Diciamoci tutto. O no.

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera". 

"Credevo che il nostro rapporto fosse ormai abbastanza solido. Quindi ho detto tutto alla mia ragazza quello che non mi piaceva di lei: quando se la tira un po’ troppo (abitudine di famiglia, madre e sorelle comprese), quando se ne frega degli altri, quando gioca alla Paris Hilton, ed altre due o tre cose. Si è offesa a morte, ed è diventata freddissima. Ma nel rapporto non si dovrebbe essere sinceri?"

Giovane sconcertato

Caro amico, questa questione del “quando si ama bisogna dirsi tutto”, è una delle mine vaganti del galateo amoroso. Anche se il bisogno di essere autentici verso l’altro appartiene certamente agli aspetti profondi del rapporto di coppia. Occorre quindi molta sensibilità quando si decide di “vuotare il sacco”, ed essere, almeno in parte, sinceri. Da una parte, infatti, non c’è dubbio che sulla dissimulazione o   la menzogna, non si può costruire niente di solido. Dall’altra, le persone innamorate  non sanno che il loro occhio amoroso, quindi esigente, può arrivare a vedere l’altro con lucida crudeltà, che non può quasi mai essere dichiarata senza mediazioni. L’idealizzazione dell’altro, che è tipica dell’innamoramento, ci fa essere implacabili verso i suoi “difetti”, vale a dire quegli aspetti in cui l’altro  non è, o almeno non appare, come noi lo vorremmo. Siamo, insomma, giudici severi proprio perché amiamo. Anche se, nell’idealizzazione dell’altro giocano anche le pretese dell’ideale dell’Io (aspetto legato spesso al narcisismo, non sempre con risultati positivi). Oltre tutto, raramente siamo obiettivi. Ciò che non sopportiamo nell’altro, infatti, contiene quasi sempre aspetti della nostra personalità, della nostra parte femminile, o addirittura della nostra intollerabile Ombra, che proiettiamo facilmente sulla persona amata, perché trasportati dalla passione del sentimento, e dal turbamento che l’affetto intenso porta con sé. Tutto ciò non significa che le sue critiche, come quelle di ogni persona innamorata, non abbiano senso. Dovrebbe però aiutarla a riconoscere che si tratta di una miscela immediatamente esplosiva, nella quale è difficile riconoscere cosa riguardi l’uno e cosa l’altra. La sua delicatezza è inoltre aumentata dal fatto che gli aspetti psicologici coinvolti non vengono comunque riconosciuti e sono rifiutati, sia dall’uno che dall’altro. Nella difficile operazione di dirsi la verità su ciò che dell’altro non ci piace, bisogna poi fare molta attenzione a due aspetti. Innanzitutto (come nello sgridare un bambino), occorre premettere e accompagnare il tutto con una conferma del proprio amore. E’ perché amiamo che diciamo cosa non ci piace; bisogna ricordarlo perché nell’altro (ma anche in noi) non si  formi un’immagine scissa, di una persona che da una parte ama, dall’altra odia. Il secondo è fare attenzione di non attaccare aspetti che riguardano (consciamente o no) l’identità stessa dell’altro. La famiglia, il genere,  l’etnia, i sentimenti religiosi, vanno avvicinati con delicatezza, perché l’altro non si senta attaccato nel Sé, e costretto quindi a rompere.

Claudio Risé

Torna all'Archivio Psiche Lui 

Vai al sito www.claudio-rise.it