Fame di eroi

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 23/5/04. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

Dopo il Gladiatore, è il mito cinematografico di Achille ad affascinare i giovani. Con le sue gesta grandiose calate in un clima da guerra infinita. Simile al nostro.

"E adesso anche Troy, questa nuova americanata sulla guerra di Troia. Mio figlio quattordicenne mi ha comunicato che lo vedrà sicuramente, così come continua a rivedersi la cassetta de Il gladiatore, de Il patriota, e tutti gli altri. Sono molto perplesso di fronte a questa indigestione di kolossal di guerra. Bellicismo, ed errori, come Marco Aurelio assassinato da Commodo ne Il Gladiatore. Non sarebbe meglio studiare la storia sui libri?"

Padre stufo.

 

Caro amico, la passione di suo figlio per i film eroico-storici americani corrisponde a dei bisogni psicologici, che devono essere riconosciuti e valutati in relazione alle necessità che li ispirano. Lo psicologo Hans Dichter sosteneva, molti anni fa, che gli americani hanno bisogno di eroi perché "i simboli intellettuali, le  macchine, i prodotti, non suscitano quell'amore, quella simpatia, che la gente è disposta ad accordare a un eroe". Da allora tutto il mondo occidentale, anche quello che disponeva di eroi, è diventato, soprattutto nelle giovani generazioni, simile  all'America. L'accento posto dai media, ed anche dalla scuola, sulle conquiste materiali e scientifiche produce un deficit nelle esperienze di  identificazione umana ed emotiva, che rende i nostri figli e nipoti affamati di eroi e gesta eroiche. Un ragazzino di quattordici anni, come suo figlio, si appassiona a il Gladiatore, e non al Prodotto Industriale Lordo perché il primo gli fornisce un modello di comportamento con cui identificarsi e verso il quale indirizzare le energie, emotive ma anche cognitive, che si stanno organizzando  nel suo sviluppo. Questi film insomma, mettono del pane sotto i denti della psiche di un adolescente in sviluppo, oltre che dell'adolescente ancora presente in ognuno di noi. Non mi sembrano neppure preoccupanti le inesattezze che di solito infiorettano questi films, come quelle comparse  ne Il Gladiatore. Dobbiamo essere realistici e sapere che  questi ragazzi hanno con la lettura una dimestichezza sempre più rara. L'accesso alla cultura dei ragazzi, per ragioni complesse di cui la più evidente (ma non l'unica) è l'invadenza televisiva, passa dall'immagine. Quindi, data l'importanza, non solo emotiva, di queste narrazioni storiche, meglio che vi accedano attraverso un film, sia pure impreciso, piuttosto di non conoscerle affatto. Una volta familiarizzati con le vicende del film, avranno sempre il tempo di approfondire e precisare i giusti termini della vicenda con un buon manuale. Ma c'è anche un'altra ragione, più specifica, per considerare utili strumenti psicologici Troy, e i suoi successori, come il film in arrivo su Re Artù, o quello su Alessandro che concluderà quest'annata di film bellicosi. La vita nel nostro  mondo occidentale è ormai caratterizzata, dall'attentato alle Torri gemelle in poi, da un continuo stato di guerra. Si tratta di un clima psicologico del tutto nuovo, attraversato da un immaginario pauroso e inquietante, ricco di elementi eroici, ma anche criminali, che comunque mette alla prova personalità formate in altri contesti, e in un diverso immaginario. In questa situazione film come Troy, focalizzati , come ha più volte detto il suo regista Wolgang Petersen, ad illustrare gli aspetti umani, eterni, della lunga guerra narrata da Omero, possono fornire materiale psicologico, emotivo ed immaginativo, utile ad aiutare, soprattutto i più giovani, nell' elaborare la nuova condizione psichica in cui  ci troviamo: una situazione di guerra di cui non si intravede  la fine.

      Claudio Risé

   

Torna all'Archivio Psiche Lui Anno 2004

Vai al sito www.claudio-rise.it