NEVER SAY DIE

By Shinji Kakaroth

2 - Io sono normale

 

Era una mattina chiara, aveva appena finito di piovere e il cielo si era ormai pulito da tutte le nubi scure, solo il sole e l'umida freschezza dell'aria aveva permeato la citta' a quell'ora del mattino, ancora presto per vedere le persone affannarsi in ufficio, ma abbastanza tardi da notare le prime mani sfregare contro la faccia, per levar via dagli occhi la sensazione di sonnolenza.

 

Era un giorno proprio come tanti altri.

 

"Juzo, aspetta." era solo la figlia del tabaccaio, che stava chiamando quell'uomo per la strada "Hai dimenticato questo." e gli mise in mano il resto.

"Maddai, per questa sciocchezza tuo padre ti ha mandato di corsa fino qui?" era imbarazzato, i capelli scuri gli cadevano sulla fronte, quasi a coprirgli lo sguardo, quei meravigliosi occhi scuri, pieni di vita.

"Sei il nostro miglior cliente non vogliamo mica perderti per una stupiaggine del genere." sorrise la ragazzina ammiccando.

"Questo tuo comportamento da maschiaccio ti mettera' sicuramente nei guai da grande, spero tanto riesca a trovare una persona abbastanza pazient..." un colpo allo stomaco gli tolse il respiro.

"Pensa a te. Stai andando verso i trenta e sei ancora scapolo, quando ti decidi a sposarti?" poi sorridendo "Be', se sei davvero cosi' preoccupato per me, che ne diresti di sposare me? Risolviamo il tuo problema e il mio in un colpo solo." poi mentre Juzo, dall'aria serena, gli accarezzava il capo, cercando di aggiustarle un po' i capelli.

"Furbastra, questa e' la via piu' semplice, ma di certo non la migliore per me o per te." poi si allontano' piano "Saluta ancora tuo padre. E' bello che almeno un uomo onesto ci sia in questa citta'."

 

Era proprio una bella mattinata.

 

"Dannazione, se faccio ritardo anche oggi di sicuro il capo me lo fara' pesare." stava correndo in bicicletta, come se in gioco ci fosse la sua stessa vita.

Alla prima curva avrebbe dovuto girare a sinistra, ma una brutta sorpresa lo attendeva su quell'angolo si sarebbe dovuto compiere il suo destino.

 

Era un giorno normale.

Aveva piovuto, le strade erano bagnate e l'odore

del cemento bagnato si espandeva per le strade, assieme al riflesso intenso del cielo nelle pozzanghere.

 

"Papa', io vado a lavoro, prendo la macchina." era una giornata come le altre, stava uscendo di casa, dopo aver messo le scarpe, poggio' la schiena all'indietro e mise le mani sul volante. Spinse piano l'acceleratore per poi inserire una marcia e poi l'altra. Era abbastanza presto quindi sicuramente non avrebbe trovato troppe macchine in giro. Dopo aver fatto funzionare i tergicristalli, cerco' il cellulare nella borsa, mentre svoltava a destra, senza curarsi di tenere bene gli occhi sulla strada.

 

Il cemento era bagnato e non fece in tempo a frenare.

 

"Stai bene?" fu la prima cosa che senti' dire, vedendo gli occhi arrossati e tutti quei rivoletti dorati che gli scendevano in viso "Ti prego non morire, non morire." lui pero' non capiva bene cosa stesse succedendo, ma riusci' a non urlare mentre lo sollevava e le ossa gli stridevano. Aveva un controllo sulle sue emozioni inumano. Stava focalizzando i pensieri sulla donna che l'aveva appena investito, cercando di dimenticare il dolore, cerco' di leggere dentro di lei i segni del passato. Era tanto tempo che non faceva quel gioco che da piccolo sua nonna gli aveva insegnato.

Mentre la donna dai biondi capelli lo stava portando rapidamente verso l'ospedale, il sangue gli affiorava alle labbra mentre sorrideva pensando "Spero solo che nella foga di portarmi all'ospedale non finisca per prendere sotto nessun'altro." poi prese a leggere il tempo. C'era scritto che lui avrebbe avuto quell'incidente, ma lui non aveva saputo leggerlo, mentre le sue previsioni si facevano sempre piu' perfette, si era lasciato prendere dalla modestia e non aveva trovato quel passaggio. Era il tempo a nascondersi ai suoi occhi?

"Tu... come, Mary, giusto?" la ragazza al volante, si volto' mentre i lunghi capelli biondi le scendevano sul collo, l'espressione completamente stupita "Hai tempo ancora un'ora. Non moriro' non preoccuparti, quindi vedi di andare piu' piano o sarai partecipe di un altro incidente." e inizio' a ridere.

"Non dovresti parlare. Ti fa molto male? Oh, ti giuro, non volevo assolutamente, ma tu sei sbucato fuori d'improvviso e poi ho cercato di frenare, ma la macchina ha scivolato sull'asfalto e poi c'era tutto quel sangue."

"Scusa per averti sporcato i sedili qui dietro. Non credo che tu sia una persona che ami il rosso." i suoi occhi chiari lo fissavano dallo specchietto.

"Come facevi a sapere il mio nome? Non ho avuto il tempo di dirtelo." e tornava a guardare d'avanti a se', moderando questa volta la velocita'.

"Il tempo... c'e' sempre tempo di saperlo, vienimi a trovare fra una settimana, scommetto che mi saro' gia' ripreso e staro' benissimo." poi dopo aver tossito lo senti' dire "Almeno cosi' il capufficio non avra' da ridire sul mio ritardo. Comunque ora frena."

La ragazza, senza neanche sapere perche', freno' di colpo, pensando poi d'aver fatto un errore, visto che aveva sentito dei lamenti dall'uomo dietro "Non preoccuparti di me... ancora dieci secondi."

"Cosa ancora dieci secon..." non fece in tempo a finire la frase che si scontrarono due macchine provenienti da sensi opposti qualche metro piu' avanti.

"Lo sapevi? Tu lo sapevi veramente?"

"Sai, vorrei proprio sopravvivere per riuscire a sapere come andremo a finire io e te. Non avevo mica previsto di essere investito stamattina."

Stava delirando di certo, questi pensieri cosi' strani non potevano essere detti ad alta voce da una persona sana. "Stai male, lo so che e' colpa mia. Perdonami, e da parte mia cerchero' di farmi perdonare."

Le tenebre piu' buie lo stavano ormai avvolgendo.

 

Juzo. Juzoooo. Dove stai andando?

"Non e' vero che io sono..."

Juzoooooo. Non sognare mentre dormi oppure...

"Quando vedo le cose cosi' chiare temo..."

Juzo. La vedi? E' ben distinta quella visione.

"NON VOLEVO SAPERE QUANDO E COME SAREI MORTO! DIO PERCHE' MI HAI FATTO QUESTO! DIOOOOOOOOOO PARLAMI O IMPARERO' AD URLARE!!!"

Juzo, questo e' quello che sei, devi accettarlo.

 

"No!" apri' gli occhi, svegliandosi di soprassalto.

Il soffitto era quello dell'ospedale di quella piccola citta' in cui ora stava lavorando. Era sicuro, visto che c'era gia' stato per un accertamento di sana e robusta costituzione, voluto dal suo datore. Guardandosi in giro noto' che era sera, il sole era tramontato da un po' e mentre i suoi raggi si intravedevano ancora, l'oscurita' della stanza gli placava lo spirito, poi i suoi occhi dotati di uno strano lucore verde, si chiusero e chiamo', con il particolare interruttore che si era ritrovato in mano, l'infermiera di turno. Qualche minuto dopo la leggera pressione la porta si apri' e la luce si accese.

"Si e' svegliato finalmente." la ragazza dai capelli scuri raccolti in una piccola cuffietta, forse ancora una tirocinante, si avvicino' al letto dell'uomo per constatarne le condizioni.

"Guarda che per sentire il battito dovresti sentire il polso, inoltre il fatto che ti appoggi al mio petto mi reca abbastanza disturbo... mi fa male." subito la ragazza scosto' il viso dal petto dell'uomo, vergognandosi per la propria inesperienza, poi l'uomo sorridendo alzo' il braccio, anche se la cosa gli causava non pochi tormenti "Forza... senti... dimmi come sto."

La ragazza, quasi spaventata da una tale forza d'animo, prese il polso e lo tenne nella sua mano per un minuto circa, mentre balbettava silenziosamente qualcosa, come se stesse contando. Fisso' quell'uomo dagli occhi scuri come la notte e gli sorrise, mentre il rosso sulle sue guance si schiariva "Il polso e' regolare, quindi vuol dire che sta' benone."

Sorrise, lei lo noto', era stato un guizzo rapido ma era riuscita a leggerglielo in faccia quel sorriso "Allora potresti farmi un favore? Staccami questa flebo e portami qualcosa da mangiare. E ti prego, fammi tu qualcosa di buono, lo so bene che in mensa danno solo schifezze da portare ai pazienti, roba cucinata per lavoro. Fa conto di preparare da mangiare all'uomo della tua vita." quella frase fece riavvampare il colore sulle guance della ragazza "Dopo sette giorni di flebo credo me lo meriti."

L'infermierina apprendista stava girandosi per andargli a fare da mangiare, ma poi si giro' stupita "Come fa a sapere che e' stato in coma per questo periodo? Si e' appena svegliato per quanto risulta alle nostre apparecchiature." sembrava impassibile, senza una spiegazione non se ne sarebbe andata.

"Ho letto il calendario segnato su quel muro. Credi che una persona normale possa avere cognizione di tempo mentre e' in coma?" e rise piano, per non sforzarsi troppo.

"Ha ragione, sono proprio una sciocchina." e stava uscendo.

"...normale..." ripete' silenziosamente dentro di se' "Ah, un'altra cosa." la ragazza si volto' "Potrebbe spegnere la luce? L'oscurita' mi rilassa e inoltre questa luce al neon mi ferisce gli occhi."

"Come vuole il signor paziente." sorrise mentre spegneva la luce e chiudeva la porta.

Poi rientro' di fretta "Ah, m'ero dimenticata di dirle che la sua ragazza e' venuta a trovarla tutti i giorni, in pena per la sua situazione. Credo che sia meglio avvisarla che e' fuori pericolo."

"Non preoccuparti e non darmi del lei, cavoli ho solo venticinque anni. Lei... non so se tornera', ma probabilmente..." poi vedendo ancora l'infermiera sulla soglia, avvolta dalla luce soffusa che penetrava dal corridoio, le disse che non era nulla, che se l'avesse chiamata si sarebbe fiondata in ospedale, facendo un gran chiasso visto che l'ora delle visite era passata da un pezzo, inoltre aggiunse di volerle fare una sorpresa l'indomani. L'infermiera ridacchio' e chiuse piano la porta. Lui chiuse gli occhi e li riapri', mentre la luminescenza su di essi tornava ad affiorare.

"Sara' domani?"

 

L'infermiera sorrise quando noto' la giovane donna dirigersi, come ogni giorno, nella camera di Juzo Shinomori.

La porta si apri' e lui era sdraiato, silente, come tutti i giorni. Lei si avvicino' al letto e seduta inizio' a parlargli "Stai ancora sognando? Spero che almeno il tuo sogno sia bellissimo, anche se dalla tua faccia non riesco a intuire se tu stia sognando. Anzi, sembra proprio che non stia facendo altro che un sonno senza sogni. Chiuso in una stanza buia senza poterne uscire."

"Vedi che non stai parlando a un morto." la ragazza si alzo' di scatto, facendo andare a sbattere la sedia contro il muro.

"Tu sei..." era rimasta shockata notando che stava pian piano aprendo gli occhi.

"Sono ancora vivo, visto? Quindi fammi il piacere di non pregare per me, porta male." e sorrise.

"Sei un gran bastardo! Eri sveglio gia' da quanto tempo?" s'era allontanata, prendendo la sedia e risiedendosi, ma aumentando la distanza.

"Da ieri sera. Sto cercando di riprendere il controllo sul mio corpo. E' come se ci fosse entrato qualcos'altro senza il mio permesso." poi si giro' verso di lei e si alzo' "Vorresti sposarmi?"

"COSA?" ancora piu' stupefatta di lei era l'infermiera che stava seguendo la conversazione ridacchiando, da dietro alla porta.

"Una proposta di matrimonio, quant'e' romantico." diceva tra se'.

"Vieni piu' vicino." disse a bassa voce.

La ragazza avvicino' la sedia al letto.

"Ascolta." inizio' con un filo di voce appena udibile a quella distanza "Io vedo il tempo. So leggere tra le sue pieghe e riconosco il suo scorrere, ma non avevo mai inontrato una persona che potesse contrastarne gli effetti." poi tossi' e le tese la mano, cercando di accarezzarla, lei prese la mano tra le sue.

"Oh, stai cosi' male... devo chiamare l'infermiera."

"Ascolta..." la presa della mano la tenne ferma al suo capezzale "Io vedo il tempo. So leggere quello passato e prevedo quello futuro, a volte riesco anche a comunicare con gli spiriti dei defunti." poi i suoi occhi scuri divennero verdi improvvisamente "Cerca di credermi. Io vedo il tempo, ma non riesco a prevedere cio' che ha a che fare con te. Non riesco a prevedere cosa farai da qui a cinque minuti, come non so che risposta mi darai." poi si fermo' per riprendere fiato e comincio' a piangere, come fosse affetto una crisi isterica "E' da quando avevo dodici anni che vedo quell'immagine."

"Quale immagine?" era preoccupata per la situazione, ma cercava di assecondarlo per non fargli compiere atti che avrebbero compromesso la sua salute, a causa delle ferite che lei stessa era stata a procurargli.

"La mia morte. La vedo ogni volta che chiudo gli occhi e dormo. Vedo ben distinto quel momento. Un palo di legno che mi trapassa e mi trasforma in un pezzo di carne in cui non scorre piu' il soffio vitale." poi cerco' di asciugarsi il viso con il lenzuolo "Quando sono con te pero', anche se mi sforzo e' come se su quell'immagine gravasse un'ombra, un grosso "question point", tu sei quella question." e si calmo' piano "Ti prego... avvicinati ancora." la ragazza fece come gli aveva chiesto con un filo di voce appena percettibile, ben pensando che stesse cosi' male da non avere neanche la forza di parlare. Appena il suo viso fu abbastanza vicino, lui si alzo' di scatto e la bacio'.

 

Quel bacio fu profondo, lungo, qualcosa piu' d'un bacio. Sembrava che il tempo attorno a loro si fosse fermato, poi piano le arrivarono nella mente delle immagini: l'infermiera che non appena avrebbe aperto la porta, sarebbe caduta dentro la stanza.

Si discosto' da lui "Cosa mi hai fatto?"

"Apri la porta come ti ho fatto vedere e vedi cosa succedera'." la ragazza apri' la porta e l'infermiera sbilanciata, cadde all'interno della stanza.

"Oh... ehm... scusate tanto, iii...iio ero solo passata per degli esami e... be' forse c'e' qualche paziente che ha bisogno del mio aiuto. Scusate tanto." e rossa dalla vergogna usci' dalla stanza.

"E' una brava ragazza, scommetto che diverra' una brava infermiera col passare deltempo, ma e' un po' impicciona." la ragazza ancora si accarezzava le labbra, cercando di emulare quel contatto.

"Tu sola puoi aiutarmi. Tu sei il punto scuro del tempo. Sembra quasi che non ti tocchi." poi chiuse gli occhi e ritornarono di quell'oscurita' avvolgente "Inoltre ora che ci faccio caso, sei proprio il mio tipo."

Quasi imbarazzata la ragazza usci' dalla stanza 405, dov'era ricoverato in condizioni gravi il paziente Juzo Shinomori. Quest'ultimo non riusciva neanche a ipotizzare se sarebbe tornata, forse l'aveva spaventata. Per lui sarebbe comunque stata la stessa cosa. Era abituato a vedere il mondo scorrere nel tempo attraverso gli occhi di Dio.