L'ULTIMA CANZONE

Prologo

- Sei anni dopo -

By Leia

Le note leggere ma appassionate di un pianoforte, provenienti dall’aula del club di musica al terzo piano, si potevano udire distintamente fin giù, nel cortile della scuola. Riempivano l’aria, e lasciavano incantati studenti e professori che, fermandosi, restavano qualche secondo a guardarsi intorno prima di capire dove nascesse quella melodia.   

Anche una ragazza dai lunghi, lucenti capelli scuri era in piedi in mezzo al cortile, vestita con un grazioso scamiciato azzurro chiaro, dalla gonna a campana. Non era di sicuro una studentessa, per le quali era obbligatoria la divisa.

Alzò la testa verso le vetrate spalancate della stanza, chiudendo gli occhi come per assaporare quei suoni freschi e liberi. Una leggera brezza le accarezzava la pelle, brezza che portava con sé i piccoli petali rosa degli innumerevoli ciliegi fioriti che circondavano il perimetro del cortile.

“Herberman…sì, senza dubbio”.

Nell’aula del club, intanto, le mani del misterioso pianista si spostavano silenziose sopra i tasti lucidi, premendoli senza esitazione. Ora con leggerezza, ora con vigore, ora con un tocco che solo chi si è seduto davanti ad un piano è capace di definire, un giovane ragazzo dai lineamenti delicati suonava e suonava, senza fermarsi un attimo. Gli occhi chiusi, pareva seguire i suoni che lo strumento produceva con un’incredibile trasporto, anzi, sembrava essere lui stesso fatto di musica…forse, proprio per questo motivo non si accorse della persona che comparve sulla soglia della stanza, e che iniziò ad osservarlo.

“E’ meravigliosa. Le composizioni di Herberman sono bellissime, ma tu sai reinterpretarle a modo tuo, rendendole ancora più belle…”, disse ad un tratto l’attenta osservatrice, la stessa ragazza che, pochi minuti prima, si trovava nel cortile del Liceo. Aveva ora appoggiato la testa allo stipite della porta, continuando a guardare il pianista che, sentendo quella voce, si fermò di colpo.

“E’ una dote che hanno in pochi, sai?”.

“Arisu…”.

Rin Kobayashi si voltò finalmente verso di lei. Gli occhi gli brillavano di felicità, era evidente, pur ombreggiati dai capelli chiari che gli ricadevano sulla fronte.

La gioia del ragazzo, però, lasciò il posto a una lieve sorpresa.

“Che bello vederti, ma…cosa ci fai qui? Sono solo le 16.30…”.

“Lo so. E’ che…volevo sentirti suonare”.

“Eh eh…secondo me, invece, non ne puoi più, vero?”.

Arisu scosse il capo con decisione.

“No-no. Non mi stancherò mai di ascoltarti, lo sai. E sapessi quanto rendi felici anche le piante, con il tuo pianoforte”.

“Mai quanto le rendi felici tu, con il tuo canto”.

Detto ciò, Rin si alzò dallo sgabello e si diresse verso la ragazza, ancora ferma a pochi passi dalla soglia dell’aula. Le prese le mani, e portandosele al petto la baciò dolcemente. Dopo qualche istante si staccò da lei, e le sorrise.

“Oggi sei strano…”, mormorò quindi Arisu, guardandolo negli occhi e ricambiandogli il sorriso. “Mhh…deve essere successo qualcosa…ho indovinato, non è vero?”.

Lui inclinò il capo.

“Certo che sei un asso a capirmi sempre al volo…”.

“Mh, io so tutto di te”.

“Ma davvero?”.

Rin fece una piccola risata.

“Ok, ok, lo ammetto…hai ragione. Vedi…ecco, credo di aver trovato…la giusta ispirazione”, disse, gettando un’occhiata al piano, dietro a sé.

Il viso della ragazza dai lunghi capelli neri si illuminò.

“Sul serio?”, esclamò.

“Già”, annuì soddisfatto Rin. Si girò, e camminò verso la finestra. Respirò a pieni polmoni i profumi della primavera. L’aria sapeva di magnolie, e il cielo, azzurro, era terso. Rin non ricordava una giornata così bella da tanto, tanto tempo.

“Il concorso inizia l’ultima settimana di giugno, credo di potercela fare a comporre in tempo il brano”, riprese poi, appoggiandosi al davanzale.

“Ce la farai, ne sono sicura”.

“Lo dice anche la mia insegnante. Ma solo adesso ne sono convinto anch’io…”.

Si voltò nuovamente per guardare Arisu, ferma accanto al pianoforte lucido. I raggi del sole si riflettevano sulla sua superficie, e sui tasti color avorio ed ebano.

Anche Arisu era baciata dal sole. Lo era la sua pelle chiara e levigata, le sue labbra rosate, i suoi lunghi capelli…

Era così bella. Bellissima.

“Perché solo adesso ne sei convinto?”, chiese lei.

Rin socchiuse impercettibilmente gli occhi azzurri, guardandola in modo infinitamente dolce, poi le si avvicinò e d’improvviso la strinse a sé.

“Ti sembrerà strano, ma…non so dirti perché”.

 

One hug or two…

That’s all I want if your gonna give it .

 

Arisu non disse nulla, ma chiuse gli occhi. Appoggiata al petto di Rin, poteva sentire il battito del suo cuore. Era veloce.

 

…Give it with all your might, so I’ll never loose my dream, again.

 

Rin la abbracciò con più forza. Gli pareva di sentire una voce…

Ancora, quella voce…

Cantare, nella sua testa.

Delle parole…

Una melodia…

Così dolci, ma così tristi.

 

How long I’ve been waiting for your smile…

How can I measure the love of eternity, in me?

 

Così…familiari.

 

So deep in vain…

You’ve gone too far, let me come closer.

So I can feel where it hurts in your aching heart…

Now close your eyes…

 

Sì…

Di una nostalgia struggente.

 

…Have we been in a dream from the start?

 

“Arisu…”.

“Sì?”.

 

How long I’ve been waiting for your smile…

How can I measure the love of eternity, in me?

 

“Ti amo”.

 

The love of eternity.

 

CONTINUA...