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LA FELICITA’

 

A volte si sente dire che la felicità è una pia illusione, un attimo passeggero, un punto di arrivo da cui ripartire, una possibilità spesso impossibile, alcuni momenti che danno alla vita sapore, ecc…

Penso che la felicità è in genere alla nostra portata, raggiungibile con troppa facilità e per questo così difficile da realizzare.

Infatti ciò che estremamente semplice stranamente per l’uomo diviene estremamente difficile e spesso mi sono chiesto il perché.

La felicità è il più delle volte ricercata là dove non esiste, come se noi facessimo una partita a scacchi nel tentativo di dare scacco matto su una scacchiera dove il re è assente.

Ci muoviamo, pensiamo di arrivare a una soluzione e che questa porterà il risultato sperato, per poi accorgersi che le cose non sono proprio così.

Per questo alla felicità sostituiamo una serie di parole: successo, euforia, amore, risultato, vincita alla lotteria, figli, famiglia, amici, ecc.

Eppure persone felici ce ne sono state e ce ne sono, almeno a loro dire. E spesso sono persone contente di ciò che fanno, sia questo a scopo religioso, filantropico o personale. Sembrerebbe che il segreto stia nell’essere contenti di ciò che si fa, formula semplice e convincente. Ma questo non risolve nulla, in quanto spesso non si è contenti di quello che si fa. In realtà noi viviamo il tempo in modo assai sbagliato, quasi come “eternità” e invece di “vivercelo a fondo” lo subiamo…e lui passa. Non esiste un giorno uguale all’altro, un sole uguale all’altro, un fatto ripetuto mille volte che sia uguale a quello prima o a quello dopo. Siamo noi che lo viviamo così. Spesso ci togliamo “gioia” per il “giudizio degli altri”, il “dovere”, la “passione”, ecc. ,  tutte cose che hanno valore se noi fossimo eternie non siamo noi stessi. Sant’Agostino diceva: “Ama e fai quello che vuoi” a significare che chi entra in un’autentica dimensione di amore per sé e per gli altri in un giusto equilibrio si accorge di ciò che conta e di ciò che non ha importanza, per cui anche nella solitudine di una fredda cella si può essere felici. Spesso ci accorgiamo di ciò che abbiamo solo quando questo ci viene a mancare: chiedete ad una persona diventata cieca qual è la cosa che lo renderebbe felice e vi risponderà “tornare a vedere”. Ciò che è contrario alla felicità è proprio il proiettarsi sempre in un al di là da noi che non ha mai fine. In questo senso chi crede in Dio dice che la felicità è solo in Paradiso, in quanto secondo questa visione non esiste più altro verso cui proiettarsi e il Paradiso è lo stesso fine dell’uomo, riassunto in un gioire di Dio alla sua continua e costante presenza (Essere faccia a faccia con Dio).

La medicina potrebbe essere il prendere ogni giorno coscienza di ciò che ho e imparare a gioire di questo. Non vuole questo essere un invito a restare nella situazione in cui si è, anzi a cogliere ogni occasione come un’avventura che vale la pena vivere qualunque ne sarà l’esito. In questo senso riesco anche a comprendere chi, di fronte alla sofferenza, riscopre valori e ricchezza mai sperate prima.

In questa ottica nulla è inutile, anche la sofferenza. Attenzione che questo non significa sia piacevole, ma che anche da una cosa veramente spiacevole io posso arrivare a cogliere semi di felicità. E’ quanto è capitato nei campi di concentramento, dove i dolori più disumani da narrare, hanno creato spesso solidarietà e valori al di là di ogni aspettativa e anche una cosa insignificante ha in quel clima saputo portare felicità.

Certo questo significa vivere la giornata come traguardi (non angustiarti per il tuo futuro perché ogni giorno ha già la sua pena) e cogliere l’attimo con uno spirito diverso, libero e pieno…In altre parole come dono. Dono che mi è fatto e dono che io posso fare…

Ognuno di noi ha tanto, è tanto…Cerchiamo di andare controcorrente e di fermarci ogni tanto a pensare. Ma a pensare, come dice una canzone, “positivo , perché son vivo, perché son vivo”.