. : m a r i n a : .
Tutto nasce da visioni. Immagini che mi colpiscono la testa con forza dirompente di esplosioni. Immagini tradotte in parole. Inutile tentare di spiegare qualcosa che nasce dal subconscio. Cercate soltanto di andare al di là delle parole, di vedere le immagini. Come quadri scritti anziché dipinti.

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MARINA - poesie e un racconto

Danzo alla luce di una candela
le tenebre avvolgono il mio corpo sofficemente
Aspetto che le stelle cadano su di me
- il loro fuoco purificherà il mio spirito


Vetri che si spaccano come timpani
quando la mia mente grida troppo forte
Una scheggia del mio cervello esploso
conficcata nel mio occhio


Spade affilate pugnali singhiozzi
terra che trema
pianto di alberi e stelle
il pugnale mi ha trafitto la schiena
vedo il mio corpo cadere a terra
il sangue si sparge
tutto apparentemente come prima
non è cambiato nulla, solo un cadavere in più
ma è un cadavere che continua a piangere
e il sangue che esce dalla ferita si trasforma in lacrime
calde lacrime salate
mentre questo pugnale assassino danza
mentre anime cadaveri e spade danzano insieme
e tutti sono indifferenti
non sentono l'ululato della morte
il pianto assordante
no one caress
l'importante è vivere
i pugnali sono solo di metallo
finzione, niente più


Ho scarafaggi nella testa e mi sento leggermente kafkiana.
Ho una pietra sul cuore e una perla lì accanto e non so a chi dar
retta, stavo considerando la perla ma la pietra ha gridato "no, c'ero
prima io" e la perla ha gridato "no, io" - una rissa nel mio cuore.
Ho tolto il volume e mi sono seduta su una panchina con lo sguardo
perso nel vuoto, la testa priva di pensieri, con la consapevolezza
che dietro di me c'era il mare.
La bellezza mi ha baciato sulla bocca ma mi sono accorta troppo tardi
che aveva una lametta di rasoio al posto della lingua.


La frusta sulla mia schiena.
Gli uncini della frusta mi si conficcano nella carne.
Assaporate OGNI parola, signore e signori.
Tutto ciò che è ambiguo mi esplode in testa.
E cerca di uscire dalla mia testa.
Sento tutto quello che c'è di ambiguo che si muove nella mia testa.
Spinge per uscire e sembrano tanti scarafaggi.
SONO tanti scarafaggi che premono per uscire dalla mia testa.
Il colore è marrone e io sento questi innumerevoli esseri che
spingono alle parete del mio cranio per uscire.
Quando la più ambigua di tutti sono io.
Forse l'unica.
Sto quasi per strapparmi gli occhi.
Me li strappo e me li mangio.


Baciami, mia meraviglia.
Baciami e infilami la mano nelle mutande.
Fai ruotare la tua mano nel mio interno.
Squarciami la pancia con un pugnale
e infila la tua mano fra le mie interiora.
Mentre mi baci.
Fammi leccare la lama del pugnale.
Sorreggimi la testa mentre muoio.
Voglio sentire le tue mani nel mio ventre
mentre muoio.
Sorreggimi la testa mentre vengo.
Imbrattami la faccia del mio sangue.
Scopa il mio cadavere con la pancia aperta.


Una nebbia leggera
mi sfiora la pelle -
io divento cenere 
al tocco della tua mano di fuoco -
grigia la mia pelle
come la nebbia che mia ccarezza dolcemente -


Tutto questo rosa che mi circonda e non riesco a mettere a fuoco i pensieri. E' solo la testa che mi prende fuoco, tanto per portare un po' di movimento in questa casa che non sa nulla, in questa città che pure non mi ostacola, dopotutto. Maledetta bastarda questa stanza dovrebbe essere nera, nera e viola, e un fiume di sangue e fuoco al posto del pavimento. Coltiverei fiori carnivori sul balcone, se solo ci fosse un balcone. La mattina appena alzata dal letto immergerei i piedi nel sangue, ben attenta a non bruciarmi. Prenderei i miei occhi che la sera ho posato sul comodino e me li ficcherei nelle orbite vuote. Mi ferirei le braccia al ritmo di una musica infernale. Ti taglierei le braccia e le appenderei alla porta della mia stanza macabra. Un teschio sul tavolo e uno scarafaggio come animale domestico, il mio Gregorio Samsa a cui pianterei una maledetta mela nella schiena se lui mi regalasse un pugnale da infilzarmi al centro della fronte. Una risata diabolica fa da sottofondo a tutte le mie azioni.


je suis la mort
je suis la mort
je suis la mort
je suis la femme qui apporte la mort
je suis la femme qui suit la mort


Mi accarezzi il viso
con le dita
segui la traccia lasciata dalle mie lacrime
ti prendo la mano
vorrei scomparire nei tuoi occhi
ora che mi lanciano scintille di affetto
ma ti guardo
e le lacrime continuano a scendere


Respira la mia pelle
e concentrati sul ritmo del mio respiro:
senti, è sempre più irregolare.
Ascolta il battito del mio cuore
che si fa sempre più pesante.
Sfiorami la pelle con le labbra,
con la punta delle dita.
Sfioramela con il tuo sospiro.
Sentimi, vado a fuoco, eppure non si vede.
Sfiorami soltanto, sfiorami per ore.
Come un calviniano cavaliere inesistente,
pettinami i capelli
e parlami d'amore.
Respirami.


Sangue.
Le mie gambe striate di sangue.
Gocce di sangue sul pavimento.
Non riesco a pensare -
a nient'altro che le mie gambe striate di sangue.


Sii dolce come un coltello
quando ti infili fra le mie gambe.
Straziami il corpo
e sussurra nel mio orecchio.
Pugnalami ancora e ancora.
Il mio spirito esplode come una bomba
quando tu mi tocchi.
Sublime quando mi graffi.
La mia lingua è nera del tuo veleno.
Ti succhio il cazzo
mentre tu pensi al modo migliore per uccidermi. 
La mia pelle è fredda come il ghiaccio
e tu stritoli il mio cuore fra le mani.


Foglie cadono al suolo
prosciugate della loro linfa vitale,
come il mio corpo che si arrende alle fiamme,
il mio corpo che si arrende al morso del serpente
Mi accascio al suolo,
la mia anima è nera e splendente,
è inginocchiata accanto al mio corpo esangue,
il mio angelo mi copre con le sue ali nere
Sento sospiri nell'aria,
tutto intorno a me è rigoglioso come prima,
ma questo angolo di terra è buio
e un grido lacerante e continuo ferisce l'aria 


Come pugnale
squarcia l'aria questo grido lacerante
squarcia la terra
Fuoco fuoriesce dalle ferite della terra
il cielo si fa rosso per il riverbero
Questo grido lacerante annulla la volontà
annichilisce il pensiero
Le rose non crescono più
- non crescono dove c'è odore di morte


Sussurrami nell'orecchio dolci parole,
io ti risponderò con un sorriso
e un sospiro,
niente di questo dovrà essere spiegato,
ti prenderò le mani fra le mie
e me le porterò alle labbra
per riempirle di baci,
ti guarderò con occhi pieni di amore
e una malinconia di fondo,
e nasconderò la testa sul tuo petto...
Allora tu stringimi forte in un dolce abbraccio
e carezzami i capelli
dammi un bacio sulla fronte -
ma non parlare,
dimmi con le tue mani e i tuoi baci
che va tutto bene -
le parole non servono,
sono troppo ingombranti


Dovrei vomitare.
Ho voglia di sputare in faccia
a qualcuno.
Voglio la faccia sporca di sangue.
Uccido l'assassino
e col suo sangue
mi imbratto la faccia.
Vorrei scoprire
cosa c'è nel suo cuore.
Lo faccio a fette
con un coltello da macellaio.
Lo esamino al microscopio
ma vedo solo rosso tessuto
e sangue.
Sangue sulla mia faccia
per terra
sui muri
sul coltello
sul tavolo
sul vetrino del microscopio
ovunque.
Dovrei scomparire.
La terra trema sotto i miei piedi
e sprofondo all'inferno.


Racconto.

I pensieri fluttuano nella mia testa vuota come in un cielo greve di ossigeno, atmosfera pesante e particelle che non riescono a librarsi più in alto. Sono in un prato in mezzo ai fiori, tutto è colorato intorno a me e il cielo è sereno, la mia pelle nuda è calda e piacevole al tatto. Improvvisamente la scena cambia, mi ritrovo immersa nel fango in un non-luogo cupo e tenebroso, dove l'unica traccia di vita è quell'ammasso di carne (il mio corpo) che si agita nella melma. Una mano tesa mi aiuta ad uscire dalle sabbie mobili in cui sono immersa. Ringrazio e alzo la testa per vedere in faccia il mio soccorritore - ha le orbite vuote e un mantello nero lo ricopre da capo a piedi. Sussulto di stupore a quella visione ma non sono sconvolta. L'essere mi dà la mano e io la tengo stretta tra le mie. Mi accarezza i capelli e mi bacia la fronte con le sue labbra fredde. Svengo.
Mi sveglio in un luogo angusto e claustrofobico. Rosa. Capisco immediatamente che sono prigioniera nella mia testa. Non riesco a capire come possa essere successo ma batto con tutta la mia forza alle pareti viscide del mio cranio coperto di molle carne per uscire. Sento un dolore pulsante nella testa come se qualcuno stesse battendo da dentro. Smetto. Mi rifugio in un angolo e dondolandomi avanti e indietro canto fra me una canzone dell'infanzia. I ricordi mi portano indietro nel tempo e vengo scaraventata a velocità impressionante a una distanza di 15 anni. Sono all'asilo e i bambini ridono di me perché piango. Nessuno gioca con me. Viene mio padre e mi porta a casa. Ritorno nel presente. Sono sempre intrappolata nella mia testa. In un angolo c'è una pozza di vomito. Mi volto per non vederla ma l'odore nauseabondo mi punge le narici e mi chiude la gola. Si apre una porta. Entra il mio misterioso soccorritore. Gli chiedo "perché?" e lui (o lei) mi mostra un pugnale affilato. Tremo. Mi accarezza la testa e capisco che mi sta dicendo di non aver paura. Mi rilasso. Mi bacia la fronte. Ha le labbra fredde come quelle di un cadavere. Ho un sapore amaro in bocca. Gli chiedo dell'acqua. Mi porge un bicchiere. Bevo avidamente. L'acqua sa di sale. Mi comunica col pensiero che sono lacrime. Lacrime di chi? Di coloro che hai fatto soffrire. Mi piego su me stessa e vomito di nuovo. Tremo e ho freddo. Sento il pianto di innumerevoli esseri intrappolati nella mia testa. Spalanco la bocca e li lascio liberi. L'essere mi divide in due il cranio con il pugnale. Taglia con precisione meticolosa. Il dolore è atroce. Sono completamente cosciente di ciò che avviene. Ho il cranio segato a metà. Minuscoli esseri fuoriescono da questa scatola vuota. Ho freddo e sento formicolii in testa. Mi lascio andare su una sedia ma non perdo i sensi. Qualcuno ricuce la ferita. Sento acute urla di panico salirmi da dentro. Urlo e urlo e urlo. Qualcuno mi infila un panno bagnato in bocca. Sa di cloroformio. L'urlo si affievolisce così come i miei pensieri e tutto diventa nero. Sento rumore di passi. In mezzo a quel nero, in lontananza si accende una luce - non è che un minuscolo puntino. Il rumore di passi si fa sempre più vicino. Un uomo in camice bianco si avvicina lentamente a me. Io sono incorporea, avvolta in un nero nulla, in cui l'unico ad essere materiale è l'apparizione in camice bianco. Mi chiede come sto. I pensieri fluttuano nella mia testa come in un cielo greve di ossigeno, rispondo.
Perché l'ha fatto?
Fatto cosa?
Se l'è vista brutta, lo sa? Ma si riprenderà presto. Se non fosse stato per il suo amico, che l'ha portata al pronto soccorso... 
Volto la testa e vedo l'essere dalle orbite vuote, ma senza mantello, è vestito normalmente. E' un uomo. L'apparizione in camice bianco non ci vede nulla di strano nelle sue orbite vuote. Capisco che forse sono io che non riesco a vederne gli occhi. L'uomo dal camice bianco se ne va. Il mio soccorritore mi prende la mano fra le sue e mi dà un bacio sulla fronte.

MARINA
e-mail: beatmari@yahoo.it