Invidiosi si nasce?  

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 12/02/05. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

A volte chi si sente ingiustamente defraudato dalla sorte vive con rancore il successo degli altri. E, in alcuni casi, può trasmettere il suo risentimento ai figli. 

"La mia ragazza è invidiosa e non perde occasioni per manifestarlo. Pur essendo intelligente e di sani principi, vede sempre negli altri qualcosa che non va. Soprattutto quando teme che gli altri siano più belli, ricchi e felici di lei. Ho cercato di farglielo notare, ma lei si difende dicendo che non c'è niente di strano nel suo modo di fare. Nella sua famiglia, in effetti, criticare conoscenti e amici è quasi uno stile di vita. A dirigere il concerto di maldicenze è la madre, una donna che mitizza le sue origini e considera frustrante il suo presente. Questo modo di fare mi risulta insopportabile. Mi chiedo che conseguenze educative potrebbe avere sui nostri figli, se mai ne avessimo. Che cosa posso fare?

Luca, Roma

Caro amico, in effetti l'invidia, per chi non la conosce, corrode come un tarlo la felicità delle giornate della coppia, e finisce per avvelenare la comunicazione tra i partner. "Quella nostra amica/o mi piace veramente" pensa il non-invidioso "ma potrò parlarne con la mia partner? O farà comparire nello scenario piacevole della nostra comune amicizia qualche ragione per diffidare, non spendersi più affettivamente, mostrare un viso sorridente ma dentro, non mollare di un pollice?". Nell'incertezza, il partner fiducioso comincia a tacere, a non esprimersi. Così la comunicazione tra i due tende a restringersi, fino ad atrofizzarsi del tutto. A meno che il partner più generoso non si lasci contagiare dall'invidia, perdendo così il suo slancio e la sua genuina fiducia verso il mondo. Il che non è un buon affare, dato che è pronto sulla fiducia, verso noi stessi e verso gli altri, che poggia un buon equilibrio psicologico nella vita di relazione. Che fare dunque? La strategia verso l'invidia, un avversario temibile per chi tiene a una vita felice, è diversa a seconda di quali siano le sue radici. Anche lei si è accorto che "a dirigere il concerto delle maldicenze", in cui si esprime l'invidia, è la madre della sua ragazza. E che questo sguardo malevolo sul mondo è legato a un vissuto di frustrazione. Nel caso specifico, mi racconta, la donna manifesta risentimento perché ha l'impressione di aver perso qualcosa di prezioso, nel passaggio dalla famiglia di piccola nobiltà, dove è nata, alla condizione borghese assicuratale dal marito, il padre della sua ragazza. E' questo un tratto ricorrente nell'invidia: il legame con un falso sé, grandioso, narcisistico, che si ritiene ingiustamente negato dalle circostanze della vita. E che si proietta sui successi (veri o immaginari) degli altri, cui non vengono perdonati. Nella storia della sua amica, però, siamo alla seconda generazione di questo "complesso". Che le figlie, come la sua ragazza, potrebbero vivere più in quanto condizionate dalla cultura familiare che come complesso effettivamente presente nella loro psiche. Nel caso più benevolo, insomma, si potrebbe pensare che la sua ragazza pensi effettivamente che si fa così, perché è così che ha sempre visto fare. E non sia quindi in grado di coglierne l'aspetto patologico. Si tratterebbe allora, soprattutto, di staccare la ragazza dalla cultura familiare, come del resto ogni compagno deve fare, per costruire una coppia effettivamente autonoma. E l'invidia cadrebbe insieme al narcisismo materno. Se invece la struttura narcisistica si fosse ripetuta nella ragazza, o il legame madre-figlia fosse troppo forte per lasciare a lei, Luca, una possibilità di intervento significativo tra le due, solo una psicoterapia potrebbe provare ad affrontare la questione.

        Claudio Risé

   

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