. : f a b i o . c i c e r o n i : .
Nacqui nell'ora in cui l'anima s'inabissa nell'oscurità, respirai quando una stella si spense e si posò in me, Il caos che mi aveva generato mi abbandonò al mondo e io piansi: per essere silenzio in un universo di urla, per essere ombra in mezzo al metallo, per essere quiete nel ruggito della tempesta. Il sogno mi accolse nei suoi reami e mi fece strada tra le sue nebbie mutevoli, strane forme in universi liquidi si agitarono dinanzi a me ed io mi librai in loro. La mia essenza si fece rugiada e danzai con le ombre tra i manti della notte. L'impeto della creazione mi mostrò i regni della fantasia e il mio spirito si perse nei suoi vortici purpurei, ascoltando ciò che sussurra dimenticato. Le mie ali divennero fiamme, il mio urlo un grido disperato, le mie creazioni il mio unico respiro.

e-mail : fabiociceroni@libero.it

ALBA.NERA

Addio all'alba dorata di Settembre, addio al sole nascente che mai più rivedrò da fratello nella luce quieta del mattino. Tornerò nel buio del crepuscolo eterno, riabbraccerò la tenebra che mi ha sempre chiamato, mi tufferò nelle profondità di abissi scuri e le ombre saranno le mie amorevoli nutrici. Ali nere mi trasportano in un crepuscolo dai colori grondanti di sangue e lussuria, sospeso su un letto di rovi acuminati mentre volti sfuocati assistono sorridendo al mio passaggio. Sul mio corpo secco piove sabbia fredda, nelle mie carni si ciberanno radici antiche che allungheranno le loro spire fin dentro di me prosciugandomi di ogni fremito di vita perduta. Sento il dolore e la pesantezza di poche lacrime che stentano ad uscire da occhi socchiusi, odo sussurri di preghiere false che il vento soffocherà e che mai giungeranno a destinazione. Sulla scricchiolante ghiaia passi grevi si trascinano verso il mio ultimo giaciglio, ascolto voci sconosciute tessere false lodi a chi non hanno mai conosciuto, nell'apoteosi della forzata simulazione nel teatro del dolore. Il bene, il male sono ormai lontani, la carne è solo un antico e inutile ricordo ora che il nulla mi circonda con I suoi artigli e il gorgoglio del mare è solo un eco soffuso. Non vedo angeli dalle sfavillanti vesti, non sento le urla di scherno di demoni dalle ali membranose, niente trombe o fuoco, solo una piatta distesa di liquido amniotico ancestrale a sorreggere ciò che non è morto di me. Il mio corpo non vibrerà più con il cambiare delle stagioni, I miei sensi non saranno più in balia del vento e il tempo impotente non mi potrà nemmeno sfiorare con la sua clessidra. Non sento dolore, dispiacere, rimpianti per quello che ho lasciato, solo la voglia di lasciarsi trasportare inerme da correnti astrali sconosciute che mi condurranno alla fine ultima. Dietro di me la falsità di troppi sorrisi bruciano nella notte, illusioni muoiono come farfalle al tramonto e neve nera sotterra tutti I miei sogni mai usciti dal bozzolo. Rivedo senza emozioni ciò che ho fatto, ciò che è stato ed è come se tutto stesse accadendo di nuovo con me spettatore disattento e non più primo attore. Lascio torrenti carichi di dolore dentro cui scorrono acque colme di cadaveri ritorti, lascio nuvole pesanti colme di scheletri dalle ali di corvo e lascio alberi dalle chiome scarne che mai più saranno verdi. La campagna mi guarda e calma sussurra il suo ultimo saluto mentre la luna si affaccia da nubi nere e le stelle piovono rendendo la notte solo un'ombra tra nebbie cupe. Nelle mie orecchie si fa largo un dolce canto ed è come se io fossi tutt'uno con esso, riempiendomi di luce ascolto parole che non riesco a capire mentre cavalco una cometa impazzita che mi trascina sempre più giù verso I reami della polvere. In un momento rivedo il mio corpo, lontano sotto di me, sento le mie ali farsi pesanti, torcersi, poi staccarsi e cadere in un nero pozzo senza fine colmo di pelli di serpenti. Molte stelle cadono assieme a me, pianeti nascono ed esplodono, intere galassie sembrano collassare al mio passaggio ed è come se fossi risucchiato dalla terra e nella mia vecchia carne. Cado assieme a rosse foglie in autunno che mi fluttuano in torno ed è come se anch'io come loro mi fossi posato al suolo, non per morire però, ma per ritornare al mio vecchio corpo, per una nuova vita. Campane cupe e plumbee risuonano nelle mie orecchie, immense cattedrali gotiche riaffiorano fumanti e silenziose da scuri oceani di ceneri e lacrime mentre bestie alate espandono il loro doloroso canto. Urlo alla comunione con la mia vecchia forma, mi sento bruciare, rivoltarmi come un guanto, sento le mie ossa torcersi e storpiarsi sotto strani influssi, così come I miei occhi esplodere sotto pressioni sconosciute. Sento freddo, odo richiami immondi farmi fremere le carni putride, sento una fame primordiale scuotermi I sensi, mentre ripenso al sole che non potrò mai più vedere... da fratello!


CENERI.ASTRALI


La serenità si spegne lenta quando scopri che non è per sempre, quando senti la parola morte, quando impari il suo significato. Tu rifletti, ma non sai capire e la vita assume un altro senso, in quell'ora che nessuno vuole, senza pensare alla velocità del tempo. Dicono che sarai libero come l'aria In un sogno che chiamano anima, dicono che non avrai più bisogno di sognare, in quell'utopia che è forse lo spirito. Dicono che sarà solo un passaggio; per volere o per errore, essenza senza prigioni intorno, luce ultima che riflette un tramonto. Sarà breve come un ponte sospeso sopra nebbie nella memoria, ridefinendo la materia plastica, come la fine di una bella storia. Non sarà una lapide scarna ad essere simulacro del mio ricordo, non sarà la fredda terra ad avermi come un giglio. Danzano fredde stelle della splendente Andromeda, specchi celesti di luminosità lontane nel tempo e nello spazio. Vortici ancestrali vincolano ciò che è impalpabile, assecondando atomi immobili, anelando alla fonte che genera l'immortalità illegittima. Luoghi, scenari dell'infinita commedia dell'essere, dell'esistere, mutanti dimensioni dai colori effimeri e dagli odori acri del ricordo. Moltitudini di particelle vaganti in venti urlanti, simulazioni, ciclico ruotare delle ruote monolitiche del fato. Respirare in cubi di nera vertigine, assaporando la fine del cosmo, soffermandosi su ciò che la mente non può contenere. Divincolarsi nelle spire della notte, occultando la brillantezza che solo materie nobili sanno donare senza tradire. Disconnetto la mia mente nel vagare in dissolvenza, respingo l'epilogo che dona l'infinito, rifletto, nell'unico senso possibile. Ascolto frequenze lontane, ovattate da correnti cosmiche, sempiterne nell'infinito viaggio che respinge la carne. Cenere alla cenere, polvere alla polvere, dicono!



FUORICONTROLLO

E' una lama nel palmo della mia mano, 
che fa correre incubi nella mia mente,
è una pallottola dritta nei miei occhi,
che rende cieche ellissi fuori controllo. 
E' una vedova spenta sotto vetro, 
mentre piove e lacrima per un uomo, 
è il fuoco sacro nei cieli dell'est,
che fa bruciare veloci le rivelazioni. 
Nello specchio, solo un paradiso di plastica,
nei miei occhi solo un paradiso di plastica. 
Mai più quiete nella tempesta, 
ne dormienti sul pavimento,
mai più colori nel cielo,
ne amore che non sia sesso e fuoco.
E' un ragno sotto la tua pelle,
una bambola del demonio per il tuo compleanno,
è uno scorpione nella sabbia, 
che guarda la tua strada divenire arsa.
E' un veleno su labbra candide, 
serpenti in lenzuola gelide, 
è un urlo che risuona silenzioso,
il delirio che domina l'immobilità. 
Intorno bruciano petali di fiori, intorno bruciano anime perse. 
Mai più luce nei raggi del sole,
ne riflessi in acque chiare,
mai più sogni senza risveglio,
ne carezze su pelli cambiate.


IL.SOGNO.DELLA.FATA.NERA

Splendore è già forma nei tuoi occhi dormienti, che leggera fan la mente dalla luce libera, sussurrano cieli dalle geometrie immobili e stridono stelle sole, invocando il tuo nome. Libera dalla carne ferma, ti fai essenza pura, mentre perde l'abisso tutto il suo nerore, discendono rami sterili accarezzando le loro radici, prostrandosi silenziosi all'ombra del tuo sorriso. Chiudi I tuoi occhi splendidi fendendo ciò che è nulla, corri in dimensioni eteree in gennai vecchi e ruggini, mentre vortici dimensionali increspano I tuoi capelli e rapita ti abbandoni nelle braccia del sogno. Immobili gli arti che catturano l'ultimo confine, quando insorge lo spirito che non teme l'ombra, sereno il pensiero che trova riposo e quiete, baciando labbra cieche che urlano affamate. Sogna la fata che non teme la bellezza, spegne la fiamma che non sopporta l'oscurità, libera la farfalla che riflette sulla soglia, freme carne debole che mano non sfiora. Rinasce la voglia che genera tormento, scorre sangue nuovo in cascate fertili, rigetta la nube il falco solitario ed è dolce l'attesa per ciò che scorre piano. Addio al giorno dorata effimera chimera, sospende il pensiero il suo errare rigido, riaffiorano echi che la luce fredda attutisce, libero il suono in foreste di coralli rosei. Dea ultima che generi passione, fai lacrima chiara di ciò che lascia il fondo, guarda nel cristallo che riflette ciò che è splendido e risucchia rubando ogni mio respiro. 


LA.LUCE.PIU'.GRANDE

I corvi voleranno ma tu non sarai con loro, verso tramonti languidi come lacrime taglienti, sospingendo con ali nere il lento declino dell'astro infuocato. Aspetterò tra nebbie argentee che questo veleno diventi energia e mi riempia vene urlanti, ricordando la rabbia che hai disintegrato prima che mi accorgessi che il tuo profumo fosse ossigeno per me e che nulla più sarebbe stato. Chiudo gli occhi e ascolto il nostro respiro in notti corte e fragili, odiando la clessidra che veloce cola le sue sabbie risvegliandomi dalle tue labbra. Passeranno piano nubi dalle mille forme, urleranno carni frementi e infuocate disperdendo ombre dai contorni instabili, mentre ascolteremo la nostra pelle fondersi e tu guarderai le mie labbra dirti TI AMO! 
Sarà la luna il nostro fievole lume, lenta la nottuide agiterà le sue grandi vele nei neri abissi della notte e sarà silenzio, il tuo corpo sarà la mia splendente cattedrale e il tuo spirito la mia divinità. Rivivrò sprofondando tra I tuoi sospiri che squarciano il silenzio come pioggia in aprile, assistendo al passaggio di comete impazzite in liquidi astrali che segneranno la nostra leggenda. La grandine non scalfirà questi petali delicati, fioriti in giardini tra I geli dell'inverno, tra rose che sbocciano al tramonto sanguinando lacrime come il pianto di una vergine, rossa rugiada nei cieli dell'ovest. Urleranno il tuo nome onde, infrangendosi sulla mia anima, mentre candide ali nate dal tuo tocco squarceranno il cielo divenendo portatrici di luce. La carne arsa troverà fonte viva e limpida in cui dissetarsi, superficie trasparente in cui I tuoni non si rifletteranno perdendo la loro voce. Lo spirito dall'armatura dorata tornerà vincitore cavalcando il drago della conoscenza e la spada di fuoco canterà innalzata verso il cielo.


L'IMPERO.DEL.SILENZIO

Bruciano fiori che un tempo erano sogni, si spengono corpi che rincorrevano l'infinito ed e così che la bocca placa la sua sete e cieca si ritrae per mordersi le labbra. Si spegne il corpo che ciclicamente svanisce in ceneri leggere, agitato è lo spirito che non conosce la sua forma e cresce l'ombra dove luce si ritrae. Farfalle cadono dalle ali in fiamme, urlando nel silenzio, cristalli splendidi si sgretolano generando polvere che lo spazio donerà a galassie lontane. Piange il piccolo che non vede la luna, che non brama ossigeno, che disdegna la luce. Atomi impazziti si disgregano in uragani astrali dai colori vividi, ricordando I corpi che la verticalità dimenticano dando origine alla staticità finale. Occhi serrati anelano visioni che artigli affilati trattengono in ragnatele dei loro riflessi di esistenza fallita, emozioni si perdono sfumando in nebbie piangenti. Sconfina il pensiero in lande desolate che I suoni riflettono, che I sogni decompongono e che le voci spengono. Candele si dibattono per non perdere la loro fiamma, agitate da correnti che occhi non vedono e ombra non generano, essenze invisibili valori variabili. Ibridi si contorcono in celle strette attendendo di avere forma nuova che definisca la loro natura, nelle prigioni dell'essere, nei gironi del nulla.

 
L'INSINUAZIONE

Magnifico è l'essere che veglia nello spazio circumnavigando mari di stelle immobili, sovrapponendo lembi di nero velluto ed arricchendosi in anelli che distribuiscono la luce. Dimmi Angelo che vaghi incurante, di che colore sono le tue fiorite ali? Una nella misericordia della sua immensa luce, l'altra nel sangue della sua terribile vendetta! Ecco la serpe che striscia nella polvere, ecco il riflesso che spezza la calma muovendo l'immobilità dello specchio, il rimpianto di una scintilla per non essere fiamma. Esprimo il rancore tagliando geometrie stabili, sorrido immerso in liquidi astrali, penso all'ombra delle verità intangibili e nulla si muove nella non-essenza del vento. Dimmi Angelo che scruti le vite cosa resta dei nostri corpi fragili e deboli, non saranno le nostre vesti a decidere? Non sarà la nostra maschera l'ultima a cadere? Arti che si differenziano solo per nome, alterazioni insopportabili all'occhio giovane, arde il cerchio che attende la belva, sospirando ceneri dalle molecole instabili. Alziamo l'orecchio ad ogni insinuazione, ad ogni principio di ciò che può essere, sempre nell'incessante tormento di esistere, cullati da ritorti stereotipi in nidi di serpi. Muore il baratro se attende la luce, si spegne il sole nel suo ciclico oblio, si abbatte il fulmine dove è la disgrazia ed è dolce l'attendere senza sapere.

 
L'ULTIMO.IMPERATORE

Vi è un luogo dove pesanti nebbie persistono eterne, vi è un luogo dove un tramonto ne segue un altro, vi è un luogo di cui non è dato sapere alle anime pure. L'uomo nudo ritorto sulle sue colpe, affonda il piede nella roccia tagliente, disseta la terra con il suo sangue impuro, geme continuando il suo eterno e tormentato incedere. Si schiantò con il fragore della saetta e stelle fiammeggianti accompagnarono la sua caduta, poi il nero risuonò del suo lamentoso canto ed il cielo si spaccò. La tempesta lo scuote come ramo secco, l'acqua bagna le sue ceneri amare, striscia nel fango dell'eterno dolore. Una forza effimera gli dona vigore, una voce strozzata gli comprime il cuore, un'utopia lontana inizio di dannazione, bisbiglio che copre ogni preghiera, ogni rumore. Ramingo segue la via della sinistra, incurante del freddo che lo fa tremare, cade, bestemmia, si rialza ma non si può fermare. Un sibilo latente gli ha cancellato l'anima, menzogne misere di chi ha spento il sole, immonda l'anima che marcisce dentro la carne, putrescente il cuore che non sa amare. Lui vede la potenza di un sogno di dominio, insegue la leggenda di morte e di sterminio, vacilla tra le ombre di effimere illusioni, segue le leggi di comandamenti impuri. Vermi scavano nelle sue carni, scure ali lebbrose dal suo torso ritorto, lunghi capelli bianchi su lineamenti scarni, discende ora nel baratro senza farne più ritorno. Ricorda la bellezza di giorni soffocati, della luce piombata nell'abisso malsano, della gloria persa, di una mano immensa. Nella terra del pianto ritrovi nuovo ardore, nell'oscurità rinneghi ogni scintilla, ogni bagliore, tu che la stella divina hai rovesciato e dalla luce il tuo sguardo hai allontanato. Farai del pianto il tuo vessillo, in cerca del trono per consacrarti imperatore supremo, comandante di intere legioni oscure, niente più catene ne padroni alcuni. Padre dei vizi signore dal nero manto, mancino nefasto dal fiato infuocato, ridi tra i rovi che graffiano le tue membra, più di quanto dal tuo sangue sembra. Il trono che è nero, il trono che è bianco, il trono che è sangue, il trono che è oro, il trono che piange che è gioia e dolore, il trono dell'ultimo imperatore. Schiudi le tue ali, putride appendici, stringi forte i denti fino a sanguinare, respirando i fumi che la terra morta produce, troverai il trono e sarai nera luce.


MADRE.TERRA (Preghiera)

Madre Terra, apri I tuoi occhi e guardaci, fremi, calpestata dal nostro passo, tu che giaci silenziosa come gigante addormentato in inverni freddi. Ascoltaci, ed ogni volta che risponderai con la furia della tua potenza, I figli di Adamo che dimorano sopra la tua corteccia si ricorderanno di essere solo parassiti sulla tua generosa pelle. Donaci ancora fonti chiare a cui abbeverarci, dove riflettere senza vergogne la nostra immagine, senza timore di intorpidire le tue limpide acque pure. Assaporando il tuo respiro, rinasceremo con te in primavera, come debole arbusto dalle foglie giovani, cercheremo un nuovo sole bagnati dalla rugiada del mattino e nulla dissiperà I tuoi argentei silenzi. Faremo si che la tua chioma sia quella dorata del grano lucente, e, che farfalle dai mille colori danzino tra I fiori di campi rinati. Sarà pura l'aria che I tuoi polmoni ci doneranno, sospingerà pollini e semi, tua progenie ancora in fasce, che non andranno persi se incontreranno il tuo caloroso abbraccio. Starà a noi divenire figli premurosi verso di te, noi, abituati solo a ricevere ciò che ci doni senza volere nulla in cambio , che non sia amore e rispetto, noi, che senza mai ringraziarti asciughiamo le tue preziose fonti calpestando I tuoi fragili filamenti. Madre Terra, dona nutrimento nuovo; al Pioppo, al Faggio, alla grande Quercia e a tutte le tue creature che trovano riparo nei loro rami e tra le loro contorte radici, sicuri, sfiorati dalla tua premurosa carezza. Diverremo petali nel vento in primavera, sveglieremo gli spiriti gentili di boschi e di fiumi, unendoci a loro in danze alla Luna argentea di maggio amandoci tra le tue fresche edere. I tuoi muschi morbidi preserveranno Il nostro passo, ci cullerà la nebbia mattutina e ascolteremo la pioggia che cadrà sopra I nostri nudi corpi. Saranno privi di veleni I tuoi campi, così come I tuoi frutti ed ogni tua verde appendice, come seta delicata brulicante di vita diverrai. Questa è la nostra preghiera cantata dal vento, che diverrà una promessa aspettando una nuova primavera, memori che torneremo tutti a te nell'ultimo abbraccio.

 
NUDA.E'.LA.NOTTE (favola erotica)

Inerme il cielo striscia sopra di noi, pigro, stanco, sorride guardandoci dall'alto immenso oceano di nubi e venti, posa il suo respiro sul tuo candido volto, troppo spesso oscurato da ombre nere. I tuoi occhi rischiarano le stelle, in notti troppo buie anche per sognare tra morbide e candide sete. La tua voce sussurra lieve, trasportata dal caldo vento, come la voce del ruscello nel mezzo del quieto bosco. I tuoi veli si sciolgono come ghiaccio al sole, svelando trasparenze agli occhi sconosciute, morbose forme ondeggiano come nuvole dai contorni morbidi ed armoniosi. Corri nuda baciata dalla luna che scopre la tua pelle candida e liscia, come scolpita da mano esperta, si aprono le tue dita sottili, fendendo l'aria, come le ali degli uccelli predatori. Le tue zone nere bene si fondono al buio che le nasconde riempiendole dell'inebriante profumo del tramonto, segrete insenature di cremisi velate. Il tuo passo lieve calpesta la brulla terra, affondando delicatamente tra steli di erbe fragili che contornano il tuo incedere sinuoso, gli occhi delle creature del crepuscolo calano sulla tua nudità, assaporando il tuo profumo di selvatica malizia. Arrossisce la natura al tuo passaggio, scabrosa sagoma dalle sinuose forme, incappando così in un autunno prematuro. La tua presenza sottile rende insicuro il volo della nottola, riempie di fremiti la dura corteccia, attira a se rampicanti e steli giovani come nuovo sole. Accarezzano i tuoi seni morbidi, gli arbusti, contorcendosi su di essi, sprofondando nelle tue valli e scalando I tuoi monti, mentre il tuo respiro è sempre più forte, le tue labbra socchiuse si bagnano piano ed i tuoi gemiti si mescolano all'ululato del lupo. Le tue mani sfiorano le tue zone in ombra, con oscena solennità ricoprono maestosi profili induriti dal tocco caldo, soffermandosi come esploratori in antichi antri bagnati da fiumi sotterranei. Ti lasci cadere sospirando, fondendoti con la morbida terra, spargendo la tua rugiada sulle secche foglie, cullata e sorretta da arbusti contorti tra le tue gambe socchiuse. Gemi nella notte, avvolta dal suo nero manto, come in seta preziosa, trepidante di passione la tua lingua assaggia nuovi sapori sulla corteccia umida di centenarie querce, assaporando essenze antiche che il tuo corpo fanno vibrare. Le mani tremano tra i lunghi capelli, il corpo reclinato all'indietro freme ondeggiando ritmicamente, come onda sugli scogli. Il tuo respiro si fa forte mentre l'essenza della natura ti penetra dolcemente diventando tutt'una con te. La tua lingua umida si posa delicatamente sulle tue labbra raccogliendo lacrime di piacere che nascono dai tuoi occhi, prima di farle scivolare sui rosei capezzoli ondeggianti come petali di rosa tra il vento. Ridi guardando la luna che arrossita si ripara dietro il tetro sipario di nubi nere, sognando tra respiri lievi nascosti piaceri a lei proibiti. Il tuo corpo pulsa di energia nuova, ti accarezzi scostando rovi attorcigliati alle tue forme, poi tutto è di nuovo quiete. Fremi ora che l'alba riaffiora, si riaccendono colori alla notte sconosciuti, ascolti cambiare le voci della Grande Madre. Tristemente attendi di avere ancora radici profonde, aspetti che la tua chioma dorata diventi verde e fluttuante nel respiro del vento, trepidante nell'assistere ai baci dei giovani amanti. Riparo e ombra per i tuoi figli dispersi, ansimante attendi di scuotere ancora la tua corteccia ad un nuovo tramonto di piacere.


SANGUE.ANTICO

Perdonami Madre perché mi sono perso. Tra nebbie infinite vago, ascoltando urla nel silenzio umido, la mia spada si è spezzata, i miei amici sono solo carne morta sul campo di battaglia, come secche foglie dalle rosse sfumature. Non riconosco i volti che un giorno mi sorridevano, ora ritorti in bieche smorfie che la morte ha loro impartito, maschere distorte nel nostro eterno, macabro teatro. I corvi bramano ormai le mie carni, danzano sopra di me in cerchio, I loro occhi neri mi fissano, vuoti, il loro richiamo mi strappa l'anima. La mia armatura sarà ricoperta di fluenti rampicanti, diverrà rifugio per i figli del bosco, il mio corpo, linfa vitale per la terra in primavera e la terra mi stringerà tra le sue forti braccia. Ho scordato il mio nome nella tormenta, mentre la mia lama beveva avida il sangue di nemici caduti e dalla mia bocca tuonavano grida di battaglia. I miei occhi non vedevano, le mie orecchie non sentivano, le profonde ferite nel mio corpo non mi portavano dolore, uccidere, dilaniare, mutilare, l'anima ardeva posseduta dal demone del furore. Stringimi Madre perché non vi è luce ad indicarmi la strada, solo le ombre tristi di coloro che sono caduti sotto i miei fendenti ed ora mi tendono la mano aspettando la mia anima. I volti dei miei nemici ora sono solo fievoli barlumi di ciò che erano, mi attendono, li posso vedere intorno a me, andrò con loro nei reami al di la dei sogni, tutti sotto lo stesso stendardo dove I campi non saranno mai velati di rosso! Ora il mio volto giace nel fango, non sento che freddo e silenzio e nelle mie amni stringo erba e fango. Vorrei ricordare i giorni spensierati, ma forse non li ho mai vissuti, vorrei riabbracciare i vecchi compagni, ma da troppo tempo li ho dimenticati, vorrei rivedere il volto dell'amore, ma il mio volto sarà solo nebbia nei suoi ricordi. Vorrei inseguire tutti i vecchi sogni, che ora saranno già stelle nel cielo di mezzanotte, ma ora è tardi per ogni cosa, tranne abbandonarmi alla falce argentea della morte. Ripenso nell'ora dell'eterno riposo, a quando bambino rincorrevo petali danzanti nel vento in primavera, facendo giochi nell'aria con le mani, le stesse che saranno cinte da ferro pesante, semineranno la morte e lorde di sangue nessuna fonte potrà mai purificarle. Ora, che la nera signora mi ha avvolto nel suo vellutato manto, tra rugiada rossa che tutto ricopre, ora che tutto in un istante ha avuto fine, io mi apro solo al tuo ricordo e delle molte donne che hanno scaldato il mio corpo, solo il tuo volto di madre risplende e mi dona sicurezza. Spero che la mia ultima preghiera di perdono arrivi a te, in modo che tu possa guidare i miei passi in reami che non potranno mai essere conquistati da nessun uomo e ripenso al tuo volto perché ora ho paura! Molte volte avevo pensato a come potesse essere il travaglio verso il regno delle ombre, molte volte avevo respirato l'essenza della morte, ma ora l'ultima nebbia sta calando sul mio corpo e tutto è oblio senza nessun dolore. Non so, se ora mi troverò al cospetto di un Dio o di un Demonio, che giudicherà le mie azioni, o se per sempre vagherò in limbi oscuri combattendo i miei fantasmi, ma di sicuro la strada verso la pace sarà lunga e tortuosa e solo il tuo ricordo mi donerà serenità. Troppo sangue è grondato dalle mie mani, troppa grandine ha scalfito il mio cuore, troppe lacrime hanno segnato il volto delle vedove, piangenti nella tempesta maledicendo il mio nome. Caduto come Lucifero dalla luce al buio eterno, mi cullo di antichi ricordi, che nella mia anima persa si fanno largo come artigli glaciali, profumi, sapori della mia infanzia scanditi dalla tua voce dorata che rimproverava le mie azioni. Rivedo il tuo vestito e nella nebbia scorgo il tuo sorriso preoccupato, mentre la tua mano mi saluta agitandosi nel cielo. Ripenso alle tue carezze gentili, a tutti I baci che non ti ho mai dato, a tutto quello che non ti ho mai detto ed a tutto quello che avrei voluto fare con te. Perdonami madre, adesso sono stanco, ho tanto freddo, il mio corpo è immobile, le grida di battaglia lontane, basta lottare, voglio riposare, per sempre.


SINCRONIA

Aspetto che Il tempo divenga nuovo attimo, rispettando I limiti imposti dalla materia, sospiro nell'eterno istante che logora l'infinito e sospingo il flusso che domina la clessidra. Sconfino nelle lande chimeriche del Futuro, pregusto l'immaginazione diventare Presente, nello sbattere di ciglia che lo immortala già Passato. Corpi che si attraggono in orbite ellittiche, sensi che si scontrano liberando stelle torbide, mani che aspettano di essere riempite e turbini che si contorcono in universi umidi. Sospiri nel caos che distruggono la rigidità, spirali liquide che spostano la prevedibilità. Labbra cieche si aspettano cercandosi nell'ombra, sentendosi toccare ancora prima di sfiorarsi, trovandosi in traiettorie tracciate nell'invisibile che nessuna forza può alterare. Occhi chiusi vedono sensazioni dai colori instabili, occultando I solidi che circondano l'emozione, penetrando in ciò che la forma ripudia, nell'infinito istante della collisione astrale. Lucente rugiada si perde asciugata dal sole, sospinta, da parole che il momento elimina, riempita da silenzi dagli equilibri instabili, nel rituale che annulla ogni legge fisica. Bocche unite, corpi compressi nell'unione, menti che evolvono le pratiche dell'incedere.

FABIO.CICERONI
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