Non riesco a dirgli no         

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 12/02/09. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Non riesco di dire “no” a mio figlio, 16 anni. Sono separato, lo posso vedere solo in tempi molto ristretti, e non riesco a proporgli, anche lì, delle frustrazioni: la rinuncia alla merendina tossica, al gadget che mi chiede, al film scemo per uno più impegnativo. Mi “vuole bene”, ma mi rendo conto che per lui il tempo passato con me è sottratto a quello che vorrebbe passare coi suoi adorati amici, al di fuori dei quali non ha veri interessi. E quindi mollo su quasi tutto."

Caro amico, il rapporto tra padre separato, non affidatario e con moglie ostile (come lei spiega nella sua lettera), e il figlio adolescente è difficile, anche perché organizzato in modo generalmente innaturale. Il figlio non vede affatto  il padre nella sua quotidiantà di lavoro, di rapporto con le cose della vita di ogni giorno, che è quello dove il genitore può proporre, silenziosamente e con l’esempio, un suo stile, una sua proposta, trasmettere la sua esperienza, ma come “intrattenitore” del figlio. Però  un adolescente oggi, totalmente  identificato com’è col “gruppo dei pari”, gli amici e coetanei, non ha voglia di essere intrattenuto dal padre. D’altra parte, la funzione del padre non è, se non marginalmente, quella di intrattenere il figlio, ma appunto quella di trasmettergli, nell’affetto, una visione del mondo, una proposta educativa, con cui il figlio possa confrontarsi, e crescere. L’altra, importantissima, funzione paterna sarebbe quella  di aiutare il figlio a separarsi dalla dipendenza fisica, psicologica e simbolica dalla figura materna: ma questo aspetto è per solito ignorato dalle norme che organizzano la vita del figlio nella separazione, e quindi impraticabile. Stretto tra queste contraddizioni, il padre vive il breve incontro col figlio come una  rassicurazione affettiva, dove far sentire al figlio il proprio affetto attraverso una serie infinita di sì. Come fa lei. Così, i padri separati finiscono a volte col dimenticare che, al di là di cosa accade in questi incontri, i figli hanno un bisogno profondo di incontrare il padre, di vederlo, di spiare chi è, cosa e come sia la sua vita. E’ il profilo ed i contenuti di questa figura paterna che bisognerebbe lasciar intravedere, naturalmente senza proporla retoricamente come esempio, nell’incontro coi figli. Il padre è un personaggio centrale nel romanzo familiare, nel quale comunque nasce e si forma la vita  dei figli, anche dopo la separazione. E’ necessario però ricordare questo aspetto paterno profondo (quello che interessa davvero ai figli), per evitare di ridursi a intrattenitore di un parco a tema. Occorre guardare discretamente nella loro adolescenza per identificarne interessi e orientamenti, e, intanto, lasciar vedere qualcosa di sé, diverso ma non troppo distante da loro: nello stile di vita, nello sport, nei gusti, su cui poi costruire. Certo, è tutto difficile, delicato, lento. Tutte caratteristiche del padre nella vita dei figli: suoi effetti si manifestano lentamente, e pazienza e dono disinteressato decidono dell’esito.

Claudio Risé

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