La storia di Segòmo a nessuno piaceva raccontarla, quando qualcuno stava per pronunciare il suo nome un brivido premonitore gli si ghiacciavano in bocca le parole, allora preferivano tacere per non essere scambiati per guerrieri violenti. I Manni stavano sulla sponda destra del fiume, attaccavano spesso le altre tribù pacifiche dell'altra sponda. Era ovvio che il dio di tutte le guerre stesse in mezzo ai due belligeranti. Il dio parlava solo tramite Ogam lo spirito che viveva dentro una quercia millenaria sulla sommità di una roccia nera, come un truce ciclope del Grande Mare, la roccia si collocava in mezzo al fiume dividendolo in due larghe falde, da quella di destra nasceva il fiume Sieg. Segòmo era anche la divinità che le tribù galliche d'Alesia che l'hanno invocavano prima e durante le battaglie. Segòmo aveva un fratello sciamano Guredos della tribù dei Manni che l'ha interrogava spesso tramite l'oracolo Ogam. Il fratello poneva tante domande, la maggior parte era semplici richieste d'accomodamenti, futili, lamentele dei mortali, mai una volta che il parente chiedesse previsioni o richieste di vittoria per il clan. Segòmo seccato di questo petulante diede una consegna ad Ogam. - Quando qualche malaccorto pescatore si avvicinava alla roccia nera, il vecchio albero, incomincia a scuotersi violentemente e scagliare nel fiume le sue durissime pigne d'argento. Dal ribollio delle acque tutti i pesci scappavano lontani, così che nessuno in quell'ansa del gran fiume aveva fortuna. Se volevano pescare a tutti i costi, dovevano camminare per vari giorni fino all'immenso Delta -. Terminò la frase e sparì verso il carro del Sole che stava per scendere verso l'ignoto orizzonte. Tutti capivano che il dio aveva posto un ultimatum, la storia dei pescatori era solo un pretesto per spingerli a sfidarsi ed iniziare a combattersi, così che erano costretti a chiedere il favore del dio per condizionare il proprio destino. Guredos aveva una figlia di sedici anni, talmente bella, che tutti erano invaghiti di lei, un giorno mentre essa si stava lavando i capelli dorati, con un unguento fatto d'olio e di fiori di camomilla, il suo anello cadde in acqua, un luccio aprì le fauci ed inghiottì l'anello d'Alessia. Piangendo la fanciulla corse dal padre sciamano ad implorarlo di fare il possibile per interrompere, almeno per un giorno la maledizione di Segòmo, di usare tutta la sua conoscenza di capo villaggio per obbligare gli uomini della sponda sinistra a dare la caccia al predatore del fiume Egli, l'aquila di tutte le acque dolci. Dalla sommità della roccia, l'albero magico stette immobile, una grande operazione di recupero in cui partecipavano tutti i maschi dei villaggi delle due sponde ebbero inizio, si posero reti, scandagli, trappole, esche vive, ma del Luccio nessuna traccia, incapparono diversi pesci, alcuni addirittura sconosciuti, con la testa a becco d'uccello, altri con denti acuminati, altri ancora erano grosse cernie. Per tutto il giorno vagliarono, setacciarono, e liberarono immediatamente tutti i pesci, ma del luccio niente di niente, possibile che sia svanito un animale di quella taglia, tanto famelico e predatore, le esche preparate a fili di budello erano al sicuro senza che la grande gola s'avventasse su di loro. Il Luccio era Odino stesso tramutato per rompere un rito antico. Alessia assisteva a tutto quel trambusto causato involontariamente da lei: -Tutto per un anello ! - Brontolavano gli uomini curvi nelle acque del grande fiume. Sola la fanciulla conosceva la magia dello smeraldo circondato da una corona di diamanti azzurri, oltre l'inestimabile valore, l'anello serviva per il Plenilunio d'Aprile ad aprire i riti propiziatori a Freyja. La vergine Alessia era condotta dai Druidi sulla sommità della roccia in mezzo al fiume, sul punto esatto scolpito nel Mehir, la pietra divina con la raffigurazione d'Odino. L'incanto iniziava quando la Luna stava all'apogeo, la Vestale avrebbe elevato l'anello verso l'Astro, dal quale si sprigionava un sottile raggio laser, i diamanti avrebbero moltiplicato e diffuso a raggiera ai quattro orizzonti annunciando agli umani le prossime sei Calende dell'anno. Invece quell'anno la cerimonia non fu possibile, almeno che non si trovasse l'anello, sparito con Egli. I Druidi decisero di tentare lo stesso e diedero ad Alessia, la pura, un altro anello assicurandola che avrebbe fatto la stessa funzione dell'originale, gli orafi si misero subito al lavoro, i dodici diamanti azzurri, furono sostituiti con dei brillanti, lo smeraldo, raro da quelli parti fu cambiato con un cristallo verde delle Alpi. Il torciglione era d'oro, come l'originale. Venne il giorno dell'Ariete e le due processioni presero la via verso la roccia sacra. Alessia, la prescelta rapita dalla concertazione nel suo manto colore della notte procedeva tendendo le mani congiunte. Gli astanti attesero il momento fatidico un cupo silenzio scese sulle acque del grande fiume. La Luna immobile ed incapace di assecondare le speranze degli uomini, ascoltò come tutti i presente la voce del Oracolo. - saranno Calende di sangue e di sconfitte, di lutti e d'orrore, verrà un nuovo Campione che darà a Segòmo una soddisfazione, ma Segòmo premierà Egli senza l'anello. L'Ariete distruggerà ogni cosa sul suo cammino. Le parole d'Ogam impietrirono i cuori delle tribù celtiche del medio Reno. Segòmo ne rise e regnò per dodici anni seguenti. Il sacrificio d'Alessia fu inutile e fu l'ultimo rito tribale che i Druidi compirono su quelle terre.

di: Lucien Riva, editore:odinonline98@yahoo.com



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