Nella bolla del successo       

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 01/09/07. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

   

"Non ne posso più. Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Svolgo in modo eccellente la mia professione, guadagno un sacco di soldi, sono stimato e ascoltato, i miei amici mi vogliono bene. Ho una moglie in gamba, anche se non facile. Ma più le cose vanno bene, più aumentano gli impegni, la stanchezza, e anche la noia. Perché questa corsa? A sessant’anni rimpiango quando, bambino ricercato da tutti, mi nascondevo da qualche parte, e lasciavo che gli altri mi chiamassero. Finalmente solo".

Lettera firmata

Caro amico, non si lasci sfuggire quest’immagine, che può forse aiutarla ad uscire dal pasticcio in cui si trova. Da quanto mi racconta nella sua lettera, infatti, lei “non ne può più” da molto più tempo di quanto creda. Fin da quando aveva  accettato il suo ruolo di “bambino ricercato da tutti” perché era bello, bravo, e buono, con un sorriso e una parola per ognuno. La cosa è poi continuata nella condizione di adolescente perfetto, studente impareggiabile, professionista eccellente, e così via. Di solito la vita si incarica di far scoppiare la bolla del ragazzo-uomo prodigio con qualche incidente di percorso, che naturalmente siamo noi stessi a predisporre inconsciamente, proprio per saltar fuori dalla trappola mortale della quasi perfezione, e della sua pesantezza. Insopportabile perché in questo sistema di cui lei è prigioniero, tutto è misurato sulle esigenze ed aspettative degli altri, senza tener conto dei suoi bisogni, e delle sue possibilità. Quel bambino che cercava silenzio, e pace, nascondendosi per sfuggire ai continui richiami di tutti, è stato pesantemente calpestato: da lei per primo. Ora, è vero che la felicità umana dipende da quanto riusciamo a dare e donare agli altri, ma questo dono non può prescindere da ciò che abbiamo: le nostre energie, le nostre inclinazioni, i nostri autentici entusiasmi (non solo quelli che gli altri ci chiedono di avere). Il guaio dell’uomo-prodigio, del benefattore universale, del cittadino eccellente è invece la tendenza a mettere  la soddisfazione altrui prima delle esigenze di ricarica personale. Il fanciullo, che diventa poi l’uomo dotato di grandi capacità, le trae da un intimo contatto col proprio Sé profondo, centro della personalità che alimenta la nostra intelligenza, ma anche il nostro cuore. Il percorso del successo e dell’affermazione pubblica e istituzionale, come la sua, tende invece a rendere più difficili e rari proprio quei momenti di introspezione profonda, nei quali noi verifichiamo cosa c’entriamo con ciò che (nel frattempo e spesso tra gli applausi), siamo diventati. Non ci accorgiamo così che tutto nella nostra vita  va - è vero - bene, ma non c’entra più quasi nulla con noi. Fino a quando, improvvisamente (come lei  descrive nella sua lettera), tutto ci appare estraneo, ed insopportabile: la faticosissima vita di un uomo di successo. Vuol dire che è proprio venuto il momento di nascondersi, e farsi trovare solo quando, e da chi, ha davvero  voglia di vedere. Una tecnica indispensabile per scacciare la voglia di sparire del tutto.

Claudio Risé

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