà.

 

Claudio Risé

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