Amore a due facce

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 7/8/04. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

Ora estraneo ora dipendente. Può depistare la partner l'ambivalenza difensiva di chi sta cercando un porto sicuro, dopo un passato segnato dalla solitudine

Il ragazzo con cui sto da alcuni mesi non è italiano, e a 16 anni ha interrotto definitivamente i rapporti con la famiglia che lo maltrattava. In seguito ha finito gli studi, girato il mondo, ha sempre lavorato è stato in Italia dove ha vissuto 12 anni. Ma tranne alcune parentesi sentimentali, è cresciuto solo, e lo è rimasto sinora. Ora ci sono anche io, ma  spesso mi accorgo di momenti in cui lui mi appare  assente, è come se per lui fosse la stessa cosa stare con me o con qualcun altro in un altro posto. Temo inoltre che, pur volendo bene a questa persona, il suo passato possa renderlo dipendente emotivamente da me, nel momento in cui pretende che io oltre che da ragazza e forse moglie, chi lo sa, assolva anche il ruolo mancante dei genitori che ha perso nel periodo più delicato della sua vita

Lettera firmata

Cara amica, dalla sua lettera emerge un vissuto ambivalente. Da una parte è come se lamentasse una distanza, una ricorrente estraneità, da parte del suo amico. Dall'altra è come se temesse un rischio di eccessiva dipendenza, una richiesta di vicinanza costante ed assoluta. E' un vissuto, il suo, molto frequente nelle persone che accolgono, si aprono, a uomini (o donne) che sono cresciuti al di fuori dell'esperienza familiare, in situazioni di solitudine, o di comunità  istituzionalizzata. Con l'assenza della famiglia, infatti, viene a mancare (come lei osserva nella sua lettera), l'ambito nel quale il giovane individuo conquista, nel confronto affettivo e normativo coi genitori, l'esperienza psicologica della libertà. E con essa la capacità di avvicinarsi e allontanarsi  dall'altro, il proprio oggetto d'amore, mantenendo sempre, tuttavia, una stabile presenza affettiva. E' proprio l'alternarsi, in famiglia, di conflitti e di momenti di intesa, in un contesto tuttavia caratterizzato dalla permanenza di un affetto sicuro, che addestra l'individuo ad "esserci", nel rapporto, senza né allontanarsi freddamente, né vampirizzare il partner con richieste di attenzione continua. Quando quella sicurezza affettiva è invece mancata, abbiamo l'altalena che lei lamenta, tra estraneità, e dipendenza.  Del resto, ciò purtroppo non riguarda solo chi è fuggito da casa, ma anche chi è rimasto in famiglie patologiche, o dissoltesi nel conflitto, senza solidarietà tra i loro membri. Per fortuna però, quell'esperienza di presenza affettiva, nella libertà, che mancò nell'infanzia può essere, almeno in parte, recuperata in età adulta. Soprattutto quando  il soggetto ha fatto buon uso della solitudine forzata, come sembra aver fatto il suo amico che ha messo a frutto questi anni difficili per costruirsi una personalità in grado di affrontare le prove della vita, senza scivolare in regressioni infantili. In questi casi è molto importante che il partner non cada nel panico nei momenti di allontanamento "freddo", ma faccia sentire la sua calda presenza, in modo non invasivo e verbale ma magari con un gesto, un segno di affetto. E che sappia accogliere le richieste di dipendenza, restituendo poi però subito all'altro la consapevolezza della sua libertà, della sua autonomia, di individuo amato ma non imprigionato, né imprigionante. Insomma: "hai bisogno di questo, e te lo do. Ma questo non fa di te il mio schiavo, né di me la tua schiava (o madre devota, e onnipotente)." Tutto ciò, naturalmente, non è affatto semplice. Si tratta di diventare una buona terra, stabile e sicura, per  qualcuno che finora non ne ha mai avuto una. E che quindi non si fida facilmente. Ma che tuttavia desidera più ogni altra cosa di poter poggiare su una buona terra, su un femminile fecondo e fidato, che non lo tradisca.

Claudio Risé

   

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