L'ex moglie e la biancheria maschile        

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera". 

"Frequento un uomo con cui c’è affinità e feeling. Una cosa mi turba. Separato di fatto dalla moglie, ma senza volerlo sancire legalmente, abita in una casa vicina, con libero accesso l’uno alla casa dell'altro. Lei gli fa le pulizie e lava e stira la biancheria. Lui sembra intelligente e sensibile, ma dietro questo fatto pratico percepisco un'idea del femminile non sana. Sono indecisa se dare spazio a questo sentimento nascente". 

Cara amica, la sua lettera così prosegue: “essermi accorta che lui porta  a questa donna le lenzuola dove noi abbiamo dormito... beh mi pare un atto di forte disprezzo verso il femminile. Non  mi sembra che la mia sia gelosia: non ambisco ad una convivenza, e questo suo modus vivendi va avanti da molto tempo, anche nelle sue relazioni precedenti. Sento però che è un gesto rivelatore di come lui vive le donne, anche se non so perché”. Il fatto è che ciò che un uomo fa della sua biancheria è sempre un test particolarmente preciso della sua maschilità, e quindi del suo rapporto con le donne. L’uomo dipendente dalla madre, ad esempio, continua a portarle la biancheria (o lasciare che lei se ne impossessi), anche per anni dopo che è uscito di casa. D’altra parte chi aveva con la moglie un rapporto “da figlio”, finalizzato all’appagamento dei propri bisogni, a volte cerca di continuarlo nello stesso stile, chiedendole (o consentendole), di occuparsi della sua biancheria. Lenzuola, mutande, e tutto il resto, sono la mappa geografica della propria intimità, che le madri morbose spiano con attenzione, confermando a loro volta la propria dipendenza dal corpo del figlio. La comunicazione e l’affidamento della  biancheria, continua così a mantenere in vita aspetti fusionali del rapporto col materno, e col femminile in generale. Dietro l’aspetto di una strumentalizzazione pratica da parte dell’uomo (che anche esiste, ma ha costi ben più elevati della lavanderia), si mantiene così, per entrambi, un legame di dipendenza simbolica, che ha al suo centro la relazione di tipo feticistico della donna-madre con l’intimità del maschio che (apparentemente) non gli appartiene più. Lei ha ragione di notare un tratto di disprezzo verso il femminile cui è consegnata la biancheria; ma questo fa parte del potere che le viene consegnato affidandole la propria intimità. I padroni vengono anche disprezzati, soprattutto quando illegittimi. Questo gesto di vessazione verso il femminile segnala dunque, e malamente maschera, una sostanziale debolezza dell’identità maschile, che non si riconosce neppure in grado di amministrare gli aspetti pratici della propria intimità e sessualità. Come lei sta sperimentando, questa fragilità è particolarmente pericolosa e umiliante soprattutto  per la donna che affida i propri sentimenti ad un maschio così, incapace di tutelare, con la propria intimità, anche quella delle sue donne. Che rischiano di diventare dissimulata merce di scambio con l’unica donna che veramente lo possiede: la madre, e le sue successive controfigure (come l’ex del suo amico). 

Claudio Risé

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