E' affetto o amore?
Dalla
rubrica info/psiche lui, Io
Donna, allegato al Corriere della Sera, 27/09/03. E’ possibile scrivere a
Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli
4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it
A volte la prospettiva di un duraturo progetto di vita crea inquietudine. Perché nella nostra cultura la smania di novità coinvolge anche la sfera dei sentimenti.
«Ho 24 anni, e dall'età di 19 ho un rapporto con una ragazza di due anni più giovane di me. Passata l’iniziale passione e coinvolgimento, mi ritrovo adesso con una prospettiva di vita praticamente scritta: finirò presto l'università, mi troverò un lavoro e, quando me lo potrò permettere, convivrò con la mia ragazza in prospettiva di un futuro matrimonio. Prospettiva che, adesso, trovo inquietante: ho passato molta della mia giovinezza con questa ragazza, e l'amore e la passione si sono tramutate nel tempo in sicurezza ed affetto. Mi ritrovo a pensare: "Ma sono ancora innamorato di lei, o ciò che mi lega è soltanto un circolo vizioso di abitudini ed affetto?". Tuttavia la prospettiva di perdere questo legame mi terrorizza. Ho posto alla mia ragazza questi quesiti, ed il tutto è sfociato in una crisi e nella decisione di un periodo di pausa per chiarire i miei sentimenti (lei, per i suoi, dice di non avere dubbi). Mi trovo in una situazione molto delicata, importante per la mia vita. Cosa provo io per lei? Affetto o amore?. Domanda forse banale, ma risposta difficile. Ora sono praticamente single, tuttavia lei (giustamente) vorrebbe delle risposte, entro un periodo di tempo non eccessivamente lungo».
Anima in pena
Caro amico, la sua incertezza nasce, almeno in parte, da un pregiudizio diffuso. Che la sua lettera rivela bene quando, per descrivere il rapporto con la sua ragazza, parla di: “circolo vizioso di abitudini ed affetto." Cosa c’è di vizioso nelle abitudini, e nell’affetto? Nulla, naturalmente. Le abitudini scandiscono, danno ritmo e forma alla nostra vita. E l’affetto è il sentimento che ci spinge ad aprirci all’altro, ad accoglierlo, a prendercene cura, e ad accettare che faccia altrettanto con noi. Tuttavia quando la vivacità, ed anche la confusione, della passione lascia spazio ad un sentire più stabile e tranquillo, che consentirebbe la crescita di altri sentimenti, duraturi, come la stima, la solidarietà, la tenerezza, ci preoccupiamo e pensiamo di non essere più innamorati (e non solo alla sua età). Il nostro modello culturale ci ha abituato ad identificare l’amore con la passione, o ciò che si presenta come tale: turbamenti improvvisi, spinte abbandoniche verso i legami esistenti, rotture e nuovi inizi. In fondo, modello culturale e media, ci hanno abituato a considerare amore solo il “nuovo” amore, quello che si instaura abbandonando il precedente. L’unico amore davvero riconosciuto é quello che ne spazza o cancella un altro, per poi fare prima o poi la stessa fine. Infatti, nella sua lettera, lei mi chiede cosa ne penso del consiglio di chi le propone di “sentirsi davvero” single, per vedere se le viene voglia di avere altre storie, e provare così la vitalità di quella in cui si trova. Le sue perplessità e paure ad uscire da questo legame provano già che si tratta di una relazione viva, e vitale, come la sente la sua ragazza. Ma è proprio delle relazioni vive e vitali la loro tendenza a trasformarsi, a diventare progetto di vita, condivisione piena, matrimonio, famiglia. E’ il destino naturale dell’innamoramento, quando è saldo e fondato; come l’albero che quando è pronto, comincia a dare i suoi frutti. Ma questa prospettiva di crescita, mi sembra, le suscita paura. Alimentata, anche, dal consumismo che caratterizza ogni aspetto della nostra cultura, dove tutto ciò che dura è considerato di minore valore della “novità”, come se una relazione affettiva andasse giudicata come un abito. La vita dei sentimenti possiede però esigenze e funzioni del tutto diverse da quelle del “sistema moda”: essa è finalizzata a creare una trama affettiva abbastanza e forte e stabile da accompagnare l’esistenza e la maturazione dell’individuo nel corso della vita. La lunga durata non è dunque da considerarsi un demerito della relazione, ma piuttosto un indice della sua capacità di durare ancora di più, e di accompagnarci negli anni a venire.
Claudio
Risé
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