La favola bella
Dalla
rubrica info/psiche lui, Io
Donna, allegato al Corriere della Sera, 20/12/03. E’ possibile scrivere a
Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli
4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it
I riti del Natale hanno anche un profondo significato psicologico. Che ruota intorno al nuovo nato. Destinato, come tutti i bambini, a cambiare il mondo intorno a sé.
"Sulla scrivania del mio bambino più grande - ha 10 anni - ho trovato in bella vista questo appunto: "Sta per arrivare Natale. I miei amici dicono tutti che sono sciocco a credere ancora a Gesù Bambino. Io però spero tanto, anche per il mio fratellino, che i nostri genitori continuino a farci trovare i regali sotto l'albero la mattina di Natale, con le musiche di sottofondo e il presepe al gran completo. Se ci dicessero che è tutta una bugia sarebbe un disastro". Per la verità proprio quest'anno, spinto da fratelli e cognati, progettavo di "alleggerire" il rito. Pensavo di confidare al mio primogenito la verità e di ottenere la sua alleanza per tenere in vita "il gioco" a favore del fratellino. Il suo biglietto, però, ha sconvolto i miei piani. Perchè l'ha scritto? E adesso che cosa devo fare?" Lettera firmata
Caro amico, gli antichi riti del Natale hanno significati psicologici (oltre che spirituali) molto profondi. Per questo molti bambini li amano e preferiscono tenerseli, anche quando si intensificano le pressioni dei compagni "liberi pensatori". Innanzitutto per i bambini la ritualità natalizia è particolarmente importante perchè il suo protagonista è un bambino, Gesù. Quel giorno, dunque, non sono solo i destinatari delle attenzioni dei grandi, ma i veri protagonisti della festa, l'unica grande festa dedicata a un bambino. Anche i regali, la parte più recente del rito, è importante che passino dalla lettera di richiesta a Gesù Bambino che diventa quindi il promotore dei doni, che gli adulti poi acquisteranno. Nella storia della nascita di Gesù, alla base del rito del Natale che sarebbe bene raccontare o leggere dal Vangelo all'inizio della giornata, c'è poi un'intera rappresentazione del mondo che pone al suo centro il bambino e naturalmente ai bimbi interessa molto. C'è il potere-Re cattivo che vuole ucciderlo (Erode), ci sono i Re buoni che vengono da lontano per omaggiarlo (i Magi), i semplici pastori che offrono i doni, il padre e la madre che lo accolgono e lo proteggono. Si tratta di una scena contemporaneamente rassicurante (i genitori protettivi, i sapienti Magi, i bravi pastori), ma anche assai realistica e avventurosa (i pericoli incombenti sul futuro, i nemici dei bambini, la necessità di alleanze difensive). Qualcosa, insomma, di ben più complesso e interessante del semplice scambio di regali destinati a calmare le ansie suscitate dal sistema pubblicitario, e di consumo. Infine, ciò che il bambino coglie solo parzialmente a livello conscio, ma ben più precisamente a livello inconscio, è che quel bambino, rappresentazione dell'Archetipo eterno del Fanciullo Divino, è destinato a cambiare il mondo. Il Natale dunque rappresenta, nel modo profondamente psicologico delle sacre rappresentazioni, una potenzialità e una sfida che aspetta ogni bimbo in quanto individuo nuovo destinato a cambiare il mondo attorno a sé. E che in quel giorno incontra un alleato affascinante, forse decisivo: quel bimbo nato nella mangiatoia, figlio di Giuseppe e Maria ma anche di Dio, che gli consente di immaginare, sia pure nel gioco e nella festa, di realizzare un giorno il proprio destino. Se si sofferma su ognuno di questi aspetti, si renderà conto, caro amico, che lo scenario delineato dal rito natalizio è di una ricchezza psicologica veramente straordinaria. Che spiega bene la riluttanza di molti bambini (come il suo) a rinunciarvi quando, magari inconsciamente l'hanno, seppure in modo oscuro, percepita.
Claudio
Risé
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