Il mondo occidentale ha fatto fuori il padre e la famiglia

da Area

 

 

Il dibattito politico in Occidente, ed anche in Italia, ha un carattere pleonastico. Non va al sodo. Come ha osservato di recente in America il colonnello Olivier North il futuro della società occidentale non dipende da come si libererà dal terrorismo, ma da come e quando ridarà voce e responsabilità alla figura del padre. Il mondo occidentale, attraverso un lungo processo, terminato negli ultimi decenni, ha infatti  letteralmente  buttato fuori di casa il padre, e così, contemporaneamente, "fatto fuori"  la famiglia. L'occidente della tarda modernità è quindi l'unica società  fino ad oggi che si è privata di questi fondamentali strumenti necessari all'individuo per formare l'identificazione di sé, e sviluppare la propria personalità: la figura paterna, e la cellula familiare. Una società siffatta, "senza padri", nella quale tutti dunque rimangono "figli", é, come dimostrano le cronache,  infantile, e sostanzialmente perversa. Perché sia così lo spiego in tutti i miei libri, ma lo faceva già benissimo Sigmund Freud nel 1905, non osando peraltro pensare che le patologie individuali da lui descritte diventassero endemiche, ed addirittura promosse dall'organizzazione sociale, attraverso la "rimozione" della figura che nell'essere umano ne impedisce lo sviluppo: il padre, appunto. Invece ciò è avvenuto, anzi, è questo il modello di cultura dominante. Gli Stati Uniti, pesce pilota, e (assieme alla Gran Bretagna e ai paesi nordici) principale fautore del disastro é oggi il paese più consapevole di questo rischio, e quello che lo studia di più. A differenza dell'Italia, ancora persa in un cicaleccio tardo-femminista, anche perché qui un sociologo, o uno psicologo che voglia studiare i danni della società senza padri teme, giustamente, di non far carriera. Gli Usa hanno ormai meno tempo da perdere: i divorzi sono stati più del 50% nel solo 2001. Quasi nessuno "motivato" (abuso di alcoolici, percosse, o altri fatti accertabili). Quasi tutti  invece "no fault", incolpevoli, e fondati su ragioni psicologiche, difficilmente verificabili: incompatibilità di carattere, non realizzazione delle aspettative della donna, senso di frustrazione. La tendenza è all’aumento: molte previsioni anticipano che i 2/3 degli attuali matrimoni finiranno con un divorzio. Anche la "virtuosa" Italia, però, dal 1980 ad oggi ha più che triplicato il numero dei divorzi, passando da 11.800 a 37.600 nel 2000. Nell’insieme dei paesi occidentali, circa il 70% delle rotture matrimoniali avviene per iniziativa femminile. Anche in Italia, a chiedere la fine dell’unione matrimoniale sono soprattutto le donne, in misura non sostanzialmente diversa dal dato medio occidentale. Il divorzio, di solito, mette, come richiesto dalla moglie,  il padre fuori di casa, separandolo  dai figli. Nel 2000, nell'80 % dei giudizi di divorzio "no fault", incolpevole, le madri hanno ottenuto la custodia esclusiva dei figli, privando milioni di padri, che non avevano fatto nulla di male, del loro diritto costituzionale di prendersi cura, custodire, e nutrire i loro bambini. La preferenza accordata alle madri divorziste, in ossequio al potere politico delle "phallic american woman", non riguarda certo  la sicurezza e il benessere dei figli. Anzi. Secondo il Ministero della Giustizia degli USA, il 70% dei casi di abuso infantile accertato, ed il 65% degli omicidi genitoriali a danno dei figli,  vengono commessi dalle madri, non dai padri. Dopo l'affidamento, le madri ostacolano, in tutti i paesi, l'incontro dei figli coi loro padri, anche se questo atteggiamento danneggia gravemente i figli. Negli Usa, ad esempio, dopo il divorzio, circa il 50% delle madri: " non attribuisce alcun valore nel contatto continuato del padre con i suoi figli", scrive la ricercatrice Joan Berlin Kelly nel suo libro: Sopravvivere alla rottura (Surviving to the breakdown). Naturalmente, gli uomini che tengono alla loro famiglia (che in genere  sono anche quelli che tengono alla società), soffrono di questo meccanismo perverso. In Inghilterra, dal 1970, il suicidio tra gli uomini è aumentato del 72%, mentre quello tra le donne è rimasto costante. Fu appunto nel 1970 che l’ orientamento antipaterno divenne dominante, anche per effetto del l'affermazione del femminismo, le cui leve furono in buona parte assorbite dalla magistratura, e dalle altre professioni attive nella “Fabbrica dei divorzi”, psicologi, assistenti sociali. L'interruzione nella trasmissione della cultura materiale e istintuale maschile, realizzata con la "rimozione" del padre ha prodotto, naturalmente, un indebolimento dell’identità dell’uomo, di cui quella cultura é elemento costitutivo, e fondante. E, contemporaneamente, una grave insoddisfazione nella gran parte delle donne e delle madri, che non si identificano affatto con le starlet delle "Pari opportunità", e non ne possono più di mariti narcisi e figli  terrorizzati dalla vita .Antropologia, biologia, e pensiero filosofico  (Nietzsche e Scheler tra gli altri), sanno bene che il corredo istintuale umano di partenza é debole . L'uomo (non solo il maschio naturalmente) non "é", ma diventa. Per questo la trasmissione “di genere”, é così importante. L’essere umano è infatti l' unico tra gli animali, che nasce non  sapendo "per istinto" come amare, come  fare del sesso, come difendersi e come organizzare i propri affetti e le proprie relazioni. Lo psicanalista e antropologo  Alexander Mitscherlich ricorda (in "Società senza padri") che l’uomo: "non possiede un modello di comportamento ereditario né per far la corte, né per accoppiarsi, e la sua conoscenza su come riconoscere i nemici, non é innata." Ma lo diceva già benissimo Linneo, diversi secoli prima di lui. I politici d'occidente hanno sostituito la "political correctness", e un ossequio formale verso quelle donne che gridano più forte, e sono meno provviste di lealtà verso la famiglia e la società, a queste antiche conoscenze della biologia, dell'antropologia, e della stessa psicologia. Verranno puniti. Dai giovani che in questo servilismo verso gli aspetti più distruttivi del materno hanno perso la giovinezza, e rischiato di perdere anche la vita. Dalle donne, private dalla società similfemminista della virilità dei loro uomini. E infine dagli uomini stessi che, con le loro ultime forze, rovesceranno il cinismo libertino di una cultura di cartapesta.

Claudio Risé

 

Claudio Risé, psicoterapeuta, membro del Consiglio Direttivo  dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia, ha approfondito i temi della cultura "di genere", maschile e femminile, nei libri (tra gli altri) Il maschio selvatico  Red edizioni, giunto alla dodicesima edizione, e Donne Selvatiche. Forza e mistero del femminile. (scritto con Moidi Paregger Risé), Frassinelli 2002 (alla seconda edizione). Di prossima pubblicazione  il libro (dei cui materiali si è giovato quest'articolo): Padre, assente inaccettabile, in uscita presso le Edizioni San Paolo  entro la primavera 2003.

 

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