Fidarsi dell'istinto         

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera". 

"Fatico a mediare tra razionalità e istinto. Prima iperrazionale,  qualche anno fa, per istinto ho lasciato la facoltà “di prestigio” per quella, più inflazionata, che "sentivo" di più. Mi sono laureato in fretta, ed ho così intrapreso un'attività che, sebbene poco remunerata, mi appassiona. Ora i sentimenti. Prima scambiavo ogni relazione per l’anticamera del matrimonio. Ora, dopo alcuni   fallimenti, preferisco il rapporto poco impegnativo. Con  alcune delle ragazze con cui sono stato, belle e brave, la mia parte razionale  avrebbe voluto costruire una famiglia. L’istinto però voleva l'effimero, ha prevalso, e ho lasciato, tra mille sofferenze, queste persone. Ma sono inquieto". Giovanni, Torino.

Caro amico, l’opposizione, che lei fa, tra razionalità e istinto, facendone la chiave di lettura dei suoi problemi non mi convince affatto. In realtà l’istinto, che è ispirato  dalla spinta vitale e dalle leggi della natura  è invece, in un modo intuitivo, e poco intellettualizzato, profondamente razionale. Prendiamo la questione della facoltà. Dal suo racconto é chiaro che la facoltà prestigiosa e iperredditizia era in realtà voluta dalle aspettative di successo esteriore legate ad un progetto narcisistico (non so se suo, della sua famiglia, o di entrambi), che non teneva in nessun conto le sue autentiche inclinazioni. Dunque, poiché chi doveva laurearsi era lei, si trattava di un progetto campato in aria, assai poco razionale. Il suo istinto vitale, che conosceva bene i suoi autentici desideri, le ha ispirato una scelta diversa, maggiormente rappresentativa di sé. Abbandonare il progetto iniziale, narcisistico e opposto ai dati reali ha funzionato bene, e lei, oggi è, da quel punto di vista, felice. Mi convince poco, invece, quando nella sua lettera attribuisce all’”istinto” anche la responsabilità del suo attuale stile di relazione sentimentale, ed alla razionalità quello precedente. L’istinto, infatti, in quanto espressione di pulsioni e programmi vitali, bada al sodo. Non è certo interessato a fare dell’”effimero”, che è un concetto astratto, la bussola delle proprie relazioni. Esso spinge, in modo molto concreto, verso  la costruzione di una vita felice, che esprima ciò che veramente siamo. Dunque, poiché lei è realmente interessato alle sue partner, con le quali vorrebbe costruire la famiglia, è in quella direzione che agisce l’istinto vitale. Il lasciarle tutte, anche quelle che le piacciono molto, e che ama, è invece l’opposto simmetrico della sua posizione precedente: sposarle tutte, anche se non era sicuro di amarle, o la relazione non funzionava. In entrambi i casi si tratta di  programmi “mentali”, di testa, ideologici, che non tengono conto della realtà, del dato umano concreto: la persona, nostra e dell’altra, con le reciproche caratteristiche, che “istintivamente” suscitano in noi desideri, spinte e progetti molto concreti. Questi modelli, sono dunque irrazionali perchè non tengono conto della situazione reale, e noi li  adottiamo o per paura di affrontare gli impegni della vita in modo adulto, o perché suggestionati da schemi di comportamento astratti, lontani  dalla nostra situazione e personalità, proposti impersonalmente dal sistema delle comunicazioni. Che non si tratti di istinto, d’altronde, lo prova il risultato del suo comportamento: la sofferenza generale, sua e delle ragazze abbandonate. L’istinto invece guida al benessere, ci fa preferire  il piatto buono a quello decorato, che percepisce avariato. Se ne fidi dunque, ma prima impari a riconoscerlo.

Claudio Risé

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