modelli matematici per una discussione sulla selezione biologica dei LEVO-AMMINOACIDI

Riassunto: La questione dell'asimmetria molecolare degli amminoacidi costituisce un problema la cui soluzione comprende due aspetti. Infatti, chiarire se l'origine dell'asimmetria in questione sia una condizione per la comparsa della vita sulla terra o una sua conseguenza, equivale a considerare la vita un evento molto raro, che può anche essere irripetibile, oppure la inevitabile evoluzione di alcune strutture molecolari in un ambiente di reazione molto particolare.

Nel primo caso, sono stati proposti alcuni processi fisici (luce polarizzata, effetti del campo magnetico terrestre, cristallizzazioni asimmetriche) per spiegare l'origine dell'asimmetria in questione, ma le prove sperimentali non sono ritenute soddisfacenti in quanto relative a condizioni estremamente severe e particolari, caratterizzate da riproducibilità praticamente nulla. Più stimolanti sembrano le ipotesi che vorrebbero spiegare la possibilità di sintesi asimmetriche mediante reazioni regolate da cinetiche del non equilibrio; tuttavia, queste ipotesi non sono del tutto soddisfacenti in quanto le reazioni ipotizzate, qualora si fossero verificate, sarebbero verosimilmente avvenute contemporaneamente ed in molti punti del brodo primordiale, generando in media ancora una soluzione racemica.

Le ipotesi riassunte, comunque, accordano un'importanza forse troppo grande all'aspetto strutturale della vita, a detrimento del suo aspetto funzionale. Da un altro punto di vista, con l'uso di modelli matematici, comunemente utilizzati per analizzare e spiegare il comportamento di semplici ecosistemi, è possibile tracciare uno schema d'insieme che può fornire una spiegazione dell'asimmetria biologica nel quadro della selezione naturale.

1

La prima ipotesi biologica (1957) è dovuta a George Wald, il quale, basandosi sulla considerazione che gli acidi nucleici e le proteine di ogni singolo organismo comunque complesso debbano essere stereochimicamente compatibili, propose che le prime unità prebiologiche originatesi in seno al brodo primordiale, potessero costituire due distinte popolazioni enantiomorfe. Successivamente, nel corso dell'evoluzione, una delle due popolazioni avrebbe acquisito casualmente sull'altra un qualche vantaggio evolutivo e conseguentemente una certa prevalenza nella lotta per l'esistenza. Questa ipotesi, tenendo conto che i vari organismi si nutrivano uno dell'altro, scambiandosi materiali attraverso complesse reti alimentari, permetterebbe di darsi ragione di come, sotto la pressione del processo evolutivo, si possa essere selezionata ubiquitariamente sulla Terra la vita a base di soli L-amminoacidi.

In realtà, non è facile immaginare - né Wald lo suggerisce - come una delle due popolazioni enantiomorfe possa aver acquisito globalmente un certo vantaggio sull'altra. Infatti, le unità prebiologice che costituivano dette popolazioni, erano probabilmente caratterizzate da notevole mutabilità, sicché le numerose variazioni che si presentavano fra i vari individui ad essi appartenenti, verosimilmente si compensavano, di modo che, sebbene alcune specie si siano potute estinguere, è pensabile che globalmente le due popolazioni percorsero la loro evoluzione in modo non dissimile, comunque tale da rendere discutibile la possibilità che abbiano potuto promuovere significativi processi di selezione stereochimica.

2

La possibilità che le due popolazioni enantiomorfe abbiano avuto un'evoluzione parallela, ha suggerito la possibilità che il processo di selezione dei L-amminoacidi sia avvenuto quando comparvero i primi organismi interessati a scambi di materiale genetico oppure a riproduzione sessuata. Secondo questa ipotesi, si sarebbero potute sviluppare, fino a questo stadio, due popolazioni del tutto simili il cui unico svantaggio dal punto di vista evolutivo sarebbe stata la sterilità degli accoppiamenti misti: questa sarebbe stata la causa dell'estinzione di alcune popolazioni.
Per concretizzare la questione, indichiamo con x ed y il numero di individui di un sesso (ad es. femmine) appartenenti rispettivamente alla prima ed alla seconda popolazione. Detti individui, col tempo, sono soggetti a due opposte sorti: tendono ad aumentare per conseguenza degli accoppiamenti compatibili ed a diminuire a causa della mortalità naturale. Il modello matematico proposto per descrivere l'evoluzione di dette popolazioni enantiomorfe è il seguente sistema di equazioni differenziali:

dove k e c sono due coefficienti di proporzionalità che misurano rispettivamente i tassi di natalità e mortalità. In particolare, si è qui supposto che il numero di accoppiamenti per unità di tempo cui partecipavano le femmine della prima popolazione sia proporzionale al loro numero x, ma la sola frazione fertile di tali accoppiamenti è x/(x+y), corrispondente al rapporto tra gli accoppiamenti compatibili (con maschi della stessa simmetria) e quelli possibili (anche con maschi della simmetria opposta). La mortalità per unità di tempo tra le femmine della prima popolazione è assunta proporzionale al numero delle femmine stesse.

In modo analogo si formula la seconda equazione differenziale del sistema (1) i cui integrali generali - supposti costanti i coefficienti k e c - sono:

con A e B costanti arbitrarie di integrazione.
Ora, escluso il caso in cui A = 0, cioè corrispondente ad una uguale consistenza numerica delle due popolazioni, in quanto questa situazione non è compatibile con le inevitabili fluttuazioni statistiche nel numero di individui della stessa popolazione, possiamo senz'altro discutere le soluzioni.

a) k < c - le due funzioni esponenziali tendono a zero per . Questo significa che entrambe le popolazioni si estinguono in quanto il tasso di mortalità è maggiore del tasso di natalità. In particolare, poiché la differenza numerica tra le due popolazioni tende ad annullarsi, la popolazione più numerosa ha un tasso di mortalità più elevato.
b) k >> 2c - le due funzioni esponenziali divergono per . Questo significa che entrambe le popolazioni crescono illimitatamente, ma la più numerosa con un ritmo maggiore in quanto anche la loro differenza diverge.
c) c<k<2c delle due funzioni esponenziali, per , la prima diverge e la seconda converge. Questo significa che la popolazione più numerosa tende a crescere più rapidamente, mentre l'altra si estingue: nella seconda equazione è sufficiente che una delle due variabili (x, y) si annulli, quella corrispondente alla specie meno numerosa.

Possiamo escludere il caso (b) in quanto le equazioni (1) costituiscono un modello che conserva la sua validità solo per un intervallo di tempo limitato. Infatti, alla fine una popolazione in continua crescita esaurirà le proprie risorse vitali; questa limitazione si può considerare aggiungendo al sistema (1) il cosiddetto smorzatore: un termine sottrattivo rappresentante le limitazioni nutrizionali. D'altra parte, per non appesantire il modello, si può ragionare qualitativamente, osservando che i coefficienti k e c non sono realmente costanti, bensì funzioni del tempo e della densità delle popolazioni. Sicché, posto k>2c, allorché la densità di popolazione raggiungerà un valore critico legato alle disponibilità nutrizionali, k(natalità) inizierà a diminuire e c (mortalità) a crescere fino a raggiungere la condizione c<k<2c.

Così, sembrerebbe dimostrato che la popolazione più numerosa tende ad un valore limite per cui k = c, mentre l'altra popolazione è condannata all'estinzione. Pertanto, riallacciandoci a quanto ipotizzato da Wald, si potrebbe anche spiegare come lo stesso tipo di simmetria si sia imposto su tutta la biosfera: le complesse reti alimentari fecero sì che anche gli organismi a riproduzione asessuata, dovendosi nutrire dei resti di organismi più complessi, vennero selezionati giacché erano favoriti quelli che poterono inserirsi nel ciclo stabile della popolazione enantiomorfa superstite.

In realtà, le equazioni proposte non costituiscono il supporto di una spiegazione soddisfacente, in quanto sia a livello di riproduzione sessuata tra forme più complesse (alga Chlamydomonas, alcuni batteri), sia a livello di scambi di materiale genetico tra forme prebiotiche, ammettono implicitamente che anche a seguito di un "accoppiamento" sfavorevole venga saltata una "stagione di riproduzione" ossia un ciclo riproduttivo e non prevedono la possibilità che il materiale genetico incompatibile venga eliminato tout court.

Si può offrire una sorta di conferma sperimentale a questa critica. Sono state sperimentate tecniche d'impiego di feromoni per evitare la diffusione di parassiti senza ricorrere a sostanze tossiche. I feromoni, vaporizzati nell'ambiente, inducono gli insetti maschi ad accoppiarsi anche con femmine immature che quindi non genereranno. I risultati si sono dimostrati interessanti solo se la densità di popolazione dei parassiti è scarsa e le specie sono residenti.

Inoltre, secondo tale processo di selezione sessuale, la popolazione più numerosa tende ad eliminare quella meno numerosa poiché gli accoppiamenti misti lasciano disponibile un maggior numero di elementi appartenenti alla prima popolazione, e questi possono riprodursi. Ciò però è ragionevole per due popolazioni costituite ciascuna da un numero di maschi uguale a quello delle femmine e aventi una eguale disponibilità di alimenti asimmetrici delle due forme. Pertanto, premesso che una elaborazione del sistema (1) tale da eliminare le critiche esposte porterebbe ad una sorta di simulazione matematica di difficile se non impossibile soluzione, ed in ogni caso le soluzioni sarebbero di non facile interpretazione, rimane comunque il fatto che la teoria così proposta costituisce solo una possibilità.

D'altra parte, poiché sulle formule non è scritto il loro campo di applicazione ma siamo noi che facciamo qualcosa con esse, possiamo interpretare il sistema (1) come la descrizione temporale di un particolare sistema predatore-preda in cui due popolazioni enantiomorfe si muovono in modo arbitrario cibandosi l'una dell'altra. Quando due individui ad esse appartenenti si incontrano, esiste una probabilità costante che uno dei due uccida l'altro impiegando un tempo trascurabile. In particolare, per l'occasionale predatore, la preda stereochimicamente incompatibile sarebbe indistinguibile dall'altra, sicché cibandosene trarrebbe un nutrimento limitato alle sole molecole simmetriche. Questa interpretazione - che a differenza della precedente - prevede che in ogni scontro un individuo sia eliminato con possibile vantaggio per l'occasionale predatore - richiede l'ipotesi che il cibo costituito da molecole simmetriche sia illimitato in confronto a quello asimmetrico ricavabile essenzialmente dalla predazione; non è comunque necessario che il numero dei maschi e delle femmine appartenenti a ciascuna popolazione sia uguale.

3

Da quanto discusso, viene sottolineato come al proposto processo di estinzione di una delle due popolazioni enantiomorfe per incompatibilità di materiale genetico, si possano sovrapporre le esigenze nutrizionali che condurrebbero inevitabilmente ad una sorta di competizione. Competizione passiva, è vero, ma tuttavia competizione in quanto certi sistemi sopravvissero ed altri scomparvero per sempre.
Si presenta quindi la necessità di discutere il comportamento di un sistema competitivo. Come premessa, è bene sottolineare che perché si verifichi competizione, non è necessario che scarseggino tutti gli elementi nutritivi: è sufficiente che spariscano o si rendano scarsamente disponibili alcuni componenti fondamentali. Quando ciò si verifica, come fatto del tutto accidentale, viene favorita una delle due specie. Per questa discussione, ci baseremo sulle equazioni di Lotka-Volterra, ma anziché proporre possibili vantaggi evolutivi responsabili della selezione dei L-amminoacidi, è più conveniente invertire i termini della questione esaminando quali condizioni debbano essere soddisfatte, in linea di principio, perché due popolazioni enantiomorfe in competizione possano coesistere stabilmente.
Faremo l'ipotesi che dette popolazioni ad un certo punto della loro evoluzione si diversifichino, senza per questo affermare che una delle due abbia un vantaggio sull'altra. Siano:

le equazioni che descrivono l'evoluzione temporale di due specie in competizione. con a, b, c, e, f, g, costanti positive il cui significato è il seguente:

a, e : costanti che misurano l'indice di natalità;
b, f : costanti che misurano le limitazioni nutrizionali (quando il numero di individui x o y è basso, i termini sottrattivi bx2 ; fy2 sono trascurabili e la crescita è esponenziale);
c, g : costanti che misurano gli effetti inibitori di ciascuna specie sul proprio competitore.

Facciamo l'ipotesi che il fattore critico limitante la possibile coesistenza delle due popolazioni sia essenzailmente legato alle limitazioni nutrizionali; ciò equivale ad imporre:

bf - cg > 0 (3)

risolvendo il sistema, si presentano due casi interessanti:

Con le condizioni (i), si può dimostrare che il sistema è stabile, mentre con le (ii) è instabile: quale delle due popolazioni prevarrà dipende dalle condizioni iniziali. In effetti, il secondo caso (ii) corrisponde alla formulazione in termini analitici della teoria proposta da Wald e valgono evidentemente le stesse critiche; rimane dunque da discutere il primo caso (i).

Per interpretare biologicamente la condizione (3) relativa alla coesistenza delle due popolazioni enantiomorfe, supponiamo, senza diminuzione di generalità, che le velocità intrinseche di accrescimento a, e delle due popolazioni siano uguali, dunque la condizione espressa dalle (4) risulta : b>g e f>g. Queste disuguaglianze stabiliscono che un aumento di densità di una delle due popolazioni comporterà una limitazione del proprio accrescimento maggiore di quella indotta nella popolazione competitrice. Questa eventualità può verificarsi se due popolazioni sono limitate parzialmente da differenti risorse vitali: può così essere arrestata la crescita della popolazione caratterizzata da maggior tasso di accrescimento prima che raggiunga una densità sufficiente a minacciare l'estinzione dell'altra. Nel caso in esame, la coesistenza di due popolazioni enantiomorfe può essere favorita proprio dalla impossibilità di una comune utilizzazione di molecole asimmetriche.

Ovviamente, si pone un altro problema: per quanto tempo potrà mantenersi questa situazione di stallo? Non bisogna infatti dimenticare che un modello deterministico come quello proposto non può riflettere la realtà ecologica in quanto presuppone come infinite le dimensioni della popolazione e trascura i fattori casuali che si verificano col tempo nell'ambiente circostante. Così, ad esempio, se un modello deterministico prevede che la densità di una o più specie in un ecosistema scenda periodicamente a valori molto bassi, il corrispondente modello stocastico, invece darà una probabilità non trascurabile di estinzione. D'altra parte, se un modello deterministico indica un equilibrio stabile, il corrispondente modello stocastico prevederà una sopravvivenza a lungo termine.
Comunque, pur con queste limitazioni, l'applicazione di un qualsiasi ragionevole modello matematico riesce utile in quanto non è necessario che fornisca una descrizione precisa e rigorosa della corrispondente realtà biologica. Infatti, ciò che vogliamo da un modello matematico è conoscere quale tipo di variazione nel comportamento del modello sia indotta da una particolare variazione dei parametri, e poter dedurre se una corrispondente variazione si possa essere verificata nel comportamento del sistema in questione. Così, nel nostro caso, con il modello proposto ci siamo posti nella condizione diversa da quella offerta dalla teoria di Wald: è individuato un possibile fattore stabilizzante.

Ciò premesso, possiamo formulare l'ipotesi che una volta raggiunta una situazione di stallo, si sia verificata una selezione fra le varie specie appartenenti a ciascuna popolazione, fino a ridurre la competizione essenzialmente a due specie enantiomorfe, delle quali una si estinse. Questo punto di vista può essere avvalorato dalle proprietà di autorganizzazione dei proteinoidi di Fox e dai meccanismi di selezione delle microgocce di Oparin: i composti chimici che in uno stesso sistema sono coinvolti in reazioni parallele, sono trasformati nella direzione ove agiscono più rapidamente. Così, in un organismo vivente o prebiotico, quelle reazioni che avvengono lentamente, potranno difficilmente inserirsi in un ciclo metabolico: questa selezione si ripercuote evidentemente in tutto il sistema. Pertanto, in un ambiente chiuso dove miriadi di organismi primitivi coesistono e sono in competizione passiva, il flusso più significativo di materia ed energia attraverserà il sistema più efficiente, ossia quello che possiede la maggior velocità di trasformazione chimica interna. Se il loro dinamismo è compatibile con l'autoconservazione, questi sistemi sottrarranno una significativa quantità di sostanze organiche ai sistemi caratterizzati da metabolismo più lento che verranno via via eliminati. Solo gli organismi più dinamici, caratterizzati da catalizzatori più efficaci, sono stati conservati dalla selezione naturale.

Sulla base di quanto discusso, non è chiaro come avvenne questa selezione; possiamo solo accennare alcune possibilità. Se ad esempio formuliamo il sistema (2) ponendo a = e; c = g; bf -c2>0, ossia consideriamo due specie enantiomorfe con velocità intrinseche di accrescimento uguali ma tali da limitare l'accrescimento in misura maggiore da quanto imposto da una differente consistenza di sostanze nutritive asimmetriche (c > b > f), allora si vede immediatamente che una delle due specie si estingue.
Questo modello (o meglio dette condizioni), può servire da traccia per spiegare l'utilizzazione da parte dei sistemi viventi di soli a amminoacidi. Infatti, nelle sintesi realizzate in laboratorio, la proporzione degli alfa amminoacidi è superiore a quella dei beta amminoacidi; ciò suggerisce che allorché si formarono i primi polipeptidi, gli a amminoacidi fossero più abbondanti dei b amminoacidi, sicché si verificò una prima selezione fra i sistemi prebiotici che si trovavano in competizione passiva: sopravvissero quelli capaci di utilizzare il gruppo di amminoacidi più abbondante. Allo stesso modo, una fluttuazione nella consistenza numerica dei L e D amminoacidi potrebbe aver operato la selezione in causa. In questo caso, si noti che non è necessario che tutta la classe dei L amminoacidi sia stata più numerosa dell'altra: è sufficiente che alcuni D amminoacidi siano stati meno diffusi e numerosi. Analogo destino subiscono due specie enantiomorfe le cui velocità intrinseche di accrescimento siano uguali a = e ma i cui reciproci effetti inibitori siano differenti e limitino l'accrescimento in misura maggiore di quanto imposto da una eguale consistenza di sostanze nutritive asimmetriche (c > b = f). L'osservazione che alcuni antibiotici naturali (gramicidina S, penicillina) devono forse in parte la loro attività all'alto contenuto della configurazione D degli amminoacidi, suggeri-ce anche una formulazione alternativa del sistema (2) in modo da considerare la possibilità che ogni specie enantiomorfa produca una sostanza tossica per l'altra, e questo ad un tasso costante, indipendente dalla densità dell'altra. Ciò equivale ad introdurre i termini -ky e -jx rispettivamente nella prima e nella seconda equazione del sistema (2)

questo modello prevede l'estinzione della specie inizialmente meno abbondante e dunque poco aggiunge a quanto discusso.

Conclusioni.

Da quanto discusso, appare plausibile che l'origine dell'asimmetria biologica possa essere ricercata nella storia evolutiva della vita. L'approccio proposto permette anche di giustificare perché i D amminoacidi non siano del tutto assenti in natura. Infatti, ad esempio, nella capsula del carbonchio è contenuto l'acido D glutammico, e le D aminoacidossidasi, nonostante la scarsezza in natura di D amminoacidi sono più diffuse ed abbondanti delle L aminoacidossidasi. Quest'ultimo è un esempio assai raro in natura dell'esistenza di enzimi per entrambe le forme stereoisomere dello stesso substrato: generalmente esistono enzimi per la sola forma L. Ciò premesso, se si considera che i D amminoacidi non partecipano mai al ciclo fondamentale acidi nucleici-proteine, possiamo spiegare la loro presenza ipotizzando che quando si verificò la competizione fra le due specie enantiomorfe sopravvissute, quella che disponeva casualmente di un ciclo riproduttivo più efficiente oppure usufruiva di una maggior disponibilità di substrato asimmetrico (L amminoacidi) orientò la sua evoluzione usufruendo di quei processi che ne permettevano la massima utilizzazione, lasciando che i D amminoacidi partecipassero occasionalmente a funzioni accessorie.

Un'altra prova che si aggiunge a favore dell'ipotesi di una selezione biologica è offerta dall'analisi della composizione dei meteoriti. Due meteoriti furono esaminati con garanzia di non contaminazione terrestre: il meteorite caduto vicino a Murray (Kentucky, 1950) e quello esploso sopra Murchison (Australia, 1969). dai frammenti del meteorite di Murchison vennero separate piccole quantità di diciotto amminoacidi diversi. Di questi, sei sono presenti nelle proteine dei tessuti viventi, gli altri dodici ricorrono raramente o mai. Il meteorite di Murray diede risultati analoghi.
Le concordanze sperimentali tra i due meteoriti, caduti agli antipodi del mondo e a 19 anni di distanza, sono degne di nota. Ora, se gli amminoacidi presenti nelle meteoriti appartenessero tutti alla serie L o alla serie D, si potrebbe avanzare l'ipotesi che nella loro produzione fossero implicati processi vitali, ma le condriti carbonacee hanno rivelato mescolanze racemiche e questo suggerisce che gli amminoacidi in questione si siano formati in processi estranei alla vita. In effetti, questa conclusione, entro certi limiti, si accorda con un'altra considerazione: gli acidi grassi dei tessuti viventi si formano dall'addizione di un numero variabile di composti formati da due atomi di carbonio, quindi tutti gli acidi grassi dei tessuti viventi hanno un numero pari di atomi di carbonio. Così, gli acidi grassi caratterizzati da catene di carbonio dispari non sono caratteristici dei nostri processi vitali. E in effetti, nel meteorite di Murchison, gli acidi grassi pari e dispari erano presenti in quantità pressoché uguali.

Bibliografia: V. Volterra - Variazioni e fluttuazioni del numero di individui in specie animali conviventi, Mem. accad. Naz. Lincei 1926
E. Havinga - Biochim. Biophys. Acta 1954
G. Wald - Annals N.Y. Acad. Sci. 1957
M. Calvin - Chemical evolution, Clarendon press, Oxford 1969
J. Maynard Smith - L'ecologia e i suoi modelli - Mondadori, EST 1975

nemesi

copyright Marcello Guidotti, 1999
Questo articolo non può considerarsi soddisfacente in quanto le conclusioni non sono direttamente estrapolabili dai modelli matematici discussi. Se qualche lettore volesse contribuire, sarò lieto di firmarlo in collaborazione.
Questa pagina è stata scritta limitando al minimo i caratteri speciali del codice HTML per poterla stampare facilitandone la lettura. Tuttavia alcune parti risulteranno con codici HTML, ed alcune formule (rese come immagini GIF) dovranne essere copiate manualmente.
Marcello Guidotti