L'affettuosità dei padri        

Dalla rubrica  "Psiche lui" di Claudio Risé, in Io Donna, allegato al "Corriere della Sera", 24/03/07. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

   

"Mio marito è superaffettuoso coi nostri due figli, il maschio (8) e la bimba (5). I fine settimana li passano giocando assieme, ed anche molte serate. Un fratellone. Quando li deve punire però, soffre, si defila, e spesso  non lo fa per niente. Confesso di essere un po’ gelosa. Io sono meno brava a giocare, ho meno fantasia. E poi, tutta questa tenerezza, non finirà col ledere la figura del padre che dà norme (che infatti fatica a dare)? Vedo che anche tra altri papà il fenomeno è diffuso. Che si fa?"

Lettera firmata (una madre)   

Cara amica, l’uomo, e quindi anche il padre di oggi, è alla ricerca di una tenerezza che era andata  in gran parte smarrita nelle precedenti generazioni di maschi, e questo influenza molto le sue relazioni coi figli. I padri degli uomini della generazione di suo marito non erano già più i maschi autoritari di cui ci parlano le narrazioni dell’800. Erano però freddi, poco comunicativi, e spesso depressi. Ciò nasceva da quella separazione dall’”anima”, dalla parte femminile del maschio, che caratterizza la storia maschile dall’800 in poi. Un auto-espropriazione, quella compiuta dagli uomini a partire da allora, che li ha separati, anche, dall’allegria, dal gusto del gioco, dalla fantasia, dal mito. Quando  cominciarono ad aprire gli occhi, e ad accorgersi di tutta la ricchezza cui avevano rinunciato, si rivolsero spesso alle donne, in cerca di insegnamenti sui percorsi dell’anima, dell’emozione, e dell’affettività. Anche le donne, però, stanno compiendo ora lo stesso percorso degli uomini di cent’anni prima: l’affermazione economica, la carriera, lo sviluppo di un’assertività a volte  dura. Per l’uomo di oggi, spesso, la donna non è più un’affidabile e interessata guida al sentimento: ha molti altri interessi, altro da fare. E’ in questo quadro che prende forma la riscoperta da parte degli uomini-padri dell’enorme ricchezza rappresentata dal rapporto coi bambini: una relazione che spalanca loro tutta la ricchezza del mondo dell’anima, che avevano smarrito. Libero dal razionalismo ristretto, e a volte gretto, del mondo professionale, col suo accesso al mondo dell’emozione, dell’affettività, della fantasia, il rapporto coi figli è per l’uomo d’oggi fortemente terapeutico. Gli apre  percorsi vitali e sconosciuti, di cui ha  bisogno per ritrovare il gusto per la vita, dopo la visione sacrificale (ed insieme materialistica), del mondo dei loro padri, e nonni. Per questo anche, sono sempre più spesso autenticamente disperati quando una separazione li separa dai loro bambini.  Non c’è rischio che in questi rapporti i nuovi padri “utilizzino” i figli, senza dare veramente loro ciò di cui hanno bisogno? Innanzitutto, quest’iniezione di affettuosità, fantasia, ed emozioni, che i bimbi ricevono dai loro padri, è sicuramente benefica. Soprattutto oggi, quando anche il materno, come lei racconta nella sua lettera, ha difficoltà ad esprimere queste fondamentali  esperienze affettive. Poi certo, bisogna che i padri accettino anche la parte “dura” del loro mestiere. Ma forse ci metteranno un po’. 

Claudio Risé

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