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DARKXENO
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DIARIO DI PAZZIA

Dal diario di Margaret Wilson

14 Novembre 1854
E' la prima notte questa che trascorro sola in questa casa. Dalla morte di mio marito Jhonatan ormai non faccio altro che girovagare per questi corridoi deserti in cerca di ricordi che mi facciano tornare in mente i bei momenti passati assieme. Come è potuto accadere? Nemmeno i medici hanno capito cosa lo abbia ucciso così barbaramente, così inumanamente. Quando Mr Freeman è arrivato in piena notte alla mia porta per raccontarmi di come avevano trovato il mio caro Jhon quasi decapitato (quasi perché la lacerazione sul collo non aveva staccato la testa di netto) non volevo crederci, solo quando mi hanno chiamato per identificarlo la mia ultima speranza è morta.

15 Novembre 1854
Un altro giorno è passato. Oggi ho chiamato una governante perché da sola non riesco più a tirare avanti, mi sentivo davvero troppo sola, ora almeno ho qualcuno che mi fa compagnia nei momenti più tristi. Si chiama Betty ed è una donna davvero socievole. L'orologio del corridoio sta battendo ora le 23:00, è stato proprio ora che... che Jhon è morto, o almeno così hanno detto i medici, non posso fare a meno di tormentami.

16 Novembre 1854
La luna è alta nel cielo e la casa è invasa dal silenzio, ma io non riesco proprio a prendere sonno in quel letto vuoto, è come se sentissi ancora la sua presenza, la sento davvero, a volte mi giro verso la parte in cui era solito dormire e mi sembra di vedere ancora il suo volto. Prima di svegliarmi ho fatto un incubo: ho sognato che Jhon era tornato a casa, ma non era proprio lui, è difficile da spiegare, ricordo solo i suoi occhi spenti e privi di vita, è stato orribile.

17 Novembre 1854
E' notte e il sonno sembra essersi dimenticato di me, rimango qui distesa nel letto a guardare il soffitto e ad aspettare che il mio Jhon torni a casa. Sciocco vero? So che è morto ma non posso fare a meno di sperare che torni lo stesso, ma sappiamo tutti che dalla morte non si fa ritorno. Oggi per la prima volta sono uscita in paese per fare compere, sono passata anche al cimitero per mettere dei fiori sulla tomba del mio sposo ed è proprio lì che ho incontrato quello che credo sia stato un suo amico. Era lì vicino alla sua tomba, non ho potuto vedere il viso perché era velato da una sciarpa nera e il capo era coperto da un cappello dello stesso colore, sembrava molto triste, non toglieva gli occhi dalla lapide.

18 Novembre 1854
I fiori che ho portato ieri sono già appassiti, non capisco come sia potuto succedere. Ne ho portati degli altri e ho di nuovo incontrato quell'uomo, era sempre vestito nello stesso modo, ma oggi l'ho osservato bene e a mio grande rammarico ho notato la somiglianza con Jhonatan. Me lo ricorda davvero molto

19 Novembre 1854
Ho paura, sento una voce in giardino, Betty è dai suoi parenti fuori Londra e io sono in casa da sola. Sento qualcuno nel giardino che sta scavando... non so cosa faccia di preciso, sento solo qualcuno che parla e scava. Penso sia un ladro perché siamo in piena notte. I miei occhi sono stanchi ma non posso dormire, questo inquietante rumore non me lo permette.

20 Novembre 1854
Questa mattina sono andata a guardare in giardino e ho trovato un mucchietto di terra scavata, ho provato a metterci le meni e ne ho estratto un anello. In quel mucchietto di terra c'era un anello d'argento molto simile a quello del mio Jhon, chiunque ce l'ha messo sapeva bene che io l'avrei trovato. Sta calando la sera, sono terrorizzata dal fatto che lo sconosciuto possa tornare.

21 Novembre 1854
Betty ha chiamato poco fa dicendo che non tornerà prima del 24, sono preoccupata per me. Oggi mi è caduto l'occhio sull'anello trovato in giardino proprio ieri e con grande stupore ho notato che al suo interno vi è inciso il nome "Margaret": il mio nome. Quello era l'anello che Jhon aveva su quella notte, uno stupido scherzo forse, ma mi impedisce di dormire tranquilla.

22 Novembre 1854
Sto impazzendo. Sono seduta sulla scrivania mentre scrivo e la candela è quasi finita. I rumori in giardino... sono ricominciati, l'unica differenza è che nessuno scava, sento solo qualcuno che corre e che urla ma quando mi affaccio non vedo nulla se non le tenebre. Forse sto davvero impazzendo o forse lo sono già ma giuro su Dio che sento davvero queste strane voci.

23 Novembre 1854
Le voci... le voci sono ovunque... in casa in giardino ora anche nella stanza... non ho più lacrime per piangere... la sento... la sento chiara questa voce... è la voce di Jhon! Ma Jhon è morto non può essere lui... eppure è qui... non posso fare altro che scrivere... scrivere ciò che sento perché se anche urlassi nessuno mi sentirebbe... Jhon... Jhon... forse è lui davvero... sono impazzita...

Dal diario di Betty Sunders

25 Novembre 1854
Sono arrivata a Londra con un giorno di ritardo a causa del maltempo e ad accogliermi ho trovato solo i vicini che mi hanno dato la triste notizia della morte della mia padrona. L'hanno trovata ieri mattina in giardino, sembra si sia buttata dalla finestra, l'unica cosa che non si riesce a spiegare è il profondo taglio sul collo e l'anemia cronica da cui era affetta. Al cimitero ho trovato anche due persone vicino alla sua tomba, uno era un uomo vestito di nero con una sciarpa e un cappello, mentre l'altra era una donna, indossava una mantella e un velo nero sulla testa che le copriva il volto. Se non sapessi che dalla morte non si fa ritorno avrei giurato che fosse Miss Wilson.
LA DANZA DEL VAMPIRO

Il gioiello di diamante che Amanda era solita portare risplendeva sotto i lucenti raggi che il sole del mattino diffondeva tra gli alberi del bosco, Il calesse su cui ella sedeva faceva tremare i pesanti bagagli ben affrancati sul tettuccio e il canto armonioso dei fringuelli riempiva l'aria di un'allegria che ormai da tempo non si assaporava più tra le fredde terre d'Inghilterra.
"Guarda che graziosi uccelletti!" - gridò entusiasta indicando con il dito il rapido battito d'ali che aveva appena sfiorato la carrozza, Elisabeth contraccambiò con un sorriso che trapelava preoccupazione e paura, naturalmente questo non sfuggì ad Amanda che con fare spensierato disse - "Non sarai ancora preoccupata? Elisabeth stai andando a un matrimonio! Il tuo matrimonio! Non puoi arrivare dal tuo futuro sposo con quella faccia da funerale!" - lei per tutta risposta si voltò verso il finestrino, Amanda poggiò una mano sul ginocchio dell'amica che le era seduta dinnanzi e provò a rassicurarla dicendo - "Vedrai che andrà tutto bene, non c'è motivo di essere in pena: il vestito è bellissimo, il posto è bellissimo, tu sei bellissima! Cosa può andare storto?" - negl'occhi della sua interlocutrice parve accendersi una luce di conforto che però sparì in un secondo per lasciar posto a brutti pensieri - "E se lo chiamano? è già successo, ricordi quella sera alla festa di Natalia? Oh mio Dio... ho un brutto presentimento" - concluse mordendosi il labbro inferiore, Amanda sollevò gli occhi al cielo e scocciata dalle continue paranoie che le toccava sentire provò di nuovo a rassicurarla - "Quella era un'altra occasione, dovevi immaginare che Ben sarebbe stato chiamato a lavoro quella sera, hai scelto un marito poliziotto mia cara, è normale che a volte gli tocchino gli straordinari" - Sorrise di nuovo e con fare scherzoso le arruffò i capelli biondi che ricci come trucioli le cadevano sulle spalle. Il viaggio proseguì tranquillo e a parte alcune delle solite preoccupazioni della futura sposa, fu anche abbastanza gioioso. Una volta giunte nei pressi di StoningTown vennero fatte scendere gentilmente dalla carrozza che le aveva fin lì trasportate, la prima impressione di quel posto non fu certo tra le migliori: si trovavano in una specie di grande canyon sormontato da immense montagne color grigio, gli alberi erano molto rari e quei pochi sembravano cadere da un momento all'altro giù per il ripido dirupo che stava alle loro spalle, un sentiero di sassolini strisciava giù per la vallata pietrosa e si insinuava per un piccolo tratto in delle fessure di roccia che potevano sembrare a prima vista profonde caverne ma che in realtà si rivelavano sottili solchi nella parete. Il conducente prese i bagagli delle signore e con delicatezza li porse alle due viaggiatrici, Amanda, che fino a quel momento era rimasta immobile a osservare il paesaggio, raccolse la valigia più pesante e dimenandola davanti agli occhi dell'uomo urlò sconcertata - "Come crede che portiamo tutte queste valige fino a laggiù?! Noi le abbiamo chiesto di portarci a StoningTown e non tra le montagne!" - Il conducente della carrozza risalì sul veicolo con tutta tranquillità e con altrettanta replicò - "Il villaggio è a meno di un chilometro lungo quel sentiero, la discesa è ripida e il calesse si ribalterebbe sicuramente. Mi spiace signore ma più di così non posso fare, Arrivederci." - e così dicendo fischiò ai cavalli che obbedienti fecero retrofront lungo il sentierino. Amanda si guardò attorno stupefatta dalla risposta che aveva appena ricevuto - "Bene, credo che dobbiamo faci una bella passeggiata. Cosa ne dici?" - un lungo e interminabile silenzio sembrava essersi messo tra loro - "Dico che non ci arriveremo mai! Guarda qui, tutte queste valige come le portiamo? In spalla?" -
- "Perché no!" -
- "Tu sei pazza! Peseranno un quintale!" -
- "Oh Come la fai lunga Elisabeth, ti vuoi sposare o no? Ecco prendi queste due, sono le meno pesanti" -
Detto questo le rifilò una cappelliera rossa e due borse di tela contenenti pochi vestiti, poi a sua volta prese le quattro rimanenti e con visibile sforzo se le caricò sulle spalle - "Amanda! Ti farai venire un'ernia! Non voglio vederti sudata nel giorno del mio matrimonio! Nè tantomeno lo voglio passare accudendoti all'ospedale di questo paese dimenticato da Dio!" -
- "Cosa propone allora la signorina?" -
Pazientò per alcuni attimi ma vedendo che la risposta tardava ad arrivare si incamminò per la strada scoscesa. In effetti ciò che aveva detto il cocchiere poco prima corrispondeva al vero, la pendenza che si trovavano ora ad affrontare era a dir poco ripida, i sassolini acuminati scivolavano sotto le delicate scarpette e ciò rendeva tutto ancora più pericoloso, in più le continue e rincaranti lamentele di Elisabeth davano da sottofondo a quell'impresa già ardua di per sè per due giovani dame aristocratiche come loro. Dopo parecchio tempo arrivarono alla fine, avevano perso quasi un ora per discendere dalla rocciosa collina - "Ecco perché questo posto si chiama StonigTown, tutto bene?" - chiese all'amica che con un grugnito rispose in malomodo - "Se seguivi il mio consiglio Amanda..." - ma fu interrotta - "Se seguivo il tuo consiglio saremmo ancora lassù ad aspettare tutte e due. Forza ora, proseguiamo, non vorrai che faccia buio vero?" - Elisabeth sobbalzò, di fretta raccolse i suoi bagagli e con ancor più fretta si incamminò lanciando ad Amanda richiami e sollecitazioni che non poterono fare a meno di farla sorridere. Giunsero al piccolo villaggio al calar del sole, poco prima che le tenebre calassero del tutto si trovarono una stanza nella locanda e lì poggiarono tutti i loro bagagli prima di scendere nella taverna attigua per poter consumere la cena. Sedute a un tavolo si guardavano attorno, Amanda era piacevolmente incuriosita dalla gente e da tutte quelle facce nuove che le giravano attorno mentre la povera Elisabeth pareva terrorizzata dal fatto che qualcuno di quegli individui di basso borgo potesse in qualche modo avvicinarla - "Suvvia! Non essere sempre così sul chi-va-là!" - rimproverò Amanda alla sua compagna timorosa dandole un'amichevole pacca sulla spalla, ma questo spaventò la giovane a tal punto che rovescio il bicchiere di vino sul vestito elegante, l'attenzione di tutti le fu puntata addosso. In pochi secondi divenne più rossa del fuoco che ardeva nel camino e quando un vecchio mezzo ubriaco si avvicinò per prestare il suo soccorso lo scacciò con un urlo per poi fuggire nella stanza in cui vi erano i bagagli.
- "Elisabeth non fare così... ho già mandato un uomo a cavallo ad avvisare di far venir qui una carrozza. Domani a quest'ora saremo in una comoda camera a preparare gli ultimi ritocchi per il matrimonio e dopo domani invece sari una donna felicemente sposata" -
La baciò sulla testa che ora era sprofondata nel cuscino e con tutta la gentilezza che le era possibile sussurrò:
- "Hai visto come hai fatto colpo sul quel vecchietto alla taverna? Si sarebbe sicuramente tagliato una mano per poterti avere in sposa" -
Quello che prima sembrava un pianto sommesso e soffocato ora si mutò in una risata, il viso rigato di lacrime della ragazza emerse dal cuscino lasciando intravedere i suoi occhi color del mare in tempesta che in quel momento più di ogni altro parevano rispecchiare la vera e tormentata natura di Elisabeth. Poca gente sapeva cosa le era realmente successo e ancora meno sapeva quali pene aveva dovuto affrontare nella sua giovane vita: a soli diciotto anni fu promessa a un uomo di alto rango, un generale dell'esercito che morì però durante ritorno in patria, a vent'anni avrebbe dovuto sposarsi con un banchiere di Oxford ma ancora una volta non poté a causa di un crollo della borsa che gettò il promesso sposo in mezzo una strada. Non c'è da stupirsi perciò se ora che ha ventitré anni e per la terza volta tenta di sposarsi con un uomo che dice di amare, soffra di queste paranoie e manie depressive.
L'indomani il sole si fece largo tra le tende di lino che morbide tentavano di coprire la finestra, uno dei molteplici raggi di sole andava ad accarezzare la delicata pelle di Amanda che ancora assonnata tentava di alzarsi dalla branda, un nitrito accompagnato dal rumore di carrozza preannunciò l'arrivo di Benthon, il futuro marito della compagna di Amanda, si affettò ad alzarsi dal letto e mentre indossavo uno scialle guardò fuori dalla finestra, era proprio lui - "Svegliati presto! E' arrivato!" -
Elisabeth si tolse la mascherina copriocchi che era solita mettersi la notte e intontita cercò di destarsi. In un batter d'occhio erano entrambe pronte per il viaggio che le avrebbe condotte alla StoneHouse, discesero i ripidi gradini i pietra e uscendo all'aria aperta corsero incontro a Benthon e al suo amico Jeorge che erano venuti a prenderle - "Ben! Che piacere rivederti!" - urlò Amanda gettandogli le braccia al collo. Jeorge, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si fece aventi per fare conoscenza delle fanciulle
- "Amanda, mia amata Elisabeth, questo è Jeorge mio caro amico dai tempi del liceo." -
- "Piacere di conoscervi" -
- "Il piacere è tutto mio" - disse con dolcezza e porgendo la mano Amanda.
- "Forza ora! Tutti in carrozza! La strada da fare è molta e arriveremo a casa solo al tramonto" -
La carrozza era trainata da due possenti cavalli, Amanda sembrava stupita da quanto fossero forti, ci volevano dei bei muscoli per poter trainare un tale peso su quelle irte salite piene di ghiaia scivolosa. Durante il viaggio le due ragazze si divertirono a raccontare la loro piccola avventura con il cocchiere che le aveva abbandonate sulla montagna e in men che non si dica il tempo volò. Il sole era tramontato e la giornata di viaggio aveva stancato parecchio tutta la compagnia che ora stava sdraiata in silenzio sulle comode poltroncine della carrozza, una brusca frenata catapultò Elisabeth tra le braccia del suo fidanzato - "Che succede?" - tuonò Jeorge stizzito -" Signore, è meglio che venga giù lei a parlare con questo tizio" - fu la risposta, Benthon guardò negl'occhi la sua futura sposa come per dirle di non preoccuparsi e che sarebbe tornato subito, così lei lasciò la presa per rimettersi sul suo sedile. Quando aprì la porticina una gelida aria invase l'interno facendo starnutire più di uno dei presenti che si affettarono a chiuderla subito - "Che sarà successo?" - domandò preoccupata come al solito Elisabeth, ma nessuno rispose perché sia Amanda che Jeorge erano impegnati a cercar di sentire ciò che stava accendendo fuori. D'un tratto il rumore dei passi sulla ghiaia si mutò in quello di due voci, una era sicuramente quella di Benthon, l'altra invece sembrava quella di un vecchio, con le orecchie tese in ascolto i tre passeggeri cercavano sentire la conversazione che seguì:
- "Cosa ci fa qua lei? Quante volte devo dirgli di stare lontano da casa mia?" -
- "Le donne... le donne... non devono rimanere qui! Le faccia scappare! Scappate tutti!" -
- "Si, si ora levati dalla strada vecchio pazzo, se no la prossima volta ti faccio tirare sotto dai cavalli" -
- "Fuggite fuggite..." -
Un tonfo sordo riecheggiò nel buio, dopo alcuni secondi Ben tornò sulla carrozza sotto gli sguardi attoniti degli altri che aspettavano di sapere cosa fosse successo:
- "Ebbene? Cosa ci ha fermato?"- Domandò Elisabeth curiosa
- "Il vecchio signor Perkins..." -
- "Chi? Cosa voleva?" -
- "Nulla, è solo un vecchio pazzo. Prima era lui il padrone di StoneHouse ma poi ha voluto venderla e ora si aggira intorno alla casa per importunare i passanti. Te l'ho detto, è pazzo" -
La curiosità di Elisabeth non sembrava trovare pace e continuava a sommergerlo di domande riguardo a questo signor Perkins:
- "Perché ha venduto la sua casa?" -
- "Boh... si dice che quando sua moglie sia scomparsa lui è impazzito, andava in giro a dire strane cose sui figli del demonio che l'avevano rapita... è impazzito insomma" -
- "E poi? L'hanno ritrovata sua moglie?" -
- "No, qualcuno dice che si sia persa tra i monti, altri che sia stata rapita dai ladri, altri invece..." -
Si interruppe e guardò fuori dal finestrino, dall'altra parte della carrozza Elisabeth pareva eccitata da quella storia, fissava il volto di Benthon in attesa che finisse, ma vedendo che non accennava alcuna parola si innervosì:
- "Per tutti i santi Ben! Finisci ciò che stavi raccontando!" -
Il giovane si voltò, porse la testa avanti e a bassa voce rivelò:
- "Altri invece dicono che sia stato proprio lui, il signor Perkins a ucciderla, e poi abbia nascosto il suo cadavere da qualche parte nella casa..." -
Uno scossone fece sussultare tutti i passeggeri
- "Dannata carrozza, non poteva aspettare un attimo a partire?" - Disse ridendo Amanda, ma il suo sorriso durò ben poco, fuori dal finestrino in contrasto con l'oscuro paesaggio in cui si trovavano sfilò il bianco volto di Perkins che fissava l'interno della vettura con aria assente, poi lo lasciarono alle spalle.
- "Quell'uomo mette i brividi..." - disse Elisabeth sprofondando lentamente nello scialle viola che teneva sulle spalle. Durante i pochi minuti di viaggio che ne seguirono nessuno aprì bocca, tutti erano assorti nei loro pensieri, nelle loro paure.
Come un imponente Titano StoneHouse sembrava dominare la piccola vallata sottostante, il maniero era stato scavato nella roccia e i mattoni con cui era costruito erano dello stesso colore delle montagne circostanti. Deboli e fioche luci illuminavano a stento la facciata principale donando un'aria di mistero al territorio circostante, due torri si levavano forti sopra le guglie del tetto trafiggendo come lance l'oscuro cielo notturno.
- "Benthon..." - disse quasi in lacrime Elisabeth, il fidanzato aveva già capito cosa intendesse dire così rispose prontamente con il sorriso sulle labbra - "Non preoccuparti tesoro, di giorno fa tutto un altro effetto" -
La carrozza si fermò proprio davanti alle scalinate di roccia che conducevano al portone principale. Tutti e quattro scesero, Benthon sentì la mano della ragazza stringere forte la sua per la paura, la porta si aprì con un cigolio facendo uscire dall'interno dei membri della servitù, facendo l'inchino raccolsero i bagagli per portarli dentro.
- "Forza entriamo ora, la cena sarà pronta in tavola e qui fuori comincia a levarsi la nebbia" - suggerì Jeorge precedendoli sulle scalinate. Salendo i grossi gradini Amanda si guardava attorno incuriosita da quello strano posto che somigliava così tanto a uno di quei manieri pieni di fantasmi e leggende di cui lei aveva sentito tanto parlare, sopra il portone vigeva una scritta incisa a caratteri molto grossi: "StoneHouse" diceva e ai lati erano scolpiti due strani animali, forse sirene ma con grandi ali che guardavano con i loro occhi di pietra i visitatori che entravano nella casa. All'inizio della scalinata vi erano due statue degli stessi animali, erano molto curiose perché non si riusciva a capire che razza di mostri fossero: la prima metà, quella dalla testa al torace, era di una donna, ma l'altra parte... forse un corvo o un falco oppure un pipistrello, non si capiva perché le ali erano chiuse e rovinate dalle intemperie e dal tempo. - "Che cosa rappresentano tutte quelle statue che ci sono in giardino?" - domandò Amanda appena entrata nella casa - "Non guardare il fuori mia cara..." - poi con un gesto della mano Benthon mostro ciò che gli stava davanti - "...ma l'interno" -
Lussureggiati tende in velluto rosso circondavano i lati delle enormi finestre e portefinestre, una scala imponente spadroneggiava nell'immensa sala d'ingresso su cui pendeva un lampadario in ferro battuto le cui candele diffondevano nella camera ombre danzanti e un caldo tepore interrotto solo qua e là dal buio delle porte che conducevano nelle altre stanze - "è bellissimo!" -
- "Si vero? E non hai ancora visto nulla, ho voluto il meglio per Elisabeth" -
- "Vuoi dire che hai intenzione di trasferirti qui? Siete molto lontani da Londra" -
- "Beh si, in effetti siamo parecchio lontani. Ma non trovi che sia meraviglioso? È tutto così perfetto. Vieni ti faccio vedere una cosa" - la prese per mano e con forza la portò con se in una stanza vicina: era la stanza in cui si sarebbe celebrato il matrimonio il giorno seguente. Gli addobbi bianchi e oro facevano risaltare il candore della tovaglia in lino e dell'argenteria che brillava sotto i raggi della luna che per un secondo si era sporta dalle nubi, il centrotavola stupiva con i bianchi gigli e le foglie di felce. Nell'angolo a sinistra, vicino a quello che doveva fungere da altare, vi era una tavola in legno su ci si dovevano disporre i membri dall'orchestra che Benthon avrebbe fatto venire apposta da Liverpool.
- "Ben, è stupendo. Piacerà sicuramente ad Elisabeth" -
- "Lo spero davvero, sai lei è così..." -
- "Si, capisco cosa intendi ma vedrai che le piacerà di certo" -
Poi si diressero dall'altro capo del salone principale. Nella sala da pranzo Jeorge ed Elisabeth stavano discutendo sull'arredamento della stanza, appena i due fecero la loro comparsa sull'androne della porta essi si interruppero per accoglierli al tavolo.
- "Ci scuserete se abbiamo già iniziato a mangiare, ma sono molto affamata" -
Amanda le sorrise - "Figurati cara, avrei fatto lo stesso lo sai" - si sedette al lato destro del lungo tavolo, a capotavola sedevano i due uomini che già si stavano versando un boccale di vino.
- "Allora Elisabeth..." - Disse allegro Jeorge mentre una delle cameriere portava un piatto colmo di pietanze - "...cosa te ne pare della casa?" - la ragazza ci mise un po' a rispondere perché era intenta ad azzannare un pezzetto del pollo in salamoia che le era stato servito - "Un po' tetra, troppe statue strane, buia, fredda..." - poi vedendo che Ben aveva smesso di magiare per guardarla preoccupato finì in fretta - "...comunque mi piace, ha un non so che di antico e maestoso" - Ben sorrise e si cacciò di nuovo in bocca una patata - "E tu Amanda? Che mi dici?" - lo guardò ed emise il suo giudizio più rapida di un falco - "Mi piace sai? Ho sempre avuto un debole per queste case così imponenti, non vedo l'ora di visitarla tutta, dalle torri alle cantine" - un fracasso infernale fece andare di traverso una patata al povero Benthon - "Per tutti i diavoli cosa è successo?" - Una vocina sottile si levò da dietro le sedie e insieme a essa una cameriera dal volto pallido e stanco che si scusò dicendo - "Scusate, scusate davvero ma... ma..." - non finì la frase, raccolse i cocci e scappò via nelle cucine. - "Ho detto qualcosa di strano?" - domandò stupita Amanda, Jeorge rispose serio - "No, è sempre così, la sera si affrettano tutti per andare a casa e a volte combinano danni" - Elisabeth si intromise con la sua curiosità - "Perché se ne vanno? Non ci sono abbastanza stanze in cui dormire?" - Jeorge guardò prima Benthon come per passargli un testimone e lui proseguì - "No, non sappiamo con esattezza il perché, ma hanno voluto così, erano già di servizio quando abbiamo comprato la casa dal Signor Perkins" - al pronunciar di quel nome Elisabeth scoppiò come una bomba - "Proprio lui! Sono curiosa di sapere di più su questo personaggio, chiederò alla servitù" -
- "Auguri allora" -
- "Come?" -
- "Abbiamo provato anche io e Benthon a chiedere chi fosse e cosa facesse ma parlano solo il dialetto del luogo e anche se sapessero l'inglese non credo direbbero molto..." -
Questa frase così lasciata era per Elisabeth un cenno di sfida a saperne di più, ma prima che potesse aprire bocca per farne uscire la solita caterba di domande Amanda informò che era tardi e che il giorno seguente si sarebbero dovuti svegliare presto per ricevere gli ospiti e aiutare con i preparativi, nessuno si lasciò pregare così lasciarono la sala da pranzo per dirigersi nelle camere da letto.
Salita la scala Benthon ed Elisabeth si diressero a destra e si congedarono con:
- "La stanza di Elisabeth e la mia sono da questa parte, Jeorge ti mostrerà la tua, buonanotte"- gli altri due contraccambiarono il saluto e si immersero nel buio del corridoio. I passi riecheggiavano nel silenzio, alla loro destra le alte finestre davano su un piccolo cortiletto interno cosparso di alberi e al cui centro sprofondava un pozzo di pietra grigia. - "Che strana costruzione è questa..." - osservò Amanda a bassa voce per non disturbare il profondo silenzio che vigeva in quel momento.
- "Si... ho sentito dire che era una specie di convento prima" -
- "Un convento? E c'erano delle suore?" -
- "Frati mi pare... ecco la tua stanza è questa, la mia è poco più avanti perciò se hai bisogno..." - con fare tenebroso ma allo stesso tempo scherzoso concluse - "...urla" -
Amanda sentiva i passi di Jeorge allontanarsi nel corridoio, aspettò che anche la sua immagine fosse inghiottita dall'oscurità e aprì la porticina di legno che conduceva in camera. La stanza si presentava abbastanza grande con un letto a baldacchino di color verde, la finestra dava esattamente sulla facciata principale e dalla parte opposta del letto si ergeva un grande camino di pietra, la stessa pietra con cui era costruita l'intera dimora. La ragazza si sdraiò sul letto per contemplare le stupende lavorazioni che erano incise sui pilastri in legno del letto, raffiguravano degl'angeli e delle decorazioni floreali, a quel punto decise che non aveva sonno, dormire in casa sua era già abbastanza difficile per una che soffre di insonnia pensate dover dormire in un così grande e sconosciuto posto. Si alzò goffamente e strascicò i piedi fino a una libreria posta al fianco del camino, con gli occhi fece scorrere alcuni dei libri cercandone uno che poteva in qualche modo o conciliarle il sonno o attrarre la sua curiosità. Sibilò un po' di titoli facendo scorrere anche il dito sulle copertine consunte dal tempo, arrivata al terzo scaffale si bloccò su un volume di piccole dimensioni, il più usato e il più consumato, ne lesse il titolo: "Storie e segreti di StoneHouse". Velocemente estrasse il tomo che portò con se un po' di polvere grigiastra posta lì da chissà quanti anni, Amanda cercò subito una candela che poi accese con dei cerini trovati sul comodino, si sdraiò sul letto supina senza staccare gli occhi da ciò che si rivelò un manoscritto.
"...Proprio in quegli anni si dice che alcuni dei cavalieri templari che difendevano i confini settentrionali della Francia si siano rifugiati proprio a StoneHouse la quale in origine era un convento di frati. La leggenda vuole che quando misero piede nelle terre d'Inghilterra vennero accolti dalle donne del luogo che li ospitarono nelle proprie dimore per accudirli, con l'andare del tempo queste donne si innamorarono dei cavalieri e tentarono di sedurli, gli uomini che avevano fatto voto di castità a Dio dovettero fuggire da quelle case, ma le donne li inseguirono a cavallo per i monti e per i fiumi fino a che non arrivarono fino a un convento di frati i quali accolsero i cavalieri tra di loro per metterli al riparo dalle continue tentazioni delle donne. Si dice anche che esse non si diedero pervinte e che per il loro amore si lasciarono morire di sete proprio davanti al convento. La leggenda prosegue narrando..."
Un tuono fece vibrare i sottili vetri delle finestre. Amanda lasciò cadere il libro perdendone il segno, subito dopo lo scrosciare della pioggia le ricordò che le persiane erano aperte e che se non le avesse chiuse avrebbe rischiato di passare una notte al bagnato, senza badare al libro e al freddo spalancò le imposte delle finestre facendo così entrare una folata di vento gelido e umido, si affacciò di fretta alla finestra per afferrare le persiane che sospinte dal vento sbattevano contro il muro di pietra. Una figura nera attraversò il giardino veloce come un lampo per poi sparire appena toccate le mura dell'abitazione, Amanda rimase a fissare il terreno bagnato fino a quando un'altra figura non attirò la sua attenzione, era un uomo che correva verso StoneHouse e urlava a squarciagola, il vestito stracciato svolazzava al vento e la ispida barba bianca era impregnata di acqua piovana, ma gli occhi furono la cosa che più di tutte attirò Amanda, quegli occhi così assenti, così bianchi... era il Signor Perkins, ecco dove aveva già visto quegli occhi. Quel pazzo che probabilmente aveva ucciso sua moglie ora era la in giardino che urlava correndo verso di lei. Lo spavento fu tale da chiudere le persiane e correre a chiudere la porta con il chiavistello, subito si infilò sotto le coperte e lì attese che la notte passasse.
Il mattino arrivò inesorabile, ancora spaventata e incredula dell'accaduto di quella notte Amanda si alzò dal letto, si cambiò i vestiti mettendone alcuni più pesanti poiché la tempesta notturna aveva portato con se anche il freddo.
Nella sala da pranzo la attendevano Benthon ed Elisabeth che era seduta all'estremità del tavolo in preda al pianto:
- "Che c'è Elisabeth? Cosa è successo?" -
Per un attimo smise di piangere, ma riprese subito e tra un singhiozzo e l'altro spiegò - "La pioggia di ieri sera... ha fatto franare una montagna e il tratto che da qua conduce al paese è bloccato... il matrimonio... oh Amanda non potrò sposarmi senza invitati" -
- "Tutto qui il problema? Vedrai che non appena avranno tolto i detriti dalla strada gli invitati arriveranno" - A quel punto Benthon si intromise nella discussione:
- "Uno degli operai addetti ci ha spiegato che ci vorranno giorni" -
- "Suvvia! Non è morto nessuno! Il matrimonio è solo rimandato non annullato!" -
- "Jeorge è con te?" -
- "No, pensavo fosse già qui" -
- "Nella sua camera non c'era, forse è andato in paese ed è rimasto bloccato là" -
- "Si, può darsi, ma credo ci avrebbe avvertito" -
- "Potrebbe essere andato a comprarci un regalo di nozze..." -
- "Potrebbe, a me non ha detto nulla. Mangiamo ora o il the si raffredda" -
La colazione si concluse in fretta, Amanda non disse niente di ciò che aveva visto in giardino la notte precedente, preferiva non turbare ancora di più gli animi dei due futuri sposi. Per tutto il giorno non si ebbero notizie nè di Jeorge nè degli invitati, la sera arrivò e tutti e tre si riunirono ancora nella sala da pranzo per la cena, la servitù se ne era già andata e Amanda si era offerta volontaria per portare i piatti in tavola. Mangiarono ogni cosa senza fare troppi complimenti chiacchierando del più e del meno giunti al dolce Benthon fece per vuotare il fiaschetto di vino, ma ne uscì una sola goccia:
- "Non preoccuparti Ben, non ti lascio a secco nei giorni prima del tuo matrimonio" - detto questo Amanda si alzò dal tavolo e diretta verso la porta lanciò un'occhiata ai due piccioncini che si scambiavano tenere effusioni. Il giorno prima aveva visto una delle cameriere salire dalla porta del sottoscala con una di quelle bottiglie di vino rosso, era convinta che si trovassero la anche le altre. La luna quasi del tutto piena illuminava a stento il tappeto di velluto rosso donando all'intero salone un intenso colore azzurrino e facendo così risaltare le ombre delle pesanti statue di roccia che imponenti fissavano con il loro sguardo severo chiunque osasse passarci accanto, la piccola porta ci mise un po' ad aprirsi a causa dei cardini arrugginiti dall'umidità che trapelava dalle cantine, davanti ad Amanda scendeva irta e insidiosa nell'oscuro locale una scaletta di pietra grezza. Un freddo sospiro di vento precorse come un brivido la schiena della giovane facendole battere i denti, i passi riecheggiavano tra i muri coperti di muschio viscido e scivoloso, persino alcuni tratti delle scale erano ricoperti di quest'ultimo. Raggiunto il fondo della scalinata si ritrovò a fissare due lunghi scaffali colmi di bottiglie e bottiglioni contenenti il nettare di vite che attraversato dai deboli raggi di una luna splendente rifletteva sul pavimento riflessi color porpora. Con prudenza e guardandosi bene dalle chiazze scivolose di cui era cosparso il pavimento si avvicinò a quella che sembrava una bottiglia abbastanza leggera per il trasporto e la afferrò stretta con le mani, portandola alla luce della luna ne lesse il contenuto: "Bordeaux di Francia",
- "Ottimo, Credo che questo possa..."- La voce le si strozzò in gola, un'ombra aveva appena oscurato la finestra che dava luce alla cantina per poi sparire in meno di un secondo. Sibili e strani suoni simili allo strusciare di panni sul pavimento erano chiaramente udibili venire da dietro lo scaffale alle spalle di Amanda:
- "Chi... Chi è là?" - furono le uniche parole che fu in grado di emettere, il cuore sembrò saltarle fuori dal petto al solo sentire il riecheggiare di passi che dalle tenebre lentamente si avvicinavano, strinse a se la bottiglia quasi come essa potesse ripararla dalla creatura che si annidava nell'ombra di quella cantina:
- "Jeorge... sei tu? Ti prego mi stai spaventando..." -
Come risposta ricevette solo il silenzio, i passi cominciarono a farsi più vicini, più veloci, Amanda si diresse verso le scale con il cuore che le esplodeva per la paura, dietro di lei qualcuno correva per raggiungerla e per prenderla, passi leggeri, senza scarpe emettevano un sinistro e agghiacciante rumore che si ripercuoteva nell'angusta cripta da cui tentava di evadere il più velocemente possibile. Rapidamente saliva le scale pregando che chiunque ci fosse la sotto non la raggiungesse, e così fu, afferrata la maniglia della porta la spinse con forza e catapultandosi fuori la rinchiuse alle sue spalle. In silenzio e con la schiena appoggiata alla porta Amanda era in ascolto, poteva sentire il suo inseguitore salire le scale, ma non poteva muoversi pietrificata dalla paura. Si guardò le mani notando che la bottiglia di pregiato vino aveva perso il suo tappo riversando parte del suo contenuto sulle delicate mani, ma questo non le importava, l'unica cosa che voleva era essere al sicuro. Non fece tempo a spostarsi quando la porta si aprì emettendo un botto sordo subito accompagnato da quello acuto di una bottiglia che va in frantumi.
- "Amanda che succede?!" - Urlò Elisabeth che al sentire il rumore era subito accorsa, in lacrime la povera ragazza era sdraiata sul pavimento, una mano grondava fiumi sangue che mescolati al vino riempivano e impregnavano il tappeto:
- "Qualcuno... qualcuno in cantina" - ripeteva scioccata mentre fissava il polso ferito, Benthon arrivò di corsa richiamato dalla sua compagna:
- "Ben, presto! Amanda dice che c'è qualcuno in cantina!" -
L'uomo spalancò la porta che con un cigolio sbatté contro il muro lasciando uscire l'aria umida del sottosuolo:
- "Chi va là? Jeorge sei tu?" - attese qualche minuto tendendo bene l'orecchio:
- "Non c'è nessuno Amanda, forse erano solo i topi"-
- "No no no... c'era qualcuno che mi... mi inseguiva..."-
- "Oh no, calmati ora, vieni con me che ti medico la ferita, sembra abbastanza profonda" - disse Elisabeth dolcemente, aiutandola ad alzarsi calpestò alcuni dei frammenti di bottiglia sparsi per il pavimento. Arrivate nella stanza di Amanda l'amica tentò di farla sedere sul letto, prese alcune bende che si trovavano nel cassetto e dopo aver disinfettato il taglio prese il morbido fazzoletto di seta e le asciugò le amare lacrime che le sgorgavano dai lucenti occhi castani, occhi profondi e pieni di sentimento che non aspettavano altro se non essere guardati e quello fece Elisabeth, la guardò fissa negli occhi per poi chiederle come fa un'amica nei momenti difficili: - "Che c'è che non va? Ti senti forse sola? È normale che io e Ben..." - Amanda tolse il fazzoletto dalle mani di Elisabeth poi si voltò per sfuggire allo sguardo indagatore che pungente cercava di guardarle nell'animo - "No amica mia, non sono gelosa ne voglio attirare attenzioni. C'era qualcuno in cantina con me e mi ha inseguita su per le scale" - la morbida mano che fino a poco prima le asciugava le lacrime ora accarezzava il volto bagnato con grande amore - "Va bene, ora andiamo a letto però. Sei stanca, ne riparleremo domattina davanti a una bella tazza di the fumante e biscotti" - sorrise e si alzò porgendo la mano, Amanda si alzò a sua volta ma venne fermata - "Non c'è bisogno che mi accompagni. Buonanotte" - 
La stoffa che ricopriva il tettuccio del baldacchino doveva essere molto interessante per Amanda che da quando era rimasta sola nella stanza non aveva fatto altro che fissare il vuoto, pensieri e paure turbinavano nella sua mente da chissà quanto tempo, ancora con il sontuoso vestito da sera color canarino giaceva immobile sdraiata sul letto. La luna che fino a poco prima illuminava i suoi piedi ora era un fastidioso riflesso negl'occhi lucidi, alzandosi per chiudere le tende diede uno sguardo alle selvagge montagne che circondavano il paesaggio ma il suo occhio fu catturato da un'altra visione: cinque donne vestite di stracci ballavano al chiaro di luna nel giardino sottostante, i visi e i corpi magri e pallidi delle sconosciute danzavano al ritmo di una musica inesistente, quasi come sospinte dal vento le mani scheletriche si innalzavano per catturare l'astro che le sovrastava, i volti scarni fissavano il vuoto e i piedi, saldamente ancorati al suolo, sembravano pietrificati da chissà quale incantesimo. Sconcertata dalla surreale visione Amanda non poteva togliere gli occhi da quelle braccia ossute, erano come ipnotiche. Un cigolio la svegliò da quel trance riportandola alla coscienza, dal portone principale la figura di un uomo si avvicinava barcollando ai cinque esseri, subito dietro di lui un'altra persona correva lasciando dietro di sé la breve scia di uno strascico di veste. Quando le due figure arrivarono alla luce della luna Amanda poté riconoscere i volti di Benthon e di Elisabeth, incapace di muoversi fissava terrorizzata la scena sperando in cuor suo che fosse tutto un incubo, poi dalla sua gola scaturì un urlo:
- "Elisabeth!" -, ma sembrò non sentirla. Decise allora di correre da lei, di fretta attraversò la porta e con ancor più fretta corse a perdifiato il lungo corridoio, una volta arrivata al portone principale lo spalancò con tutte le forze per poi correre tra l'erba bagnata del giardino. - "Elisabeth!" - chiamò con quanto fiato aveva in gola, provò di nuovo ma senza ottenere risposta, si inginocchiò tra i ciuffi d'erba incredula di ciò che i suoi occhi le avevano mostrato. Perché quelle donne erano in giardino? Perché Benthon era uscito a così tarda sera? E perché Elisabeth pareva così tanto spaventata? Mille domande si facevano largo tra i pensieri di Amanda. Un singhiozzo proveniente dalla scala la fece sussultare, con velocità si girò e percorse con lo sguardo tutto il tratto dietro di lei, una macchia azzurrina stava accovacciata sotto una delle statue delle scale di pietra, le mani erano portate al volto in un segno di disperazione e i lunghi capelli dorati scendevano sul viso coperto da questi, in questa figura riconobbe Elisabeth, gli corse incontro non curante dell'erba che a ogni passo bagnava l'ingombrante vestito:
- "Elisabeth, Elisabeth! Cosa è successo? Dov'è Ben?" -
La ragazza ancora in lacrime la guardò con occhi che apparivano però vuoti e privi di vita, occhi bianchi e senza pupille che trasudavano gocce di sangue, un urlo scaturì dalla gola di Amanda
- "Che ti hanno fatto...?" - ripeteva insistente mentre copriva con le braccia il corpo freddo dell'amica e l'aiutava ad alzarsi:
- "I miei occhi... i miei occhi..." - cantilenava Elisabeth, il vento scompose i capelli sciolti di Amanda - "Andiamo in casa... vieni, si sistemerà tutto" -
Ora, tentando di calmare la povera Elisabeth e asciugandole con un tampone gli occhi, Amanda tentava invano di capire cosa fosse successo nel giardino, le domande si sovrapponevano le une sulle altre arroventandosi nella testa, a ogni più piccola risposta che le pareva di raggiungere si sostituiva una domanda che la gettava nel panico. Ormai le sembrava evidente che qualcuno aveva rapito Jeorge e Benthon e quella stessa persona aveva fatto del male alla sua amica, ma chi?
Tra le braccia Elisabeth si era addormentata, sfinita per il pianto e per le troppe emozioni subite in così poco tempo, con molta attenzione la coricò sul suo letto e coprendola con una coperta le baciò la fronte madida di sudore poi si guardò attorno. Camminando su e giù per la stanza era ancora intenta a cercare una risposta, si guardava attorno come se questa fosse nascosta in qualche angolo recondito della stanza, pronta per essere raccolta e consultata. Stanca di quell'assurda situazione Amanda si sedette accanto al corpo dormiente di Elisabeth, guardandosi attorno si accorse di un oggetto che giaceva accanto ai suoi piedi: un libro dalla copertina rossa e consumata. Lo raccolse e sfogliandolo si ricordò di quale volume si trattava, era "Storie e segreti di StoneHouse", proprio quello che aveva tentato di leggere la notte precedente. Sfogliò le pagine fino a che arrivò a dov'era rimasta a leggere
"La leggenda prosegue narrando che queste donne, in punto di morte, giurarono che sarebbero tornate dall'eterno riposo per dissetare la loro sete con il sangue degli uomini che le avevano rifiutate e per cercare altre ancelle che le aiutassero in questo intento, ripudiarono Dio e la luce del sole decidendo di..."
il libro le cadde dalle mani. Era forse possibile che quello che aveva letto corrispondesse alla realtà? Non poteva crederci, mosse la sua mano per cercare quella di Elisabeth e stringerla, ma non afferrava altro che aria, una volta girata si trovò ad osservare un letto vuoto, le lenzuola e la coperta erano fatte sotto il materasso e il cuscino portava ancora il segno della testa. Una porta sbatté violenta, chiaro segno che qualcuno era uscito - "Elisabeth..." - disse tra sé e sé prima di correre fuori dalla porta chiamando e urlando il nome dell'amica. Il portone d'ingresso era ancora chiuso e il pesante catenaccio era ancora al suo posto, Amanda si guardava attorno pensando cosa avesse spinto la giovane ragazza ad abbandonare il letto in quelle condizioni, i suoi richiami echeggiavano sull'alto soffitto tornando indietro cupi e sordi come il suono di una campana. Percorse l'atrio diretta alla sala da pranzo quando un rumore di vetri spezzati le ricordò di trovarsi nei pressi della porta della cantina, fissando la porticina non poteva fare a meno di domandarsi se Elisabeth potesse trovarsi laggiù, esaminò con prudenza gli stipiti della porta cercando di capire se qualcuno l'avesse aperta di recente. Nulla, non notò nulla di sospetto. Si voltò per andare ad esaminare un'altra camera, ma il tappeto attirò la sua attenzione dandole una conferma che non avrebbe mai voluto avere: piccole impronte di piedi femminili conducevano inesorabili alla cantina, impronte lasciate di recente da qualcuno che senza accorgersene era passato sulla macchia ancora fresca di vino bagnandosi i piedi e l'orlo del vestito per lasciarsi dietro di se un'inconfondibile percorso. Dimenticandosi di ogni paura o timore Amanda spinse la porta e scese le scale trovandosi in poco tempo nell'oscura cripta da cui la notte prima era fuggita, guidata dalla luce lunare che cadeva soffice dalle piccole inferiate seguiva le tracce lasciate che portavano dietro uno degli scaffali con le bottiglie di vino, scavalcata una damigiana si ritrovò dinnanzi a un'altra porta che dava su un lungo passaggio sotterraneo, fece per entrarvici quando:
- "Fermati ragazza!" - una voce maschile profonda le aveva appena ordinato di arrestarsi, Amanda si voltò trovandosi di fronte a una figura oscura che non esitò a camminare in sua direzione, arrivato a farsi illuminare dalla luna lo sconosciuto ebbe un volto:
- "Signor Perkins, come ha fatto a entrare? Cosa vuole?" - domandò sbigottita la ragazza.
- "Non entrare! Le figlie del demonio abitano li dentro! Non entrare!" -
- "Lei è pazzo, c'è solo la mia amica Elisabeth laggiù e io devo..." -
- "Elisabeth è condannata! Diventerai come loro se la seguirai"
- "Come fa a sapere queste cose?" -
- "Vivevo qua un tempo e quegl'esseri sono venuti a prendere la mia sposa..." -
- "Tutti dicono che l'ha uccisa lei..." -
- "Fandonie! Sono state loro... l'hanno rapita e poi fatta diventare come loro... uccidono gli uomini per berne il sangue e rapiscono le donne per tramutarle in anime brave come loro! Entra in quel posto e non uscirai più come umana ma come... Vampira!" -
- "Vampira?!" - Ripeté incredula
- "E' quello ciò che sono... vampire che hanno rinnegato la luce del sole per vivere nelle tenebre cibandosi di sangue!" -
- "La leggenda dei cavalieri..." -
- "Non è una leggenda, ma verità" -
- "E come ha fatto a sfuggire a quelle demoniache creature?" -
- "Per sedurre l'uomo e convincerlo a seguirle nella loro cripta esse danzano..." -
Amanda ricordò con chiarezza quell'ondeggiare di mani, ipnotico e suadente, 
- "...gli uomini che le vedono danzare non possono resistere e le seguono" -
- "Ma lei come...?" -
Il vecchio si scoprì il volto dai capelli lasciando vedere gli occhi gelidi che guardavano dritti davanti a lui
- "Ma lei è cieco..." - osservò piena di terrore la ragazza
- "Ho dovuto farlo, dopo aver rapito mia moglie volevano anche me, danzavano tutte le notti davanti alla mia finestra... quel ballo del demonio, quella... danza del vampiro che richiama come la fiamma attira la falena... e con lo stesso risultato" -
- "E perché non sono venute in casa a prenderci? Non era forse più facile?" -
- "Dimentichi che questo era un convento, ti trovi su un suolo consacrato a Dio! Solo questi sotterranei non lo so sono" -
- "Non posso abbandonare lei ... Jeorge e Benthon!" -
- "Non c'è più nulla da fare per loro..." -
- "Stai mentendo! Elisabeth è viva, lo sento!" -
- "Non è viva... è una non-morta... è una creatura dell'inferno, la sua anima è dannata!" -
- "Menti! La salverò da sola!" -
Amanda lanciò uno sguardo di sfida al vecchio e corse nello stretto vicolo che le si parava davanti ignorando i continui avvertimenti dell'uomo.
Quei pochi attimi che la separavano da Elisabeth le parvero secoli, mentre correva in quello stretto passaggio pensava alla sua amica, a tutti i momenti felici passati assieme fin da quando avevano solo pochi anni, abbandonarla nelle braccia di quelle creature sarebbe stato come voltargli le spalle. Si fermò quando il passaggio si allargava formando una stanza circolare, sulle parti della cripta vi erano cinque aperture, tutte alla stessa distanza che terminavano nella parte superiore con una specie di punta, al centro del soffitto rotondeggiante si apriva un lucernaio che filtrava i raggi della luna piena, facendoli cadere sopra ad un tavolo in pietra su cui vi era coricata...
- "Elisabeth!" - 
Amanda corse verso la lastra e prendendo tra le braccia il corpo dell'amica se lo avvicinò al petto dondolandosi
- "Elisabeth.... Svegliati ti prego...." - ripeteva insistente in un fiume di lacrime, le accarezzo il volto bianco come un teschio e con il risvolto dell'abito le asciugava le scie di sangue che cadevano dagl'occhi.
- "Perché... perché sei venuta quaggiù così ridotta?" - le prese la mano fredda per sentire se c'era ancora un minimo battito nel polso, ma sentendo che non batteva lanciò un grido di dolore alla luna che da lassù guardava impassibile ogni dettaglio. Si strinse ancora più forte al cadavere bagnandole il volto, un lacerante dolore alla giugulare la fece trasalire impedendole di respirare, si staccò il corpo morto di dosso finendo a terra. Irta sulla fredda pietra sedeva Elisabeth, gli occhi spalancati mostravano gli i bulbi bianchi come il ghiaccio che sembravano fissare quelli di Amanda, sulla bocca sporca di sangue si dipingeva un sadico sorriso che nascondeva due appuntiti canini, la lingua rossa zampillo su di essi pulendoli dalle macchie di sangue e rivelando la loro irreale bianchezza. Sdraiata e incapace di muoversi Amanda guardava ciò che ne era della sua migliore amica tenendosi con la mano destra la gola nel tentativo di fermare l'emorragia, Il cadavere vivente si alzò in piedi e con passo sicuro avanzò verso la ragazza, chinandosi in avanti mostrò le gengive emettendo un sibilo che sembrò rimbalzare sulle pareti umide, in realtà ciò che Amanda aveva sentito non era un'eco, ma altri sibili e ringhi provenienti da quegli anfratti che si aprivano sul muro. Ben presto altre donne giunsero nella stanza, due di esse presero Amanda per le braccia e con forza inaudita la coricarono sul tavolo, non fece in tempo nemmeno ad accorgersi di questo quando altre due le si erano appena attaccate ai polsi lacerando e succhiando dalla ferita il suo sangue.
Quanto tempo era passato dal primo morso non era in grado di capirlo dato che nelle ore successive altre di quelle creature avevano aperto altri buchi sul corpo di Amanda, da molte ore ormai non sentiva più nulla, nessun dolore provava ogni volta che altri canini le entravano nella carne, le forze la stavano abbandonando lentamente, ogni goccia che perdeva si sentiva sempre meno viva. Da qualche ora sembrava che l'avessero lasciata in pace, quanto non saprebbe dirlo nemmeno lei, pur continuando a vederle muovere intorno a sé in quella danza non capiva cosa stessero facendo. Un debole raggio di sole mattutino entrò da quello che doveva fungere da lucernaio ma che in realtà, Amanda lo aveva capito, era la bocca del pozzo del chiostro. Sentendo il calore sul viso la giovane in fin di vita si destò per qualche istante riprendendo parzialmente i sensi, muovendo la testa poteva vedere che le Vampire si erano spostate indietro, ma non smettevano ugualmente di ballare, forse aspettavano la sua morte per smettere di farlo, i suoi pensieri andarono ad Elisabeth che dietro di lei danzava assieme alle altre, pensò a come farsi perdonare per la mancata protezione che le aveva dato. Il sole le finì negl'occhi, piegò la testa vedendo che illuminava solo un cerchio ristretto del tavolo, in quel preciso momento le venne in mente un passo del libro che aveva letto e senza accorgersene lo ripeté a voce: - "...ripudiarono Dio e la luce del sole..." la luce del sole.... - con le poche deboli forze portò le mani sul petto insanguinato e strinse la gemma che portava al collo, con uno strattone staccò la catenina e emettendo un grido di sforzo pose in alto la mano aperta. La luce solare attraversò il prisma di diamante scomponendosi e dividendosi in mille fasci dorati che si diramarono per la stanza, quella che prima era una danza ora si era tramutata in un ballo inarticolato di dolore, i cadaveri si portavano le mani alla testa mentre le pelli biancastre si rinsecchivano. Ogni volta che un raggio di luce colpiva uno dei corpi una ferita si apriva sanguinante per poi lasciare spazio al giallastro delle ossa. Amanda rimase immobile con il braccio alzato fino a che ogni minimo movimento fosse cessato, con fatica si alzò dalla scomoda lapide sulla quale era stata confinata per tutta la notte, lasciò cadere a terra il diamante e alzandosi si diresse verso uno di quei mucchietti di stracci e ossa fumanti che giacevano inermi per terra.
- "Elisabeth..." - nemmeno una lacrima riuscì a scendere dagl'occhi, disidratata e priva di forze si accascio a terra perdendo i sensi per la seconda volta.
Il risveglio non fu doloroso quanto i giorni che ne seguirono. Il letto d'ospedale in cui doveva rimanere era diventato per lei scomodo e stretto, da quando un agente di polizia le aveva raccontato di come casualmente durante un controllo mattutino nella zona aveva notato degli stranissimi riflessi di luce venire da StoneHouse e di come avesse fatto a trovarla passando per le cantine ogni notte sentiva l'impulso di fuggire da quel luogo, fuggire lontano verso le montagne, verso StoneHouse per danzare sotto la luna.
DARKXENO
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