Lezioni di kendo 

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 10/09/05. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Lei spiega che al maschio la relazione con la natura consente la “naturalezza”: essere sé stesso. Io, affetto da  fobie e insofferenze, al caldo e agli animali, non frequento luoghi  naturali. Dopo 10 ore di ufficio col  padrone, rientro a casa dove moglie e figli attendono con desideri e problemi.  Posso essere me stesso,  maschio insieme ad altri maschi, senza storie, solo nelle 2 serate settimanali del mio corso di kendo. Può funzionare come alternativa alla natura?"

Enzo

Caro amico, il benessere richiede flessibilità, e rinuncia a ideali precostituiti. L’esistenza metropolitana, in particolare, ci obbliga ad adattarci e ad usare di una “natura” diversa, che non è quella delle selve e dei boschi, ma che può svolgere una funzione psicologica molto simile. L’antropologo Hans Peter Duerr racconta di aver fatto la sua prima scoperta di “wilderness”, di natura selvaggia, camminando da bambino tra le erbacce cresciute  a dismisura tra le macerie di Dresda, rasa al suolo dai bombardamenti. Ognuno di noi, insomma, deve trovarsi il suo “spazio naturale”, compatibile con la sua vita, ed anche con le sue particolarità, e limiti. Caratteristica dello “spazio naturale” è poter vivere un’esperienza corporea, e dunque anche psichica, che ti consenta di liberare energie vitali, non distruttive, che nel resto della giornata devi invece reprimere. E che ti faccia, quindi, “sentire te stesso”. Come lei dice, nella sua lettera,  parlando della sua lezione di kendo: “E’ lì che trovo il mio sfogo alla "compressione" giornaliera, in cui devo sempre verificare di non commettere errori di calcolo”. Vede dunque che il kendo, come tutte le arti marziali, possiede (quando è ben insegnato, da persone correttamente formate), questo requisito dello “spazio naturale”, di liberare energie compresse nei riti burocratici della vita quotidiana. Ciò provoca una sensazione liberatoria, e rigenerante: “è solo – continua la lettera ־ dopo la lezione marziale  che io mi sento rigenerato (anche se fisicamente distrutto e provato ... terminiamo alle  22 !!!) e capace allora di ri-affrontare il "quotidiano". Anche perché, come lei nota, queste antiche pratiche di combattimento maschile, sono “molto utili per l'aggressività: chi ne ha poca è stimolato a tirarla fuori, chi ne ha troppa è educato a controllarla”. Ecco dunque, caro Enzo, che vediamo realizzate nelle sue due lezioni settimanali di arte marziale, le esigenze più urgenti  che vengono soddisfatte nella relazione con gli spazi naturali: liberazione di energie compresse o negate, riconoscimento ed educazione delle pulsioni aggressive, sentimento di rigenerazione personale. Come esperienza del corpo  e della sua natura, nella metropoli, non c’è male. Certo, lo spazio autenticamente naturale ci offre dell’altro. La sensazione, anche quella psichicamente rigenerante, dei grandi spazi non “fabbricati” dall’uomo, il silenzio, l’avvicendarsi delle diverse fasi, e luci, di un giorno ancora sottratto alla manipolazione dell’uomo. L’esperienza insomma di qualcosa che ci trascende, e  dà quindi pace alla nostra inquietudine.

          Claudio Risé

   

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