"La passione tinge dei propri
colori tutto ciò che tocca"
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Mattina
di G.Ungaretti ·
L'Infinito
di G. Leopardi ·
Alla
luna di G. Leopardi ·
La
pioggia nel pineto di G. D’Annunzio ·
Meriggio
di E. Montale ·
Tristezza
della luna di C. Baudelaire ·
Su
questo colle solitario... di Li Po M’illumino
d’immenso. (G. Ungaretti)
Sempre caro mi
fu quest’ermo colle, E questa siepe,
che da tanta parte Dell’ultimo
orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e
mirando, interminati Spazi di là da
quella, e sovrumani Silenzi, e
profondissima quiete Io nel pensier
mi fingo; ove per poco Il cor non si
spaura. E come il vento Odo stormir tra
queste piante, io quello Infinito
silenzio a questa voce Vo comparando:
e mi sovvien l’eterno, E le morte
stagioni, e la presente E viva, e il
suon di lei. Così tra questa Immensità
s’annega il pensier mio: E il naufragar
m’è dolce in questo mare. (G. Leopardi)
O graziosa
luna, io mi rammento Che, or volge
l’anno, sovra questo colle Io venia pien
d’angoscia a rimirarti: E tu pendevi
allor su quella selva Siccome or fai,
che tutta la rischiari. Ma nebuloso e
tremulo dal pianto Che mi sorgea
sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto
apparia, che travagliosa Era mia vita:
ed è, né cangia stile, O mia diletta
luna. E pur mi giova La ricordanza,
e il noverar l’etate Del mio dolore.
Oh come grato occorre Nel tempo
giovanil, quando ancor lungo La speme e
breve ha la memoria il corso, Il rimembrar
delle passate cose, Ancor che
triste, e che l’affanno duri! (G. Leopardi)
Taci. Su le
soglie del bosco non
odo parole che dici umane; ma odo parole più
nuove che parlano
gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole
sparse. Piove sulle
tamerici salmastre ed
arse, piove su i pini scagliosi ed
irti, piove su i
mirti divini, su le ginestre
fulgenti di fiori
accolti, su i ginepri
folti di coccole
aulenti, piove su i
nostri volti silvani, piove
su
le
nostre mani ignude, su i nostri
vestimenti leggieri, su i freschi
pensieri che l’anima
schiude novella, su la favola
bella che ieri t’illuse, che
oggi m’illude, O Ermione. Odi? La pioggia
cade su la solitaria verdura con un crepitìo
che dura e varia
nell’aria secondo le
fronde più rade, men
rade. Ascolta.
Risponde al pianto il
canto delle cicale che il pianto
australe non impaura, né il ciel
cinerino. E il pino ha un suono, e
il mirto altro suono, e
il ginepro altro
ancòra,
stromenti diversi sotto
innumerevoli dita. E immersi noi siam nello
spirto silvestre, d’arborea
vita viventi; e il tuo volto
ebro è molle di
pioggia come una
foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare
ginestre, o creatura
terrestre che hai nome Ermione. Ascolta,
ascolta. L’accordo delle aeree
cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il
pianto che cresce; ma un canto vi
si mesce più roco che di laggiù
sale, dall’umida
ombra remota. Più sordo e più
fioco s’allenta, si
spegne. Solo una nota ancor trema, si
spegne, risorge, trema,
si spegne. Non s’ode
voce del mare. Or s’ode su
tutta la fronda crosciare l’argentea
pioggia che monda, il croscio che
varia secondo la
fronda più folta, men
folta. Ascolta. La figlia
dell’aria è muta; ma la
figlia del limo
lontana, la rana, canta
nell’ombra più fonda, chi sa dove,
chi sa dove! E piove su le
tue ciglia, Ermione. Piove su le tue
ciglia nere sì che par tu
pianga ma di piacere;
non bianca ma quasi fatta
virente, par da scorza
tu esca. E tutta la vita
è in noi fresca aulente, il cuor nel
petto è come pèsca intatta, tra le
pàlpebre
gli occhi son come polle
tra l’erbe, i denti negli
alvèoli son come
mandorle acerbe. E andiam di
fratta in fratta, or congiunti or
disciolti ( e il verde
vigor rude ci allaccia i
mallèoli c’intrica i
ginocchi) chi sa dove,
chi sa dove! E piove su i
nostri volti silvani, piove su le
nostre mani ignude, su i nostri
vestimenti leggieri, su i freschi
pensieri che l’anima
schiude novella, su la favola
bella che ieri m’illuse, che
oggi t’illude, o Ermione. (G. D’Annunzio)
Meriggiare
pallido e assorto presso un
rovente muro d’orto, ascoltare tra i
pini e gli sterpi schiocchi di
merli, frusci di serpi. Nelle crepe del
suolo e su la veccia spiar le file
di rosse formiche ch’ora si
rompono ed ora s’intrecciano a
sommo di minuscole biche. Osservar tra
frondi il palpitare lontano di
scaglie di mare mentre si
levano tremuli scricchi di cicale dai
calvi picchi. E andando nel
sole che abbaglia sentire con
triste meraviglia com’è tutta
la vita e il suo travaglio in questo
seguitare una muraglia che ha in cima
cocci aguzzi di bottiglia. (E. Montale)
Questa sera la
luna sogna con più languore; come una donna
bella su cuscini svariati che con la mano
lieve e distratta accarezza prima del sonno
il dolce contorno dei suoi seni, sopra il lucido
dorso di valanghe di seta, morente
s’abbandona a lunghi smarrimenti, e gira intanto
gli occhi su visioni bianche che
nell’azzurro salgono, come sboccio di fiori. Quando nel suo
accidioso languore, qualche volta lascia
un’ascosa lacrima cadere sulla terra, nemico del
riposo, un pio poeta accoglie nel cavo della
mano quella pallida lacrima iridescente al
pari d’un frammento d’opale, a la cela agli
sguardi del sole, nel suo cuore. (C. Baudelaire)
Su
questo colle solitario siedo presso il lago
montano taciturni. si disegna
tranquilla non un onda
s’increspa nella quiete, non una foglia
fruscia né un insetto. Qui immobile
seduto penso sconfinati e paurosi;mi dimentico di
me stesso che le mie
membra coi silenzi del
luogo (LI PO)
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