Diritto alla sensibilità       

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 3/02/07. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

   

"Ho ventidue anni. Bambino ipersensibile, mi sentivo affine a mia madre. Nell’adolescenza mi sono  femminilizzato, soffrendone molto. Ho lasciato gli interessi di mio padre (disegno, sapere artigianale), dove riuscivo benissimo. Ora, trovo nell’architettura, una possibilità di completezza. Sento però la mia sensibilità come diversa dal maschile. Forse perché non si riconosce al maschio una sensibilità?"

Lettera firmata.

Caro amico, la sua lettera esprime bene le difficoltà dello sviluppo dell’identità maschile, oggi. Che iniziano nella forte empatia infantile con la madre, cui il bambino rimane unito, anche, per la potente esperienza simbiotica della gestazione  e della prima infanzia. Una fusione che deve essere interrotta dal padre, il quale però  spesso non lo fa. Se lo fa, non ha più l’appoggio del modello culturale, ormai in  parte inconsapevole di come la nascita della soggettività avvenga anche con una presa di distanza dal mondo materno. Fortunatamente, però, lei ha vissuto già, tra infanzia e adolescenza, quell’allontanamento, anche se ancora inconsciamente. Mi scrive, infatti, nella sua lettera che ha sperimentato, in quel periodo: “un bell’ intermezzo maschile: la fase più felice della mia vita.”  Quella fase, dunque,  fortunatamente c’è stata, e le ha lasciato un’impronta di pienezza e di felicità, che è ancora oggi la base sulla quale lei sta costruendo  il suo percorso maschile. E’ difficile infatti trovare ed affermare la maschilità finché rimane un’idea astratta, mentre diventa molto più semplice quando invece la sperimentiamo (magari per brevi periodi) già nell’infanzia, nella relazione con gli amici, col padre, nei giochi e negli sport. Poi però, nell’adolescenza, l’emotività a 360 gradi di un ragazzo sensibile e curioso, e, mi scrive “l’atteggiamento femminile ed estetizzante dei tanti intellettuali alla moda, mio nutrimento e modello in quegli anni adolescenziali,” hanno dato un forte colpo di barra al suo sviluppo culturale e affettivo. Liquidando il mondo del padre, quello del fare con misura e creatività (con righello e sguardo all’armonia delle realizzazioni), come arido e materialista, e immergendola nelle speculazioni filosofiche e letterarie, viste, mi racconta, come tormento ed esasperazione emotiva. Ci ha sofferto, perché proprio quel mondo solo mentale, staccato dal fare e dal progetto umano, si rivela poi il più arido, e soprattutto perché non era il suo. Ma se ne è anche stancato, riunendo i diversi aspetti della sua personalità nella formazione in architettura,  che ( mi scrive) “ fonde ingegneria ed arte (paterna), con le scienze umane (mie).” Ora che si è riunito al mondo del padre, nel fare e nel conoscere, non le resta che lasciar cadere il pregiudizio che nega la sensibilità maschile, ed invece valorizzarla. Proprio nel suo mondo, del fare e conoscere, e non delle parole vuote, o emotività separate dal progetto umano.

Claudio Risé

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