Crocerossina e tredicenne
Dalla
rubrica info/psiche lui, Io
Donna, allegato al Corriere della Sera, 8/11/03. E’ possibile scrivere a
Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli
4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it
Che cosa spinge un giovane di 26 anni verso ragazzine in difficoltà? Un trauma lontano. Che bisogna elaborare. Per evitare di proiettarlo nelle storie altrui.
«Ho 26 anni, e tre anni fa ho incontrato la donna della mia vita. Intanto, però, ho numerose storie parallele. Quando incontro ragazze spente, problematiche, pur sapendo di volere la mia ragazza, regalo loro ottimismo, e amore "recitato". E' più forte di me. Poi le lascio quando ce la fanno da sole. A tutti però, compresi i miei genitori, che mi hanno sempre confidato i loro pensieri più intimi, io non dico nulla di me. E provo rancore per l’episodio cui devo ciò che sono ora. A tredici anni, aiutando due donne a portare la spesa, sono stato trascinato in un appartamento, dove c'era un uomo, e ho subito violenza sessuale. Palpeggiamenti spinti e qualche foto. Amici, e soprattutto famiglia non hanno minimamente sospettato. L'essere sopravvissuto (ero convinto mi uccidessero), mi fa amare molto la vita. Potrebbe essere questa la causa del mio spirito da "crocerossina" che mi spinge a vivere i dolori altrui, e mi fa anche star male se non riesco ad aiutare? Non voglio perdere la mia donna, ma non riesco a non essere attratto dalle altre come "tredicenni in difficoltà di cui nessuno ha compreso il dolore"».
Chicco, Milano
Caro amico, è molto probabile che lei proietti sulla donna nei guai quel tredicenne in gravi difficoltà che è stato lei, e che sia questa la molla che la spinge a cercare di aiutarle. Affastellando quindi, attorno al suo rapporto principale, molte e problematiche storie parallele. Vediamo però meglio cosa questo significa. Assistendo queste donne lei inconsciamente “cura” anche la tredicenne nei guai che ancora chiede aiuto e attenzione dentro di lei. Si tratta di una parte femminile (sempre particolarmente forte negli adolescenti), probabilmente gentile e altruista, visto che tutto l’episodio comincia con l’aiutare a portare la borsa della spesa a due donne. Il trauma provocato dalla violenza ha bloccato almeno in parte il suo sviluppo affettivo, “fissandolo” su quella figura. Che lei ora ansiosamente spia nelle altre, per cercare di ritrovarla, amarla, e superarla. Poiché però si tratta di un processo che si svolge a livelli in gran parte inconsci, il problema non è mai risolto, e, una volta “sistemata” (almeno nella sua fantasia), una tredicenne nei guai, si mette subito alla ricerca della successiva. Insomma, mentre pensa che loro siano dipendenti da lei (come dice nel resto della sua lettera), in realtà, almeno in parte, è lei dipendente da loro. Solo in parte però: c’è infatti, e per fortuna, anche un aspetto più adulto, con il quale lei s’identifica più pienamente, che è quello che ha saputo riconoscere con chiarezza un proprio oggetto d’amore, ed a quello vorrebbe restare affettivamente fedele. Accanto alla tredicenne nei guai c’è insomma, ed in posizione di preminenza a livello conscio, un ventiseienne che vorrebbe sposare la donna amata, ed invecchiare con lei. Quest’individuo adulto ha però la vita difficile, non tanto per gli impulsi altruistici della “crocerossina” di cui lei riconosce le tracce nelle sue “storie parallele”, ma dalla spinta narcisistica di continuare ad occuparsi di sé (la tredicenne nei guai), invece che di quell’oggetto d’amore in carne ed ossa rappresentato dalla sua donna. Insomma, continuare ad occuparsi della sua adolescenza, attraverso le storie degli altri, è anche un modo di non accettare di crescere, e di uscire dalla contemplazione complice e affascinata di quel/quella tredicenne che lei fu. Non le sto chiedendo, naturalmente, di mettere a tacere il dolore, e lo spavento per quell’episodio. Credo anzi che esso richieda un’apposita, e specifica, elaborazione (per esempio in una vera psicoterapia), anziché essere confusamente rivissuto e proiettato nelle storie degli altri. A quel punto la sua identità di giovane uomo adulto, dopo aver affidato la cura della tredicenne allo psicoanalista (dopotutto è il suo “mestiere”), potrebbe più agevolmente proseguire nei suoi progetti di vita a due.
Claudio
Risé
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