Mio figlio pensa solo al calcio        

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 29/10/06. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

   

"Mio figlio, 13 anni, è interessato solo agli amici (ne ha tantissimi), alla musica, molto rumorosa, e agli sport, dove riesce bene e si diverte molto. Come studente è appena sufficiente, e come figlio non brilla per presenza e attenzione, anche se ci vuole bene, e comunica delle cose di sé. E’ simpatico, ma tremendamente egoista (l’altro non lo vede neppure), e non sembra aver nessun interesse culturale, anche se ha una certa sensibilità estetica. Che ne sarà di lui?"

Un padre preoccupato

Caro amico, stia tranquillo. Le persone che più tardi si ritrovano  psicologicamente nei guai sono stati per lo più studenti brillanti, oppure scarsi, ma disperati per non essere bravi come i genitori volevano. L’”asino felice” difficilmente sviluppa nevrosi, perché segue una pista opposta al  malessere psichico: quella del godimento e del piacere. Strada  piuttosto sana, sempre dal punto di vista psicologico,  perché la ricerca del piacere è un modo di rimanere aderente a ciò che davvero può darlo, vale a dire  la realtà, le cose per quello che sono, gli altri. Mentre lo sviluppo di malesseri psicologici passa quasi sempre dal sostituire al piacere, ed alla realtà che lo fornisce, dei percorsi astratti, spesso di natura intellettuale, che si rivelano poi immaginari, e quindi impraticabili.  Il futuro malato, da ragazzino è spesso solitario, e fa fatica a socializzare. Proprio da lì, da questo isolamento precoce, vengono poi numerosi disagi, per risolvere i quali occorrono più tardi  psicoterapeuti, psicoanalisti, e spesso psichiatri con farmaci ben scelti. Un ragazzino pieno di amici, com’è suo figlio,  è, invece, un’immagine di salute, testimonia di un rapporto con l’altro ben calibrato, e calato nella realtà, altrimenti gli amici non ci sarebbero; e verrebbero sostituiti da idee persecutorie o angosce da solitudine. Questa ricchezza di relazioni sociali anzi, mette in  dubbio anche  l’esattezza della qualifica di “egoista” che lei appioppa a suo figlio. Se lo fosse davvero, non avrebbe tanti amici, un dono che la vita offre alle persone generose. E’ invece molto probabile che il ragazzino sia perfettamente egoista coi genitori,  che in un quadro come quello che lei fa (oggi molto comune), sono per solito le vittime  predestinate, il cui sacrificio rende più facile l’organizzazione di divertimento di figli particolarmente vitali. Ciò, naturalmente, non è accettabile, ed è opportuno opporvisi, sia per benessere personale suo e di sua moglie, sia per dare a suo figlio il senso del limite, che una personalità davvero sana deve anche conoscere, e saper di volta in volta identificare. Porvi un limite però, non significa offendersi perché lui ci prova. Dopotutto il ragazzino è lui, e non voi, ai quali non si addicono dunque comportamenti e sentimenti infantili. Per il resto, la dedizione allo sport, attività molto concreta che incide immediatamente sul benessere del nostro compagno di tutta la vita, il corpo, compensa ampiamente le sue mancanze in attività, come la scuola, oggi prive, a differenza del football, di piedi per terra. 

Claudio Risé

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