Il mondo nemico a 15 anni        

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 12/05/07. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

   

"Mio figlio, 15 anni, sta sviluppando una visione ostile al mondo, che mi preoccupa. Nei suoi racconti, aumenta il numero dei maestri ingiusti, dei compagni inaffidabili, e degli adulti censurabili, per una ragione o per l’altra. Non so quanto c’entri, tutto ciò, con un calo di profitto scolastico. Il suo sguardo amaro sul mondo mi inquieta. Temo non lo aiuti ad affrontarlo". 

Un padre perplesso

 

Caro amico, in tutto questo, però, c’è una cosa  positiva: il ragazzo gliene parla. Comunica che la sua visione del mondo si va tingendo di scuro. Questo canale di comunicazione, che in molti suoi coetanei, invece, si è già interrotto, è un prezioso strumento per  rimanere in contatto con il processo che il ragazzo sta attraversando, cercando di portarvi una testimonianza equilibrante. E’ sempre più frequente che gli adolescenti sviluppino una visione negativa della vita, e del mondo attorno a loro. Ciò può sembrare in contrasto con la ricchezza di mezzi di cui dispongono, e con gli sforzi ridotti che vengono loro richiesti, sul piano scolastico, e su quello familiare. In realtà, più “leggera” diventa la loro vita quotidiana, più si abbassa la loro autostima, non più nutrita da quegli sforzi, prove, ed acquisizioni che hanno sempre rappresentato la difficoltà, ma anche la ricchezza degli anni adolescenziali. Al primo scacco dunque, un insuccesso scolastico, una delusione sentimentale, si cerca di compensare questa  ferita narcisistica proiettandone all’esterno le cause: gli insegnanti ingiusti, le amicizie traditrici, e, naturalmente, il “sistema” sbagliato. Come tutte le ideazioni a sfondo paranoide, del resto, queste accuse hanno sempre una base (minore o maggiore) di verità. Ma è proprio nell’incapacità del giovane di far fronte all’aspetto duro, “ingiusto”, della realtà che sta il problema, non nella difficoltà del reale, che non è mai stato (e difficilmente diventerà), l’equivalente di una passeggiata. Il rischio di questa posizione psicologica è quella di appoggiare i lati “deboli” della personalità che, pur di non fare i conti con le proprie insufficienze, interpreta la realtà con una visione falsificata, dove tutte le responsabilità sono all’esterno, ed il soggetto è oppresso e perseguitato. Questa visione debilitante erode sempre di più l’autostima, ed impedisce una vera crescita. Ponendo le basi per rischi psichici più gravi alla fine dell’adolescenza, quando l’inserimento nel sociale più vasto, sovrastato dal problema del lavoro, costringerà il giovane ad un confronto più serrato con la realtà. Per indebolire la tendenza ad uno sguardo colpevolizzante sul mondo, occorre informare gli adolescenti dell’alto prezzo di distruzione di energie, mancato entusiasmo, minacce alla socializzazione ed ai suoi piaceri, che essa comporta. In fondo, si tratta di sostenere, nel giovane, le ragioni del principio del piacere (e dei prezzi di impegno e fatica che ogni piacere richiede , per essere raggiunto), contro la fantasia sado-masochista   della sconfitta e dell’emarginazione.

Claudio Risé

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