Il fantasma del secondo figlio

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 16/07/05. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Sposato da 5 anni, ho una bambina di 4 che  non volevamo far crescere solitaria. Ci sarebbero piaciuti almeno due figli che crescessero  giocando, litigando, rotolandosi per terra. Ma il secondo forse non arriverà più dato che mia moglie ha già 40 anni e diversi problemi ginecologici. Non riusciamo però  a goderci  la vita com’è, con questa bella bambina. Perché i desideri diventano forti e ci sopraffanno?"

Silvio

Caro amico, è molto frequente che ci si costruisca dei desideri che sono, o si rivelano essere, impraticabili. Pur sapendolo, e potendo avere una vita abbastanza felice, noi non li abbandoniamo, e ci consegniamo  quindi ad una più o meno intensa, infelicità. Perché lo facciamo? Una prima risposta ci viene dall’osservazione delle conseguenze che questo comportamento ha sulla nostra vita quotidiana. In particolare, per voi due genitori, sulla relazione con la bambina che si è prontamente presentata per allietare la vostra vita familiare. Proprio come voi desideravate, sia pur con qualche significativa  ambivalenza, che lei racconta nella sua lettera: le difficoltà della vita di oggi, le incognite del futuro per chi entra ora nella vita, eccetera. Il fantasma del secondo bambino, vissuto come illusione (sulla quale ha prodotto lavori interessanti la psicoanalista anglosassone Marion Milner), ha anche qui  svolto la funzione tipica delle illusioni, che è quella di distanziarci dalla realtà oggettiva, di tenerci più  lontani dalle relazioni reali con le quali siamo confrontati. L’attesa, diventata poi delusione, per il bimbo desiderato, è stata per così dire il mezzo attraverso il quale l’equilibrio nevrotico della vostra coppia  è riuscito a non accogliere fino in fondo, con la felicità che il bimbo sempre percepisce, la bambina che c’era già. Proprio così, del resto, funzionano le ambivalenze: dandoci dei mezzi per accettare solo  a metà delle relazioni che in parte, più o meno consciamente, rifiutiamo.  C’è però un altro aspetto importante in queste immagini ideali, illusorie, che ci allontanano dalla realtà, ed è la loro relazione con un Io ideale, con un’immagine ideale di sé, che è influenzata da ciò  che la psicanalisi chiama Super Io, una sorta di “dover essere”, di imperativo morale, o almeno comportamentale. Secondo lei e sua moglie, come racconta,  il “bravo” genitore è quello che mette al mondo almeno due bambini, perché non soffrano di solitudine, e giochino assieme.  E invece ne è arrivato uno solo. E qui si rivela anche il volto di generatore di illusioni del Super Io, con i suoi comandi non sempre realizzabili. Qual è allora l’uscita da questo vicolo cieco, in cui ci cacciano le nostre aspirazioni ideali e i nostri doverismi astratti ? E’ proprio (come suggerisce il sociologo e filosofo Slavoj Zizek), ciò che si oppone al Super Io, e cioè la pulsione, il confronto con  la realtà, con i suoi affetti, e la sua capacità di costruire simboli. Accettando  pienamente la relazione di cuore e di carne con la vostra bimba, potrete aiutarla a costruire un simbolo di fratellanza, che toglierà di mezzo i fantasmi, e consentirà di vivere più felicemente a tutti e tre.   

        Claudio Risé

   

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