Meno e meglio         

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 24/01/09. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Già prima della crisi non ne potevo più del lusso e dello spendere. Non per necessità: non sono povero, ho guadagni buoni e sicuri. Con lo scoccare dei 35 anni, però, mi ha preso il fastidio dello sperpero. In casa mi guardano strano, le amiche non sono contente, gli amici perplessi. Anch’io sono sospettato di depressione. Eppure da quando spendo meno, e mi mostro meno, sto quasi bene. Che ne dice?"

Caro amico: la parola chiave della sua lettera è: meno, che a ben guardare è quasi un programma di vita. Negli ultimi decenni la parola chiave è stata: più, spendere di più, apparire di più, muoversi di più. E’ lo stile psicologico caratteristico dei periodi di espansione disordinata. Spendere più energie, (in termini psicologici: più libido), di quelle di cui effettivamente si dispone. Anche lei, come mi racconta nella sua lettera, non si è sottratto alle indicazioni collettive: ha lavorato il più possibile, guadagnato altrettanto, speso di conseguenza. Ha speso molto, racconta, anche in termini affettivi, buttando via storie preziose ma poco appariscenti, obbedendo all’effimero e all’euforia obbligatoria. Così, ad esempio, le è rimasta nel cuore quella “ragazza dagli occhi profondi, un po’ silenziosa, che si annoiava alle feste”, che lei ha spinto fuori dalla sua vita perché non c’entrava col tirar tardi e la compagnia rumorosa, e perché – ingiuria grave -  aveva rifiutato, giusto un anno fa,  il già predisposto Capodanno ai Carabi. Una noiosa, secondo gli amici euforici. Che lei, però non riesce a dimenticare. Il suo ricordo cresce man mano che lei toglie dalla sua vita cose (uscite, spese, vestiti, bevute), che ormai le sembrano fastidiose.  E’ proprio questo, infatti, uno dei guai della politica del più, dell’affastellare le esperienze: il rischiare di smarrirne il senso, e di non vedere bene quelle più importanti (spesso “sottili”, discrete), che rimangono soffocate da quelle più vistose, o rumorose.  La sua reazione dunque, di insofferenza per lo sperpero e la quantità, accompagnata dall’attenzione alla qualità delle emozioni (come quelle evocate da questo ricordo), è esattamente il contrario della depressione, che anzi il suo comportamento di oggi tende a prevenire. Ci ritroviamo scarichi, e depressi proprio quando  spendiamo più energie di quelle che abbiamo effettivamente a disposizione, quando dell’ansia della corsa non onoriamo gli incontri preziosi, come la sua “ragazza dagli occhi profondi”. Ed in questo modo cancelliamo le opportunità di ricarica, che non avviene mai nella baraonda e nello sperpero, ma nell’ascolto attento dell’altro, e della realtà del tempo in cui siamo. Ed in questo, caro amico, il suo sentire è assolutamente accordato,  sincronico, a quello dell’inconscio collettivo di oggi.  Il bisogno di misura, di abbassare i toni, di ascoltare le sfumature, è oggi un tratto dello psichismo collettivo. Moltissimi, come lei, non hanno più voglia di sparare cannonate di energie, ma preferiscono dosarle con cura ed attenzione. Non è depressione, è istinto di sopravvivenza.

Claudio Risé

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