Di soldi non si parla

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 10/05/03. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

 

Il denaro è un argomento che spesso in famiglia viene "rimosso". Perché i genitori lo vedono come uno strumento di potere e controllo. Che impedisce ai figli di crescere.

«Sono un ragazzo di 20 anni e vivo in provincia di Brescia. Il mio problema sono i pessimi rapporti che ho da qualche tempo con i miei genitori. Qualche volta ho avuto addirittura l'istinto di picchiarli. All'origine di questo mio astio ci sono i soldi e la mancanza di chiarezza manifestata in più occasioni da mio padre e da mia madre su questo argomento. Per rendermi un pò indipendente da loro, mi do da fare dopo la scuola con lavoretti poco impegnativi. Ma i soldi che guadagno - li deposito sempre in un cassetto - vengono regolarmente intascati dai miei che non pensano affatto a restituirmeli. Anzi, si lamentano se chiedo qualcosa per uscire il sabato sera con gli amici. Se almeno mi dicessero "Non possiamo permetterci molto, vedi di regolarti con quello che ti diamo". Invece a parole sono il massimo della generosità e dell'intraprendenza ("Vai, compra, fai..."), ma poi quando bisogna sborsare cambia tutto. Mi sento confuso. I miei genitori mi sembrano due sconosciuti: ciò che dicono non è più verità assoluta. Non mi fido più di loro».

Giovanni, Brescia

 

Caro amico, i soldi le interessano molto. Come racconta nella sua lettera, fin da ragazzino era un piccolo affarista, che "non faceva niente per niente" e trovava il modo di autofinanziarsi con abilità. Sembra però che il denaro importi anche ai suoi genitori che tuttavia non sono altrettanto franchi nel dichiarare questo interesse. Non è strano che i suoi introiti contribuiscano a finanziare la gestione familiare. A condizione però di discuterne con chiarezza, precisando bene i doveri, ma anche i diritti, di ognuno dei membri che contribuiscono. Il denaro è invece il grande "rimosso" della sua come di moltissime famiglie italiane, passate in un tempo abbastanza breve da una condizione spesso modesta a una di relativa agiatezza, anche grazie al lavoro di tutti i membri della famiglia, figli compresi. In queste famiglie di denaro si parla poco o niente, anche perché i genitori non sono stati educati a farlo, dato che una volta non ce n'era. Lo stile rimane dunque apparentemente quello della famiglia di una volta: i guadagni vengono incamerati dalla madre, o dalla coppia genitoriale, che finanzia poi, a suo piacimento, i bisogni dei ragazzi. Questo modello rischia però di compromettere i rapporti affettivi tra genitori e figli. Si riconosce ai figli una capacità adulta di contribuire alla famiglia, senza però attribuire loro una dignità equivalente. In questo status ambiguo di adolescente-studente, che è anche un adulto-lavoratore, il giovane non può godere la spensieratezza dell'adolescenza, ma non è neppure messo in grado di crescere, di diventare davvero grande. Come si vede bene nella sua lettera. I suoi genitori la trattano come un bambino costringendola ad elemosinare anche gli euro per il barbiere. Ma lei, d'altra parte, sta al gioco "dimenticando" i suoi stipendi nel cassetto, anche se da quel cassetto sono stati ripetutamente prelevati. Forse lo fa perché da qualche parte sente ancora bisogno di guida da parte loro; le piacerebbe che ciò che dicono fosse ancora verità "assoluta". E la scoperta che così non è, che anche i genitori hanno ambiguità e confusioni, la riempie di aggressività contro di loro. Questa è, tuttavia, caro amico, la realtà. E' ora che lei si prenda la responsabilità dei soldi che guadagna, come in genere della guida della sua vita. Non sarà facile, ma solo così diventerà un uomo, e le sue rabbie infantili contro i genitori potranno finalmente sciogliersi. Lasciando spazio al vero, profondo, contenuto dei legami familiari: l'affetto. Non più inquinato dalla confusione dei soldi in banca.  

Claudio Risé

   

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