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SCUOLA E TOSSICODIPENDENZA

 

Quando si parla di coinvolgere la scuola su problematiche riguardanti la tossicodipendenza, ci si trova a cozzare contro una realtà che spesso la teoria sopravvaluta. Se dalla scuola d’obbligo si esige un intervento formativo sul problema della droga, ricordo che questo è stato sempre svolto fino a pochi anni fa dall’insegnante di religione e che se oggi ci troviamo in questa situazione, significa che i risultati sono stati deludenti. Se invece si pretende dalla scuola un intervento informativo, ricordo che a seguito delle recenti campagne informative sulla tossicodipendenza da eroina compiute soprattutto tra il 1988 e il 1990, il numero di coloro che non escludono di voler provare almeno una volta l’eroina è salito al 3,8% dei giovani (vedi ultimi dati dello IARD sulla situazione giovanile). Questo prova che una campagna informativa non ha altro risultato che provocare la curiosità attorno a qualcosa di “trasgressivo” e come tale  “piacevole” per il ragazzo. Diverso sembrerebbe il discorso se ad essere coinvolte sono le scuole superiori, ma anche qui sorgono alcuni interrogativi, in quanto oggi gli adolescenti sono profondamente cambiati e hanno una profonda esigenza di esperimentare qualcosa di nuovo. Inoltre sono in un’età che li fa sentire superiori alla stessa droga e in grado di controllarla. Eppure qualcosa bisogna fare. Qualcuno propone di effettuare qualche corso di aggiornamento per insegnanti e questo porterà certamente a dei risultati. Anche qui ho dei dubbi, in quanto chi è interessato a questi problemi già ha a disposizione moltissimi canali per il proprio aggiornamento, mentre chi si aggiorna solo per obbligo, tende a non applicare se non molto marginalmente ( e con effetti non sempre positivi) quanto ha appreso. Resta inteso che un discorso sulla droga può essere fatto in maniera costruttiva solamente da persone che abbiano un doppio requisito: da un lato lavorino con la tossicodipendenza e dall’altro abbiano facilità ad entrare in comunicazione con il mondo dei più giovani. Inoltre in un’età come quella della scuola d’obbligo ogni intervento sporadico rischia di essere ben presto dimenticato o, peggio ancora, rischia di assumere il medesimo valore di ogni altra informazione che uno stesso docente trasmette al ragazzo. Un altro problema è che oggi la scuola, dopo essersi isolata dal contesto culturale che l’ha lentamente emarginata, sembra divenire il toccasana di tutti i problemi riguardanti il mondo giovanile, in quanto si afferma: “almeno lì per diverse ore al giorno tutti devono andarci.” Ma la scuola soffre di una grossa crisi e di mancanza di fondi. Tenuto conto di tutto ciò e di molto altro ancora (non da ultimo degli studi psicologici e pedagogici sui ragazzi da 6 a 14 anni e della personale esperienza di maestro e docente di religione, italiano, storia e geografia per 10 anni nelle medie e nelle superiori) tento di formulare una mia ipotesi in merito per la scuola d’obbligo. Oggi la scuola può ritrovare il proprio ruolo solo rivalutando l’exra-scuola come contesto utile e necessario per il buon esito della stessa scuola. Con extra-scuola intendo sinteticamente ogni proposta obbligatoria fatta dalla scuola, ma che non ha strettamente nulla da condividere con le tradizionali materie scolastiche. Questo tempo dovrebbe essere co-gestito con le altre agenzie presenti nel territorio (ente comunale, squadre sportive, centri educativi ed oratori, comunità, industriali ed artigiani, genitori specializzati in qualche disciplina con disponibilità di tempo,...). Sparirebbero i corsi a pagamento diretto, in quanto la scuola se ne farebbe carico, riservandosi  una diversificazione delle proposte, prevedendo ad esempio quando ci sono attività sportive, anche dei corsi in contemporanea a pagamento modico e comunque possibile a tutti. All’interno dell’extra scuola si dovrebbe creare una nuova materia obbligatoria che abbia almeno due ore settimanali e che dovrebbe sostituire la vecchia “educazione civica”, ringiovanendosi anche nel nome ( ad es: scuola di socializzazione?). A questa nuova materia spetterebbe il compito di educare sia sulla stare insieme, sia sulla organizzazione sociale, sia su problematiche riguardanti il mondo giovanile. Prevederei che a svolgerla non fosse il medesimo docente, ma sotto la responsabilità del collegio docenti, ci fosse un’alternanza di proposte e di interventi, in modo da fare da cerniera tra le realtà esterne ed il mondo della scuola. Per quel che riguarda strettamente il nostro campo, prevederei per le elementari un’attenzione a ciò che coinvolge lo stare insieme, prevedendo delle attività con una successiva riflessione fatta dai bambini sulle stesse. L’attenzione andrebbe al “buon” socializzare, imparando a coscientizzare i propri comportamenti (un po’ come fa lo scoutismo per i bambini dai 7 agli 11 anni). Nelle medie prevederei un ciclo ripetibile ogni anno ad uno stadio più profondo sulle problematiche di emarginazione sociale (AIDS, Droga, Alcolismo, delinquenza,....). In prima media curerei di più l’informazione, in seconda media l’attività di gruppo su queste tematiche e in terza media il confronto con persone provenienti dall’esterno e che lavorano in questi ambiti (ma non un intervento “sporadico” in quanto a questa età non serve). Per quel che riguarda invece i docenti, più che prepararli su problematiche specifiche, cercherei di formarli a quel rapporto di stima e fiducia che è sempre più indispensabile creare tre docente e allievo, tentando di far loro prendere atto delle conseguenze che si hanno sui ragazzi in seguito ad alcune loro politiche scolastiche (corsi di sociologia) e informandoli molto di più dal punto di vista psicologico sui ragazzi. (corsi di pedagogia e psicologia). Inoltrerei molto insisterei sulla didattica.