La fidanzata velina       

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 16/09/06. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

   

"A 30 anni, sono innamorato di una ragazza che lavora  in una TV locale come velina. Mia sorella e mia madre dicono che sono impazzito. Una vecchia amica intelligente, è perplessa. La ragazza che amo è semplice e buona; aveva solo bisogno di lavorare, ha risposto ad un annuncio, ed ora è lì. Non capisco perché, mentre tutto è permesso, una che sorride e fa qualche mossa in tv faccia tutto questo scalpore. Non vorrei lasciarla". Giovanni, Nord-est. 

Caro amico, i pareri che mi riferisce, e che la turbano, sono tutti femminili. Dalla sua lettera appare che nella sua vita i riferimenti maschili o non ci sono, o non contano. Il suo disorientamento è dunque giustificato. Il mettersi con una donna che fa per lavoro “la bella”, è infatti una vecchia passione maschile, e solo nel mondo degli uomini può trovare appoggio. Gran parte delle donne non sono affatto solidali con le loro sorelle che hanno fatto della loro bellezza una professione.  Le recenti polemiche infrafemminili contro Elisabetta Canalis, appunto un’ex velina, o, prima, Anna Falchi, dimostrano ancora una volta questo conflitto, che non aiuta le donne. Tra le qualità femminili c’è, infatti, anche quella di essere, spesso, belle. E di aver fatto della loro bellezza un particolare sapere (quello della seduzione femminile), cui corrisponde, da tempo immemorabile, un preciso potere sulla società. Tutto questo viene accettato, ed anzi pubblicizzato, a livello mediatico, quando le belle sono star lontane, di cui si parla come personaggi da favola, che  nessun uomo delle vicinanze incontrerà mai. Quando però la bella in questione diventa la fidanzata del figlio-fratello-amico, o di un regista abbastanza domestico, partono i fulmini. Si tratta di una storia molto antica perché il sapere-potere della bella è, dal punto di vista archetipico, quello di Venere-Afrodite, dea della bellezza, che ha la specialità di suscitare il desiderio negli uomini. Quando compete con le due altre grandi dee, Era-Giunone (la dea madre), e Atena-Minerva (dea della saggezza), per vincere la mela d’oro della più bella, Venere promette a  Paride, il giovane giudice scelto da Zeus, la bellissima Elena di Sparta. Paride dà dunque la mela a Venere, cui nessun uomo, comunque,  resiste. E le altre due dee,  anche se si erano impegnate a non punire l’arbitro in caso di decisione sfavorevole, organizzano la distruzione della città di Paride e di Priamo suo padre, Troia. Come si vede la competizione tra la bella, la saggia, e la madre, è un motivo presente da sempre nel mondo femminile. E da sempre l’uomo a volte sceglie la bella, anche se questo lo caccia in tremendi guai. Il padre di Paride, Priamo, dovette armare i suoi sudditi per difendere la città. Ed anche lei ha bisogno di una forte sponda maschile (e identificazione con il mondo degli uomini), per portare in porto senza troppi danni la storia d’amore con la sua bella. Inutile chiedere l’approvazione della madre. Si faccia piuttosto degli amici che, invidiandola un po’, forse la sosterranno.

Claudio Risé

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