Nella mia esperienza di scoutismo ho già sentito di tutto su questo argomento e ritengo sia ancora oggi una questione aperta o affrontata con superficialità. Si va da chi ritiene che, sulla falsariga di una psicologia di tipo froidiano, bambini e bambine siano completamente asessuati, per cui nel Libro della Giungla il personaggio Mowgli avrebbe gli stessi effetti su bambine e bambini[83]. Altri difendono la necessità di rifare il libro della giungla, introducendo un personaggio femminile. A mio modo di vedere la questione é più complessa di quanto si ritiene e non é legata a un semplice rifacimento di una storia. Innanzitutto ho recentemente provato a chiedere a diverse bambine quale fosse la cosa o il personaggio con cui si identificavano di più nella giungla (é chiaro che il modo di porre la domanda a dei bambini é molto diverso da questa formulazione). Con mia sorpresa ho notato che ben poche bambine si identificavano con Mowgli, anzi la maggioranza ascoltava la storia come si ascolta la storia della propria famiglia: una storia che mi coinvolge da vicino, ma nella quale non vi é qualcuno di preciso con cui mi identifico. Mi ha pure colpito che alcuni, sia bambini che bambine, nell’ascoltare le vicende di Akela, Bagheera...avevano le stesse reazioni verso i “Vecchi Lupi” di quelle che un figlio ha quando ascolta la storia della propria madre o del proprio padre. Questo mi ha portato a concludere che non é così scontato quello che i teorici della Giungla affermano a volte con troppa sicurezza. Certamente, ritengo, che presentare durante tutto l’arco dell’anno solo questo tipo di storia, vivendone i giochi, i canti, le danze... a lungo andare “maschilizzi” un po’ il Branco. Per ovviare a questo ritengo importante affiancare alla Giungla racconti che abbiano per protagoniste delle bambine, senza drammi e senza limitarsi alla parte “racconto”. Non penso sia male se tra le attività del Branco si inserisca anche qualche attività per così dire più “femminile” legata a qualche racconto.
Un’altra questione, sorta più in passato che oggi tra pedagogisti, é la critica che ogni personaggio di Kipling ha solamente aspetti negativi o solo aspetti positivi, mentre nel reale in ognuno vi sono componenti negative e positive. Inoltre vi si vedeva il rischio di rendere stereotipi degli animali, dando loro valenze che a lungo andare rischiano di rimanere anche nel reale. Per spiegarmi meglio faccio un esempio. Le Bandar-log, presentate in un certo modo, rischiano di trasmettere l’idea che le scimmie sono stupide; la figura di Bagheera, che la pantera nera sia più buona della tigre, ecc. Riguardo al primo rischio, parto dall’analisi del linguaggio cinematografico: perché un film Wester riesca, ci vuole un cattivo e un buono che, lottando, lo vinca, altrimenti la reazione psicologica non é di rilassamento ed il film piace poco. Anche i bambini, per capire hanno bisogno di esempi chiari e che il bene vinca sul male: ciò per rendere intelligibile ciò che a livello inconscio essi già intendono. Essi di fatto addolciscono certi lineamenti e considerano cattivo non il tipo in sé, ma il tipo perché fa il cattivo. I “cani rossi” non sono cattivi in quanto cani rossi, ma perché invadono il territorio degli altri, si comportano da prepotenti e uccidono i più deboli. In essi i bambini proiettano tutte le persone che fanno così, cattive non in sé, ma nel momento che fanno queste cose. Con questo si può anche procedere alla seconda questione. Crescendo sempre più il bambino dalla storia tende a passare alla realtà e a quello che il personaggio rappresenta, più che al personaggio in sé. Il sentirsi dire “Sei come una Bandar-log” non significa per lui “sei una scimmia”, ma “sei disordinato, sporco, chiacchierone...”
[83]E’ questa anche la posizione di Fabrizio Braccini in Educare con una Favola, p.93-94