Quella lontana ferita
Dalla
rubrica info/psiche lui, Io
Donna, allegato al Corriere della Sera, 31/05/03. E’ possibile scrivere a
Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli
4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it
Un abuso subito da bambino. Un'esperienza lacerante che può essere rimarginata solo da un legame d'amore totale. Che punti tutto sull'accettazione. E non faccia più sentire sbagliati.
«Amo da tre anni un uomo che, fin dall'inizio, si è rivelato complicato. Ma, malgrado i suoi sbalzi d'umore, la difficoltà a trascorrere lunghi periodi insieme, un continuo alternarsi di gioie e sofferenze, non mi sono arresa: l'ho studiato bene e, giorno dopo giorno, ho scavato dentro di lui. Poi, la verità: dietro a quegli occhi sempre tristi nascondeva un abuso sessuale, subito da piccolo. La scorsa estate mi ha detto di voler vivere con me, perché sono la donna con cui desidera creare una famiglia. Da allora ho cercato di convincerlo a rivolgersi a uno psicoterapeuta. Lui si è detto d'accordo, ma ha sempre rimandato adducendo problemi economici. Quando in dicembre si è verificato uno spiacevole "incidente sessuale", io ho ribadito l'urgenza di una terapia. Lui è entrato in crisi e mi ha lasciata. Ora continua a cercarmi. Io lo amo ancora, ma non mi faccio trovare da quattro mesi: ho optato per il silenzio come stimolo. E' la scelta giusta?»
Anonima sofferente
Caro amica, è vero che quando c'è stato un abuso nell'infanzia la terapia può essere utile, spesso indispensabile. Tuttavia non bisogna dimenticare mai che l'agente terapeutico più efficace è l'amore, che è poi il principale e decisivo strumento della stessa terapia. Ora, una donna che rimanda al terapeuta proprio quando le si propone di vivere insieme dimostra certamente attenzione, ma è difficile vivere il suo gesto come un segno d'amore, come un venire accettati per come si è. Purtroppo il problema della persona abusata è già quello di sentirsi "sbagliata", perché a suo tempo coinvolta in un evento che suscita sempre anche un senso di colpa personale. Se un giovane uomo, reduce da un'esperienza di abuso, riesce ad aprirsi e a dichiararsi, superando inquietudini e certezze, e proprio in quel momento gli si conferma la diagnosi di "malato", questo non farà che aumentare le sue insicurezze. Che potranno poi manifestarsi anche in "incidenti sessuali. I quali del resto, a meno che siano all'ordine del giorno (ma dalla sua lettera non parrebbe), non andrebbero troppo drammatizzati in una relazione d'amore, perché sono più o meno l'equivalente del mal di testa, o dello scarso desiderio che la donna a volte dichiara in rapporti non pienamente desiderati. Che dire poi della tecnica di silenzio e indifferenza, adottata dopo la vostra rottura, mentre lui cerca, a quanto sembra, di ritornare? L'indifferenza è il contrario dell'amore di cui l'altro ha bisogno, sia perché innamorato sia perché ha bisogno di guarire la sua lontana ferita. E il silenzio è appunto il contrario della comunicazione, della confidenza, dell'intimità consapevole e condivisa, tutti elementi indispensabili nella relazione d'amore e per solito dolorosamente mancanti nel rapporto d'abuso, che viene per lo più consumato, appunto, nel silenzio. E qui, cara amica, arriviamo al punto più difficile, per la relazione con la persona a suo tempo abusata. Lui infatti, fino a quando la vicenda non sia stata superata in un caldo e pieno rapporto d'amore e di accettazione, tenderà fatalmente a cercare persone che gli facciano rivivere il clima affettivo di quella passata esperienza. E, con l'abilità che la nevrosi è ben capace di sviluppare, tenderà a indurre l'altro a ricreare quel clima affettivo ed erotico, a negare l'amore di cui ha bisogno, a rispondere con l'indifferenza all'affetto e alla passione. Spingerà l'altro a punirlo, a respingerlo in quella sofferenza e frustrazione in cui egli è abituato a muoversi. La cosa più difficile, per chi sta con una persona abusata, è non abusarlo nuovamente. Cerchi di non farlo. Lo ami e basta.
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