Figlia di mammà 

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 27/08/05. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Amo una bella ragazza, sobria e coi piedi per terra, senza quell’arroganza frequente tra le mie coetanee (ho 30 anni). Sono però preoccupato perché, oltre ad essere freddina fisicamente, la mia ragazza è legatissima alla madre. Le telefona più volte al giorno, i week end si passano in Calabria con mamma e sorelle (il padre se la dà a gambe), altrimenti resto da solo. Sostiene che è naturale, e lo sarà anche dopo il matrimonio".

Roby, Milano

Caro amico, il forte legame della donna con la madre e le sorelle è da sempre uno dei rischi maggiori per le nuove unioni (anche se, vissuto con buonsenso, può esserne invece una grande risorsa). La figura, celebrata da barzellette e aneddoti, della “suocera”, deve la sua temibile fama proprio a questo dato di realtà: la persistenza di uno stretto legame madre-figlia rende più difficile per la donna l’aprirsi alla relazione con l’uomo. Questo accade innanzitutto  dal punto di vista dell’erotismo, che rimane orientato su immagini e uno stile prevalentemente femminile: da qui la “freddezza” lamentata spesso dagli uomini  in questo tipo di donne. Ma lo stesso fenomeno si produce  nel campo affettivo; il vero oggetto d’amore rimane  spesso il mondo femminile dell’infanzia,  rappresentato dalla madre e dalle sorelle. Si tratta di un problema antico tanto quanto la donna, tanto da essere presente nell’inconscio collettivo, e nei miti, che lo rappresentano. In alcune narrazioni del mito di Eros e Psiche, ad esempio, per certi versi un “archetipo” dell’amore tra uomo e donna, Eros per prendere in sposa Psiche chiede che, prima, la madre e le sorelle le facciano il funerale, e la mettano in una bara. Qui lui verrà a prenderla in sposa.   La ragione della bizzarra richiesta è sempre il problema che la turba: la giovane donna deve prima morire come figlia e sorella per essere pronta all’unione con l’uomo. Solo una volta compiuto ed elaborato questo lutto, il rapporto eterosessuale può costituirsi, e crescere. Naturalmente non si tratta di una rottura definitiva, e tanto meno affettiva. Tuttavia la morte ed il funerale qui, come in altre narrazioni simboliche, indica una trasformazione, un passaggio di coscienza: la donna non può entrare in un profondo legame e progetto di vita con l’uomo, senza aver trasformato profondamente i suoi rapporti con le figure femminili di riferimento della sua infanzia. Deve rendere meno esclusivo il riferimento al mondo simbolico del femminile (che rimane comunque il suo, quello che ispira la propria identità), per consentire al maschile ed all’uomo di prendere un posto nella sua vita. Questo spazio al maschile, che la donna e le sue figure femminili di riferimento (madri e sorelle) devono aprire, è indispensabile perché si possa sviluppare un vero sguardo sull’uomo, perché egli venga “visto” per quello che è, e non solo come proiezione dei bisogni della donna. E sarà poi indispensabile per riconoscere al compagno-padre uno spazio educativo verso i figli. Anche allora, infatti, se la donna si riferisce esclusivamente alla propria madre, può mettere in pericolo la solidità dell’unione, escludendone il marito-padre.

         Claudio Risé

   

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