Da chi sono nato?

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 30/04/05. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

"Sono sposato, e padre adottivo di un ragazzo di 16 anni e una ragazza di 22. Il piccolo fin  dai quattro anni ha chiesto di vedere la mamma che l'ha tenuto in pancia. Nell’adolescenza ha espresso di nuovo la curiosità di conoscere i genitori d'origine. Per entrambi, la ferita dell'abbandono è emersa più volte, assieme alla domanda "da dove vengo, chi sono i miei genitori"? Perché queste domande, e come rispondervi?"

Marco, Brescia

Caro amico, il bisogno di conoscere chi è all’origine della propria vita è molto profondo. Non si tratta affatto di una curiosità, “costruita dalla cultura” dominante, come si dice oggi sbrigativamente di molte questioni che compaiono  nella vita familiare. E’ una necessità innata, che influisce sullo svolgimento della vita.  Anche per questo   il governo inglese, tenendo conto dei guai  prodotti dalla precedente legge sulla fecondazione eterologa (che lasciava anonima l’identità del donatore), l’ha modificata un mese fa, prevedendo il riconoscimento, a richiesta dai figli maggiorenni, e le responsabilità affettive, di chi ha fornito sperma od ovuli per generarli. La commissione inglese di bioetica, cui il governo ha dovuto sottoporre la nuova legge, gli ha dato ragione, stabilendo che: “il segreto non è nell’interesse dei bambini, ed esiste un diritto a conoscere le proprie origini genetiche”. I genitori biologici sono  figure dell’origine, rappresentative delle prime radici dell’individuo, e quindi l’interesse psicologico verso di loro è, a livello profondo, sempre presente. Il padre rappresenta la prima origine, colui che ha messo in moto il processo da cui è iniziata la vita dell’individuo, e ad esso è simbolicamente legato l’aspetto dinamico, il movimento della vita. La madre rappresenta l’accoglimento originario, fin dall’esperienza prenatale, che rimane presente nella psiche individuale  come humus primario delle esperienze emotive e affettive. Questi aspetti profondi della psiche umana, di cui anche il dibattito sugli interventi tecnologici sulla fecondazione farebbe meglio a tenere conto (come ha fatto, appunto,  la HFEA, la Commissione di bioetica inglese), emergono anche nell’esperienza dell’adozione. I genitori adottivi sono i nuovi volti, quelli attuali,  delle figure genitoriali. I bisogni affettivi (oltre che esistenziali) cui essi assolvono sono immensi, anche perché devono col loro amore riparare a quella “ferita dell’abbandono” sempre presente, anche se in forme diverse, nelle storie di questi bambini. Più l’esperienza riesce, e più il rapporto dei figli coi genitori (quindi anche quelli dell’origine), viene risanato, gettando così le basi perché anch’essi diventino figure umanamente accolte. Questo risanamento comporta dunque la trasformazione del rapporto coi genitori originari, che ora vengono, comunque, amati. Tutto ciò può avvenire sul piano interiore, affettivo-simbolico, o coinvolgere anche curiosità e ricerche sui genitori dell’origine. Che non vanno ostacolate, per non trasformare in fantasmi aspetti costitutivi dell’identità.

        Claudio Risé

   

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